CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 marzo 2022, n. 8322
Tributi – Accise – Furto dei prodotti ad opera di terzi presso il deposito fiscale – Esonero dal pagamento dell’imposta – Abbuono – Esclusione – Mancata prova di dispersione o distruzione della merce – Possibilità di commercializzazione
Fatti di causa
La società Distillerie G. D. Srl con atto di citazione del 25 settembre 2000 conveniva in giudizio il Ministero delle Finanze, contestando la legittimità dell’avviso di pagamento emesso dalla relativa Direzione compartimentale di Roma, con il quale, denegata la richiesta di abbuono ex art. 4 d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA), aveva intimato il pagamento della accisa gravante su alcool etilico neutro, per £. 1.840.535.840, a seguito di svincolo irregolare della merce, oggetto di furto tra il 27 e il 28 luglio 2000 presso il deposito fiscale della società.
La domanda era accolta dal Tribunale di Perugia che annullava l’ingiunzione opposta. La sentenza era confermata dalla Corte d’appello in epigrafe, secondo la quale l’art. 59 della legge n. 342 del 21 novembre 2000, nel modificare, con portata retroattiva, l’art. 4 TUA, aveva ampliato le ipotesi di esclusione dell’imposta anche ai casi di furto, nei quali non era esclusa la commercializzazione della merce sottratta.
Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli propongono ricorso per cassazione con due motivi, poi illustrato con memoria, cui resiste la contribuente con controricorso e memoria. Nelle more del giudizio la società presentava, ai sensi dell’art. 5 bis d.l. n. 193 del 2016, istanza di definizione agevolata, seguita dalla stipula di accordo conciliativo, con cui la società si impegnava a versare l’importo concordato in sette rate annuali.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va dato atto che l’Agenzia delle dogane, con nota depositata il 22 giugno 2021, ha comunicato che la procedura di definizione agevolata ha avuto esito negativo, con risoluzione dell’accordo conciliativo per l’omesso pagamento della rata annuale, chiedendo, quindi, la fissazione dell’udienza di discussione.
2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 4 TUA, come modificato dall’art. 59 l. n. 342 del 2000, per aver la CTR ritenuto che, in forza della novella normativa, l’imposta dovesse essere abbuonata anche in caso di furto degli alcoli in sospensione d’accisa, ancorché non ne fosse esclusa la commercializzazione e, dunque, in assenza di dispersione o distruzione della merce.
2.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su punti controversi decisivi in ordine all’esclusione degli eventi di sottrazione del prodotto dall’abbuono previsto dall’art. 4 TUA.
3. Il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo.
3.1. La decisione impugnata, infatti, si pone in contrasto con l’interpretazione dell’art. 4 TUA, nel testo ratione temporis applicabile al presente giudizio, da parte della giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato il principio secondo il quale «in materia di accise, il furto del prodotto ad opera di terzi e senza coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo di per sé non esime, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dall’art. 59 della legge 21 novembre 2000, n. 342, dal pagamento dell’imposta, che resta abbuonata solo nell’ipotesi – la cui prova deve essere fornita dall’obbligato – di dispersione o distruzione del prodotto, atteso che solo in questo caso ne resta impedita l’immissione nel consumo, laddove la sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del bene da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non ne impedisce l’ingresso nel circuito commerciale» (v. Cass. n. 27825 del 28/05/2007; Cass. n. 25990 del 20/11/2013; Cass. n. 27825 del 12/12/2013; Cass. n. 6398 del 19/03/2014, relativa, in particolare, alla medesima contribuente Distillerie D. Srl per una vicenda in tutto analoga a quella qui in giudizio; ed inoltre Cass. n. 16966 del 11/08/2016; Cass. n. 26419 del 07/11/2017; Cass. n. 4453 del 20/02/2020; da ultimo Cass. n. 30904 del 10/11/2021).
3.2. La sentenza n. 16966/2016, che più diffusamente ha esaminato il quadro normativo, nazionale ed unionale, e i principi affermati nello specifico ambito dalla Corte di Giustizia, ha poi chiarito che, anche alla luce del diritto comunitario (nel combinato disposto degli artt. 6 e 14 della dir. n. 92/12/CEE), l’abbuono dell’accisa non è mai previsto in caso di «svincolo irregolare della merce dal regime di sospensione» ma solo in caso di “ammanchi”; e non per ogni ipotesi «ma solo nel caso di ammanchi che integrino la perdita o la distruzione dei prodotti per caso fortuito o forza maggiore, ovvero che integrino la perdita inerente la natura dei prodotti».
Del resto, «i concetti di perdita e distruzione, anche in ragione della disciplina in cui si iscrivono (regolamentazione dell’imposta di consumo) vanno considerati in senso oggettivo, e cioè riferiti alla esistenza ed alla idoneità del prodotto ad assolvere alla sua funzione di destinazione al consumo, e non in senso relazionale e soggettivo, e cioè come perdita della disponibilità del bene da parte del soggetto che lo deteneva presso il deposito fiscale, poiché quest’ultima ipotesi è inidonea ad escludere la possibile immissione in consumo del bene.
