CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 dicembre 2019, n. 34246

Tributi – Accertamento catastale – Variazione classamento – Immobili a destinazione speciale (Cat. D/8) – Procedura Docfa – Attribuzione rendita catastale

Fatti di causa

D. C. ha impugnato per cassazione la sentenza n. 1288/2016, depositata in data 12.2.2016, con la quale la CTR della Campania aveva respinto il suo appello proposto contro la decisione della CTP di Napoli pure, a sua volta, reiettiva del ricorso avverso l’avviso di accertamento notificato in data 17 8.2012 con il quale l’Ufficio finanziario aveva proceduto alla variazione di classamento proposto con procedura DOCFA relativamente ad una unità immobiliare censita catastalmente al comune di Anacapri e adibita a stoccaggio di materiale e attrezzature edili.

Precisava, in particolare, che l’elaborato DOCFA aveva proposto per tale unità immobiliare, la categoria D/8 con r.c. € 402,00 e che l’Ufficio con l’impugnato accertamento aveva rettificato la rendita catastale in € 9.504.00 confermando la categoria D/8.

Il ricorso è affidato a cinque motivi

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Ragioni della decisione

Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.., l’illegittimità della sentenza della CTR per violazione della normativa (art. 30 DPR 1.12.1949, n. 1142 e art. 34 DPR 22.12.1986, n. 917) che prevede per la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale (Cat. D/8) la stima diretta conseguente a effettivo sopralluogo che può essere evitato solo con l’indicazione delle unità immobiliari di comparazione. Tale procedura era stata del tutto omessa.

Il motivo è infondato e va respinto.

La Corte, in svariate occasioni (da ultimo, cfr. sentenza n. 6633 del 2019) ha avuto modo di ribadire come il complesso delle normativa, con riferimento ai fabbricati, quale quello in esame, a destinazione speciale, deponga per la necessità di “stima diretta”, senza tuttavia che ciò debba necessariamente presupporre l’esecuzione del “sopralluogo”, il quale non costituisce un diritto del contribuente e nemmeno una condizione di legittimità dell’avviso attributivo della rendita, quanto soltanto un ulteriore strumento conoscitivo di verifica e accertamento di cui l’Ufficio può valersi per operare la valutazione. Di conseguenza, la mancanza di esso non preclude, di per sé, la valutazione mediante “stima diretta” allorquando l’Ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo. Elementi valutativi che, intanto possono integrare ‘‘stima diretta ’, in quanto appunto permettano di individuare le caratterisiche di ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento, così da dare conto della peculiarità del caso di specie quale criterio alternativo all’applicazione standardizzata di rendite presunte con metodo tariffario o statistico. L’indirizzo di legittimità, quindi, è nel senso della necessità di stima diretta per l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale, non nel senso che stima diretta debba presupporre indefettibilmente l’accesso in loco per la disamina, potendo le caratteristiche del bene essere, allo scopo, desunte anche dalle risultanze documentali a disposizione dell’Ufficio, senza necessità del sopralluogo (Cass 3103/2015). Nella fattispecie in esame, la relazione di stima allegata dalla ricorrente conteneva tutti gli elementi fattuali necessari per la determinazione della rendita. La divergenza nella misura della rendita operata dall’Ufficio è, pertanto, da ascrivere ad una diversa valutazione degli elementi di fatto.

Le censure di cui al secondo motivo di gravame attengono ad una ritenuta violazione e/o falsa applicazione della normativa sull’obbligo di motivazione. Con il terzo motivo, inoltre, viene lamentato l’omesso esame, in relazione al n. 5 dell’art. 360, V comma, c.p.c., da parte della CTR della documentazione (perizia e foto) allegata alla proposta DOCFA.

I due motivi possono essere trattati congiuntamente tante la stretta connessione delle ragioni giuridiche.

La sentenza impugnata, secondo la ricorrente, omette qualsiasi motivazione sulle contestazioni rivolte dal contribuente all’accertamento illegittimamente preteso dall’Ufficio e nulla considera né sul fatto che lo stesso Ufficio ha pacificamente ammesso che non c’è stato il sopralluogo né si contenuto della perizia allegata dalla contribuente.

Si è appena detto della non necessità del sopralluogo. Quanto, in particolare alla motivazione, una volta precisato che la variazione di valore ha riguardato esclusivamente la rendita e non la categoria determinata sulla scorta degli (elementi fattuali desunti dalla documentazione prodotta, deve affermarsi come, secondo il costante orientamento della Corte, in materia in materia di classamento degli immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga nell’ambito di una procedura DOCFA, l’obbligo della motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni., cosa che è avvenuta nella fattispecie in esame. Diverso è, invece, il caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto: in tale caso la motivazione deve essere più approfondita e deve specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio di difesa del contribuente, sia anche per delimitare l’oggetto dell’eventuale futuro contenzioso.

Quanto poi alla ulteriore censura di cui al terzo motivo, riguardante l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti riguardante la mancata specificazione delle ragioni per cui, tra l’altro (oltre al sopralluogo e agli elementi di fatto per la comparazione, di cui già si è trattato) non è stata presa in considerazione la perizia allegata dalla contribuente, basta considerare come il fatto che la CTR ne abbia fatto menzione in sentenza fa propendere per un rigetto implicito allorquando ha statuito per la reiezione dell’appello della contribuente .. che, anche attraverso una lettura dettagliata della perizia, non dimostra la bontà delle proprie ragioni…”

Entrambi i motivi sono, pertanto, da considerare infondati.

Con il quarto motivo è stato eccepita la violazione dei “contraddittorio preventivo”.

Il motivo, formulato in maniera del tutto astratta senza alcun riferimento al pregiudizio subito dalla contribuente, è infondato in quanto non esiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio ciò in quanto la procedura DOCFA è procedura partecipata e basati su elementi conosciuti e conoscibili (Cass. sent 16824/2006; 17971/2018).

Analogamente infondato è, infine, il quinto motivo di gravame riguardante la tardività della notifica del provvedimento in quanto notificato oltre il termine di dodici mesi di cui al D.M. n. 701/1994.

Si osserva come detto termine, secondo costante giurisprudenza della Corte, non è stabilito a pena di decadenza. Ciò non solo per la mancanza di previsione della specifica sanzione, ma anche perché ciò sarebbe in contrasto con la funzione che la legge attribuisce all’accertamento della rendita. Il principio espresso dalla Corte, infatti, è nel senso che in tema di catasto dei fabbricati l’introduzione della procedura DOCFA consente al dichiarante di proporre la rendita degli immobili. Tale procedura ha lo scopo di rendere più rapida la formazione dei catasto o il suo aggiornamento attribuendo alle dichiarazioni presentate la funzione di “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provveda alla determinazione della rendita definitiva, sicché il termine di un anno assegnato all’Ufficio non ha natura perentoria con conseguente decadenza dell’amministrazione dal potere di rettifica – costituente una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e aggiornamento del catasto – ma meramente ordinatoria. Pertanto, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti a valere come “rendita proposta” fino a quando l’Ufficio non provvederà alla determinazione della rendita definitiva (Cass. n. 16824/2006; n. 7392/2011; 7380/2011; n. 2617/2015).

La reiezione del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 2.600,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dei comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.