CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 aprile 2019, n. 11053
Processo verbale di constatazione nei confronti della società – Illecita somministrazione e/o utilizzo di manodopera – Illecito favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di lavoratori – Violazione degli obblighi del sostituto d’imposta
Fatti di causa
A seguito di verifica condotta dalla Guardia di Finanza fu emesso processo verbale di constatazione nei confronti della società P.F. S.r.l. unipersonale, esercente attività di “fabbricazione di oggetti in ferro e rame”, con il quale i verbalizzanti, con riferimento a taluni contratti qualificati come d’appalto di subfornitura tra le parti, intercorsi tra la predetta società ed alcune società di diritto sloveno e croato per gli anni compresi tra il 2002 ed 2005, ritennero sussistere elementi tali da ipotizzare l’illecita somministrazione e/o utilizzo di manodopera, resa in violazione dell’art. 1 della I. 23 ottobre 1960, n. 1369 e dell’art. 29, comma 1, del d. Igs. n. 276/2003 e l’illecito favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di lavoratori, operazioni poste in essere attraverso l’attività d’intermediazione svolta dal sig. L. D.G., operante alla stregua di vera e propria agenzia di collocamento seppur priva della necessaria autorizzazione.
L’esito della relativa verifica fu posto dall’Amministrazione finanziaria a base di quattro avvisi di accertamento notificati alla P.F. S.r.l. a quel tempo in liquidazione, il primo dei quali avente ad oggetto la contestata violazione degli obblighi propri del sostituto d’imposta, mod. 770, per l’anno 2002; il secondo, il terzo ed il quarto, rispettivamente per il 2003, il 2004 ed il 2005 relativi, oltre all’analoga violazione degli obblighi del sostituto d’imposta, alle riprese a tassazione per imposte dirette ed IVA.
Avverso detti avvisi di accertamento la P.F. S.r.l. unipersonale in liquidazione propose separati ricorsi dinanzi alla CTP di Udine che, riuniti i ricorsi medesimi, li respinse, sul presupposto, con riferimento a tutte le annualità oggetto di lite, che «Appurata l’esistenza di un mero appalto di mano d’opera tra la società ricorrente e le ditte appaltatrici, l’ultimo comma dell’art. 1, della legge 1369/1960 prevede la dipendenza, a tutti gli effetti, dei prestatori di lavoro nei confronti della società appaltante».
Avverso la sentenza di primo grado la società propose ricorso in appello nei confronti dell’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, che – dando atto che nelle more l’Ufficio aveva annullato parzialmente in autotutela l’avviso emesso per il 2005 nella parte relativa ai rilievi IRES, IRAP ed IVA (per incompetenza territoriale dell’Ufficio avendo nel frattempo la società trasferito altrove la propria sede) facendo salvi i soli rilievi inerenti alla violazione degli obblighi del sostituto d’imposta, ricalcolando la pretesa fiscale e rideterminando altresì in diminuzione rispetto agli importi di cui agli accertamenti la maggiore imposta IRPEG ed IRES dovuta rispettivamente per il 2003 ed il 2004- rigettò nel resto l’appello, facendo sostanzialmente propria la motivazione resa dal giudice di prime cure.
Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 29 e dell’art. 85, lett. c) del d. Igs. n. 276/2003, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto operante la l. n. 1369/1960 per periodi successivi alla sua abrogazione, con riferimento a periodi per i quali non esistevano meccanismi d’imputazione del rapporto di lavoro alla società committente/utilizzatrice della mano d’opera o, comunque, se esistenti, non operanti, per non essere mai stati attivati da ciascun lavoratore interessato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 23 del d.P.R. n. 600/1973, deducendo l’inapplicabilità alla fattispecie in esame della succitata disposizione, che obbliga l’imprenditore che corrisponde una retribuzione ai lavoratori sostituiti d’imposta, ad operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa, essendo pacifico che la P.F., per gli anni oggetto di controversia, non ha erogato alcuna retribuzione ai lavoratori dipendenti dalle imprese slovene e croate.