Esclusivamente con la dispersione o la distruzione viene impedita l’immissione del prodotto nel consumo, che sola giustifica l’abbuono dell’imposta, laddove la sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del prodotto stesso da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non impedisce che il bene, sebbene sottratto, entri ugualmente nel circuito commerciale».
La Corte, inoltre, ha sottolineato che tali conclusioni non solo trovano conforto «anche nel più recente art. 7, comma 4, della Dir. 2008/118, ove è detto “Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti abbiano subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa.”, ed al quale si è conformata la novella formulazione dell’art.4 del TUA», ma anche nei ripetuti arresti della Corte di Giustizia. Già con la sentenza del 18 dicembre 2007, Société Pipeline Mediterranee et Rhóne SPMR, in C-314/06, la Corte aveva posto in risalto che «l’esenzione prevista all’art. 14, n. 1, prima frase, della direttiva 92/12 per le perdite dovute a casi di forza maggiore costituisce una deroga a tale regola generale che deve quindi … essere oggetto di un’interpretazione restrittiva» (punto 30) e, che, inoltre, «non può sostenersi che l’accisa non sarebbe dovuta per i prodotti perduti per il motivo che questi non sono mai stati immessi in consumo come previsto dall’art. 6, n. 1, della direttiva 92/12 come condizione di esigibilità dell’imposta. Infatti … sono sottoposti ad accisa per il solo fatto della loro produzione o della loro importazione sul territorio della Comunità e i diritti d’accisa sono, in principio, esigibili anche in caso di ammanchi e di perdite per i quali non è stata concessa un’esenzione dalle autorità competenti. Ne consegue che l’immissione in consumo non è determinante per il venire in essere del debito fiscale» (punto n. 39).
Successivamente, peraltro, la Corte di Giustizia è specificamente intervenuta ed ha chiaramente affermato – sia in materia doganale (sentenza 11 luglio 2013, Harry Wiston SARL, in C-273/12), in ordine all’ipotesi di furto di merci sottoposte al regime del deposito doganale (evenienza che fa sorgere di un’obbligazione doganale all’importazione e, quindi, il fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto), sia, in termini puntuali, in materia di accise (sentenza 28 gennaio 2016, BP Europa SE c/ Hauptzollamt Hamburg-Stadt, in C64/15) emessa in tema di riscossione dell’accisa in assenza di prova della distruzione o della perdita dei prodotti con riferimento alla nuova Direttiva 2008/118 – che il presupposto per l’esenzione dal pagamento dell’imposta e del venir meno dell’obbligazione tributaria è (e rimane), in ogni caso, la sottrazione della merce dal circuito commerciale. Con quest’ultima decisione (punti 43-47), in particolare, come pure evidenziato con la citata sentenza n. 16996/2016, la CGUE (par. 43/47) ha affermato che il combinato disposto degli articoli 7, paragrafo 2, lett. a) – che, ai fini dell’esigibilità dell’accisa, qualifica come “immissione al consumo” anche lo svincolo irregolare dei prodotti – e 10, paragrafo 2, – che, disciplina le irregolarità nella circolazione del prodotto che hanno dato luogo ad immissione al consumo – della direttiva 2008/118 «deve essere interpretato nel senso che le situazioni da esso disciplinate escludono quella contemplata all’articolo 7, paragrafo 4, di tale direttiva» – che esclude l’immissione al consumo solo ove sia stata provata in modo soddisfacente la distruzione o la perdita del prodotto dovuta a caso fortuito o forza maggiore.
Ne deriva che l’esigibilità dell’accisa non è esclusa in caso di immissione al consumo irregolare – che, anzi, integra una modalità propria per il soddisfacimento della condizione di esigibilità (v. da ultimo Corte di Giustizia, sentenza 24 febbraio 2021, Silcompa, in C95/19, punti 47 e 49) – mentre l’immissione al consumo è esclusa solo in caso di distruzione o perdita del prodotto per caso fortuito o forza maggiore, da provare in modo soddisfacente.
3.3. La richiamata decisione di questa Corte n. 16966/2016 in tale occasione ha pure dato conto che le sentenze n. 24912 e 24913 del 2013, rese all’udienza del 19 marzo 2013 e che avevano assunto una diversa posizione, erano antecedenti agli interventi della Corte di Giustizia del 2013 e del 2016, sicché non era prospettabile altra e diversa soluzione da quella discendente dai richiamati principi.
4. Quanto alla circostanza, infine, che una parte del prodotto, in misura “impossibile da determinare” (ricorso pag. 2; controricorso pag. 44 e 45), era andato disperso nel terreno in occasione del furto va pure escluso che sussistano i presupposti per il riconoscimento dell’abbuono.
Va sottolineato, infatti, che l’evento non si pone – alla luce delle stesse risultanze del controricorso, che ha posto in risalto la carenza di diligenza nel servizio di vigilanza incaricato dalla contribuente, da cui il furto e, poi, la successiva dispersione – al di fuori del controllo del depositario, né, dunque, del suo diretto ambito di responsabilità.
5. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
L’evoluzione della giurisprudenza sulla questione, caratterizzata da ripetuti interventi della Corte di Giustizia, giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
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