CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 giugno 2020, n. 11827
Tributi – Cartella di pagamento – Vizio di notifica – Irreperibilità relativa del destinatario – Mancato invio raccomandata informativa – Nullità della notifica
Fatti di causa
Equitalia Sud s.p.a., già Equitalia Lecce s.p.a., propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1895/22/15, depositata il 14/9/2015, che ha accolto l’appello di G.A.L. e riformato la decisione di primo grado con la quale era stata dichiarata la legittimità della impugnata intimazione di pagamento, emessa dall’Agente della riscossione in forza di prodromica cartella di pagamento, in quanto quest’ultima era stata ritualmente notificata.
Il Giudice di appello rilevava la fondatezza del gravame del contribuente ricorrendo il prospettato vizio di notifica della predetta cartella di pagamento, la cui notifica era stata eseguita “in data 19/6/2001 presso un indirizzo (errato) diverso da quello risultante dai registri anagrafici – Via L. 140, anziché Via L. 42 C. di Lecce, (vds certificato di residenza storico del Comune di C.) ove, in assenza del destinatario, il messo notificatore ha proceduto al deposito dell’atto presso la casa comunale, ritenendo (erroneamente) in tal modo completato il procedimento notificatorio.”, e trattandosi, invece, di una ipotesi di irreperibilità relativa – e non assoluta – del contribuente “la notifica andava effettuata, a pena di invalidità, secondo il rito previsto dall’art. 140 cod.proc.civ., ovvero, nel rispetto delle tre prescritte formalità: – deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notifica deve eseguirsi – affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario – notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento.”
Resiste il contribuente con controricorso; il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione dell’art. 39 c.p.c. e del principio del ne bis in idem, essendo stata la questione concernente la ritualità notifica della cartella di pagamento n. 059200200110151416308000 già decisa dalla CTP di Lecce, in altro giudizio, con sentenza confermata in appello dalla CTR della Puglia, con sentenza n. 121/22/13, trattandosi di medesima causa.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 140, 143 c.p.c., 60, comma 1, lett. e), d.p.r. n. 600 del 1973, giacché la CTR non ha considerato che la ritualità della notificazione della cartella di pagamento discende dal fatto che il messo notificatore, come si ricava dalla semplice lettura della relata di notificazione versata in atti (riprodotta per autosufficienza a pag. 16 e 17 del ricorso), redatta in data 19/7/2001, aveva constatato che il contribuente non abitava né domiciliava alla Via L. n. 42, in C. di Lecce (ovvero presso la casa dei genitori), ove il L. aveva mantenuto la propria residenza anagrafica, che non si era recato “in Via L. 140”, come erroneamente riportato nella impugnata sentenza di appello (erronea sarebbe anche la data del 19/6/2001 riportata in sentenza), e dunque trattandosi di residenza “fittizia”, che del tutto rituale era il successivo deposito del plico presso la Casa Comunale, secondo il rito degli irreperibili.
Il primo motivo di ricorso, improntato alla violazione dell’art. 39 c.p.c., è infondato.
La litispendenza presuppone la identità sia dei soggetti che dell’oggetto delle due cause contemporaneamente pendenti, ciò che nella specie di causa non si è realizzato, atteso che nel processo promosso avanti alla CTP di Lecce, conclusosi con la sentenza n. 121/22/13 della CTR della Puglia, aveva ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento (iscrizione di ipoteca) del tutto diverso ed autonomo rispetto a quello (intimazione di pagamento) impugnato avanti alla medesima CTP di Lecce e conclusosi con la sentenza n. 1899/22/15 della CTR della Puglia (Cass. n. 29631/2019 e 11046/2012).
Il secondo motivo è improntato alla violazione delle disposizioni disciplinanti la notifica della prodromica cartella di pagamento e si incentra sul dedotto errore contenuto nella sentenza del Giudice di appello, che avrebbe deciso sulla base di “un falso presupposto di fatto, facendo ritenere un fatto documentalmente escluso come un fatto documentalmente provato.”.
L’errore di cui trattasi, però, si risolve non in una falsa percezione della realtà, ipotesi altrimenti prevista dall’art. 395 c.p.c. come motivo di revocazione, ma piuttosto in un difettoso esame, da parte del giudice di merito, di specifici elementi probatori idonei a fornire la rappresentazione di un fatto decisivo e controverso, oggetto appunto di accertamento giudiziale.