La ricorrente contesta in ogni caso che la pretesa impositiva, di là dall’insussistenza del suo presupposto nell’an, si basi su criteri medi, astratti, presunti sulla base del riferimento al CCNL, rimasto praticamente ignoto.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 17 e 19 del d.P.R. n. 633/1972, ribadendo il proprio diritto alla detrazione dell’IVA quanto al costo delle prestazioni di lavoro, stante l’effettività delle prestazioni e contestando l’irrogazione delle sanzioni conseguentemente applicate.
4. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nella sua formulazione applicabile ratione temporis), quanto all’omesso esame delle dichiarazioni rese da taluni lavoratori, K.M., D.M., P.J., S.Z., J.D., che avevano confermato, nelle dichiarazioni rese ai verbalizzanti, di ricevere ordini e direttive dal sig. A.M., che esercitava altresì il potere disciplinare nella sua qualità di responsabile dei dipendenti della società K.I., nella disponibilità della quale rientravano taluni macchinari (saldatrice, smeriglio) utilizzati nello svolgimento dell’attività lavorativa.
5. Va esaminato in ordine logico prioritariamente il quarto motivo, col quale la società ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto vertersi nei contratti esaminati per il periodo oggetto di controversia non in tema di appalto di servizi, ma di somministrazione irregolare di manodopera.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 7 aprile 2014, n. 8053), hanno chiarito che, ai fini della configurabilità del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quale riformulato dall’art. 54 del d. l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134/2012, l’omesso esame deve riferirsi a fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, tale cioè, ove esaminato, da determinare un esito diverso della controversia.
5.2. Così come articolata, la censura, nel riferirsi all’omesso esame di alcune dichiarazioni di terzi (le sole informazioni assunte da lavoratori idonee a giustificare l’assunto della società ricorrente), rispetto a quelle valorizzate in senso opposto dalla decisione assunta dal giudice tributario di merito tanto nel primo grado di giudizio quanto in quello di appello, non solo non si riferisce all’omesso esame di “fatto” così come delineato dalla citata pronuncia, ma, senza chiarire neppure il carattere di decisività della denunciata omissione quanto alla diversa decisione che altrimenti sarebbe scaturita, mira ad un riesame da parte di questa Corte nel merito, ciò che è precluso in questa sede (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 21 gennaio 2015, n. 961, in motivazione).
Resta pertanto definitivamente confermato l’accertamento in fatto della CTR che ha ravvisato nella fattispecie in esame appalto illecito di manodopera, ovvero di somministrazione irregolare di manodopera.
6. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito precisati e può essere esaminato congiuntamente al secondo, la pronuncia sul quale è consequenziale all’ambito di accoglimento del primo.
6.1. Effettivamente la sentenza impugnata, reiterando in proposito l’error iuris nel quale era già incorsa la sentenza di primo grado, ha fatto applicazione dell’art. 1 della l. n. 1369/1960, segnatamente dell’ultimo comma della citata norma, laddove prevedeva che «I prestatori di lavoro, occupati in violazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni», anche per i periodi d’imposta successivi alla sua abrogazione, al pari dell’intera legge, ad opera dell’art. 85, lett. c), del d. Igs. n. 276/2003.
L’intera legge l. n. 1369/1960, ivi compresa, quindi, la disposizione del citato art. 1, è stata abrogata dall’art. 85, lett. c) del d. Igs. n. 276/2003, entrato in vigore il 24 ottobre 2003.
A ciò consegue che, con riferimento alla contestata violazione degli obblighi gravanti sul sostituto d’imposta, l’assunto della CTR è corretto esclusivamente con riferimento all’anno 2002, per il quale, riguardo al momento relativo alla presentazione del MOD. 770, era ancora in vigore la succitata legge n. 1369/1960.
6.1.1. Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 26 ottobre 2006, n. 22910), nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono – prima dell’intervenuta abrogazione ad opera dell’art. 85, comma 1, lett. c) del citato d. Igs. n. 276/2003 – i primi tre commi dell’art. 1 della l. n. 1369/1960, la nullità del contratto tra committente ed appaltatore (o intermediario) e la previsione dell’ultimo comma dello stesso articolo – secondo cui i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia effettivamente utilizzato le prestazioni – comportano che solo sull’appaltante (o interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, ivi compresi quelli di natura previdenziale e fiscale; essendosi quindi precisato, da parte della sezione tributaria della Corte (cfr. Cass. sez. 5, 31 maggio 2013, n. 13748; Cass. sez. 5, 15 febbraio 2013, n. 3795), che a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono gli obblighi del sostituto d’imposta, di cui all’art. 23 del d.P.R. n. 600/1973 per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni, riferite a quelle tabellari previste dal CCNL italiano in vigore per il suddetto anno d’imposta per il settore relativo alle prestazioni effettuate dai lavoratori stranieri.
6.2. Per gli anni successivi il secondo motivo è invece fondato.
L’abrogazione della succitata disposizione dell’art. 1 della l. n. 1369/1960 non consente la stessa conclusione sopra esposta in punto di automatica imputazione in capo all’appaltante o interponente del rapporto di lavoro della manodopera illecitamente procurata, essendo, nel sistema delineato dal d.lgs. n. 276/2003 (cfr., in particolare, art. 27 comma 1, del citato decreto nel testo applicabile, ratione temporis, ai successivi anni d’imposta) previsto che, quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 20 e 21, comma 1, lett. a), b), c) ed e), la costituzione del rapporto alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione debba essere oggetto di domanda giudiziale, con ricorso ex art. 414 cod. proc. civ., del lavoratore che abbia interesse ad ottenere detta pronuncia.
6.3. In mancanza, dunque, della costituzione nelle forme sopra indicate del rapporto di lavoro in capo al soggetto che ha utilizzato la manodopera somministrata irregolarmente secondo le succitate disposizioni di legge, la ricorrente, per gli altri anni in contestazione successivi al 2002, non potrà dirsi soggetta agli obblighi del sostituto d’imposta secondo quanto previsto dall’art. 23 del d.P.R. n. 600/1973 (cfr., più di recente, Cass. sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31270), per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni, non erogate da P.F. ai lavoratori, le cui prestazioni sono state acquisite tramite le società di diritto sloveno e croato.
7. Il terzo motivo è invece in primo luogo inammissibile, non avendo la ricorrente censurato la concorrente ratio decidendi che sorregge la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto innanzitutto inammissibile perché nuova l’eccezione della contribuente concernente la spettanza del diritto alla detrazione dell’IVA sulle operazioni descritte nelle fatture emesse dalla società slovene e croate, in quanto non proposta nei ricorsi introduttivi ma unicamente in grado d’appello, ciò comportando su detta statuizione la formazione del giudicato interno (cfr., tra le molte, Cass. SU 29 marzo 2013, n. 7931; tra le successive conformi cfr. Cass. sez. lav. 4 marzo 2016, n. 4293).
7.1. In ogni caso il motivo è anche infondato, avendo questa Corte precisato (cfr. la già citata Cass. n. 31270/18; si vedano anche Cass. sez. 5, sez. 6-5, ord. 12 novembre 2018, n. 28953; Cass. sez. 5, ord. 5 ottobre 2018, n. 24457), che «In tema di divieto d’intermediazione di manodopera, in caso di somministrazione irregolare, schermata da un contratto d’appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini IVA, senza che possa assumere rilevanza, a riguardo, l’azione giudiziale del lavoratore per la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore effettivo, in quanto la conversione del rapporto, di per sé, implica la nullità dei contratti che ne sono oggetto», dovendosi peraltro rilevare come nella fattispecie in esame non risulti detta circostanza neppure oggetto di allegazione da parte della ricorrente.
7.2. Detta conclusione è coerente con i principi espressi in materia dalla Corte di Giustizia dell’unione europea (cfr. Corte giust. 11 dicembre 2014, in causa C-590/13, Idexx; Corte giust. 8 maggio 2008, in cause riunite C-95/07 e C/96-07, Ecotrade), laddove si chiarisce che la neutralità dell’imposizione sul valore aggiunto prevale in caso di violazioni formali, dovendosi escludere i casi di frode e malafede.
8. Il ricorso va pertanto accolto nei termini sopra indicati e la sentenza impugnata cassata nei limiti in cui sono stati accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione che, nell’attenersi ai principi di diritto innanzi richiamati, provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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