Ad ogni modo, anche detta doglianza è infondata poiché, secondo l’interpretazione costante di questa Corte di legittimità ( Cass. n. 6911/2017; n. 24260/2014; n. 16696/2013; n. 14030/2011; n. 3426/2010; n. 15856/2009; n.7067/2008 ) con riguardo alla notificazione degli atti di accertamento, il combinato disposto dell’art. 137 e 140 c.p.c. e dell’ art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, se il destinatario dell’atto di accertamento è temporaneamente assente dal suo domicilio fiscale e se non è possibile consegnare l’atto per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla ricezione, cioè nel caso di irreperibilità c.d. “relativa”, la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall’art. 140 c.p.c., richiamato dall’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973.
In tal caso debbono essere effettuati il deposito di copia dell’atto nella casa del Comune in cui la notificazione deve eseguirsi, l’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione e dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e la comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto di accertamento; la notifica si ha, poi, per perfezionata al ricevimento della lettera raccomandata informativa o, comunque, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione di tale raccomandata (Cass. n. 11057/2018).
E’ stato, inoltre, affermato che anche ove la notifica sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., prima della sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010, ai fini della regolarità della stessa è comunque necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a compimento delle formalità previste dalla indicata disposizione, stante l’efficacia retroattiva delle pronunce additive della Corte Costituzionale (Cass. n. 10519/2019).
Le modalità di notificazione dell’atto di accertamento previste dall’art. 60 comma 1, lett. e), dpr 600/90 sono invece applicabili nella – diversa – ipotesi di “irreperibilità assoluta” del destinatario e per il relativo perfezionamento occorrono il deposito di copia dell’atto di accertamento, da parte del notificatore, nella casa comunale, l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo del medesimo comune, il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione nell’albo comunale.
In caso di irreperibilità assoluta del destinatario è impossibile l’invio della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito nella casa comunale sicché, in tal caso, tale ulteriore adempimento, prescritto per il caso di irreperibilità relativa, non è richiesto e la notifica si perfeziona nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione nell’albo comunale. Dunque la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi, nella circostanza, non è stato ivi rinvenuto, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché sconosciuto all’indirizzo Indicato.
A tale accertamento il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che questi non abbia mutato indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Invero è stato affermato che la disciplina della notificazione dell’accertamento regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, non ricalca quella del codice di procedura civile, essendo ispirata ad un rapporto di soggezione del contribuente al potere impositivo dell’amministrazione finanziarla; ciò implica che in caso di Impossibilità di notificazione presso il domicilio fiscale, l’ufficio è tenuto ad effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune, ma non è tenuto all’espletamento di nuove ulteriori ricerche (Cass. n. 25272/2014; n. 17064/2006; n. 906/2002; n. 8071/1995).
Da tali considerazioni discende che è illegittima la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi effettuata ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non fosse un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune, dovendosi procedere secondo le modalità di cui all’art. 140 c. p. c. quando non risulti un’irreperibilità assoluta del notificato all’indirizzo conosciuto ( cfr. Cass. n. 24260/2014 ).
In altri termini, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto.
Nel caso di specie, la relata redatta dal messo il 19 luglio 2001 attesta che la notifica è stata eseguita con il rito degli irreperibili (risulta barrata la relativa casella) al civico n. 42 , con deposito casa comunale, e null’altro.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 19958/2018, n. 20425/2007 e n 19958/2018) ha costantemente affermato, in tema di notifica degli atti impositivi, che la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, presuppone non solo che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto, ma anche che dalla relata si evinca con chiarezza l’effettivo compimento delle relative ricerche.
L’operato del messo notificatore, pertanto, non risulta improntato al pieno rispetto delle regole innanzi esposte atteso che, secondo quanto acciarato dalla CTR sulla scorta della documentazione in atti, il superamento della presunzione derivante dai dati anagrafici non può sic et simpliciter ritenersi superata dalla – mera – assenza del destinatario dell’atto, ancorché attestata sulla base di ripetuti accessi effettuati in occasione dei precedenti tentativi di notifica (la CTP aveva stigmatizzato la condotta del contribuente in quanto “tendente a sottrarsi al pagamento dei debiti d’imposta”), assenza non altrimenti qualificabile in difetto di ulteriori informazioni acquisite all’atto della notifica, da cui risulti il trasferimento in luogo sconosciuto, sulla scorta della previa acquisizione di notizie e/o del previo espletamento di ricerche.
Va, infatti, ribadito il principio per cui “nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame” (Cass. 20425/2007).
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al contribuente le spese processuali che liquida in euro 1.9000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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