CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 aprile 2022, n. 12744
Pretesa Inps – Annullamento della transazione – Pretesa temeraria – Domanda
Fatti di causa
1. La Corte di appello di L’Aquila ha respinto il gravame proposto dalla società P. S.r.L. in liquidazione avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda di annullamento della transazione, intercorsa tra la medesima società, la K. S.r.L., la F. Soc.coop. a r.I., da una parte, e l’Inps, dall’altra, il 24 giugno 2008, per temerarietà della pretesa, ai sensi dell’articolo 1971 cod civ.
2. A fondamento del decisum, la Corte di Appello ha osservato come difettassero i presupposti di applicazione dell’azione di annullamento ex art.1971 cod.civ.
3. In particolare, per la Corte territoriale, non sussisteva il requisito obiettivo e cioè la totale infondatezza della pretesa dell’INPS. A tale riguardo, i giudici osservavano come la stessa prospettazione difensiva rendesse evidente la carenza di detto presupposto, poiché la società imputava all’INPS di non aver considerato che «una parte» dei contributi (e non tutti, dunque) erano stati versati dalla società interposta F. Soc.coop. a r.l.
La Corte di appello rilevava come fosse ancora controversa, tra le parti, la determinazione del dovuto e tanto implicava la sussistenza di una res dubia, presupposto dell’intercorso accordo.
4. In ogni caso, la Corte distrettuale escludeva anche l’elemento soggettivo. In proposito, osservava come la giustificazione dell’INPS – che in ordine alla mancata considerazione dei versamenti effettuati dalla società F. Soc.coop. a r.l. evidenziava la necessità di scongiurare possibili richieste di restituzione di indebiti da parte di quest’ultima poteva ritenersi opinabile ma non era tale da integrare la mala fede.
5. Avverso la decisione, ha proposto ricorso la società P. S.r.L. in liquidazione sulla base di un motivo, cui ha resistito l’INPS, con controricorso.
6. Parte ricorrente ha depositato memoria, unitamente alla pronuncia di questa Corte nr.11703 del 2020
Ragioni della decisione
7. Con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art 360 n.3 cod.proc. civ.- è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1971 cod. civ.
8. Parte ricorrente sottopone alla Corte la rimeditazione dell’orientamento in base al quale, ai fini dell’esercizio dell’azione di annullamento di cui all’articolo 1971 cod. civ., è necessaria la sussistenza di una pretesa totalmente infondata.
9. Assume, poi, quanto all’elemento soggettivo, che, nella fattispecie, la malafede risulterebbe in re ipsa poiché l’Inps avrebbe avanzato la propria pretesa in contrasto con la giurisprudenza della Suprema Corte in tema di efficacia solutoria dei versamenti contributivi effettuati dall’interposto.
10. La ricorrente spiega che l’accordo transattivo era stato indotto dalla necessità di ottenere la cancellazione dell’ipoteca iscritta dall’INPS per la somma di Euro 4.637.581,98 su tutti i beni della società a seguito di plurime cartelle esattoriali emesse sul presupposto dell’invalidità dei contratti di outsourcing intervenuti con le altre società.
11. La società assume che se l’Inps avesse, fin dal momento della richiesta di pagamento dei contributi, «scomputato» quelli versati dalla società interposta (F. Soc.coop. a r.I.), sia pure per rapporti di lavoro che si assumevano svolti alle dipendenze della P. S.r.L. in liquidazione, la pretesa sarebbe stata inferiore ed anche l’ipoteca sarebbe stata iscritta per somme minori.
12. Le censure non hanno pregio.
13. E’ certo che l’annullamento della transazione per pretesa temeraria, ai sensi dell’art. 1971 cod. civ., presuppone la presenza di due elementi, uno obiettivo e uno soggettivo, ossia che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l’annullamento sia totalmente infondata e che la parte versi in mala fede, ovvero che, pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa, l’abbia dolosamente sostenuta (giurisprudenza risalente: v. Cass. nr. 5139 del 2003; più di recente, Cass., sez.lav., nr. 19023 del 2015 seguita, tra le tante, da Cass. nr.14294 del 2017 e da Cass. nr.9206 del 2020, v. in motiv.) e ciò in aderenza alla necessità che il rapporto dal quale scaturisce la transazione sia una res dubia, nel senso che vi sia incertezza sui rispettivi diritti delle parti; nella specie, per avere le partì assunto differenti posizioni in ordine all’entità dei contributi dovuti.
14. Le argomentazioni del ricorrente, in ordine allo squilibrio nei rapporti di forza tra le parti in causa, non indeboliscono la ratio che sottende l’espresso orientamento e risultano, rispetto ad essa, dettate unicamente da considerazioni di carattere soggettivo, come tali irrilevanti.
15. Vale la pena di aggiungere che, ai fini della validità della transazione conclusa nel 2008, alcun rilievo può assumere il successivo accertamento giudiziale di insussistenza di un fenomeno di intermediazione di manodopera vietata tra le società contraenti mentre sicuramente, all’epoca dell’accordo, era ancora dibattuta, in diritto, la questione dell’efficacia satisfattiva dei versamenti contributivi effettuati dal datore di lavoro cd. «apparente», tanto che Cass. nr. 20143 del 2010, in difformità con altre pronunce, escludeva di poter collegare l’effetto estintivo del debito contributivo al pagamento dello stesso da parte dell’intermediario.
16. Osserva, in ogni caso, la Corte come, nella fattispecie di causa, non sia censurabile l’ulteriore accertamento con cui la Corte di appello ha escluso, altresì, il requisito soggettivo della mala fede dell’INPS, ex se, ostativo all’annullamento.
17. L’accertamento in tal senso reso dalla Corte di appello configura, infatti, un tipico giudizio di merito, non sindacabile in questa sede, per cd. «doppia conforme». Ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., allorquando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado, il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1-2-3 e 4 del primo comma dell’articolo 360 cod. proc. civ. La disposizione è applicabile ratione temporis ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dall’il settembre 2012 (articolo 54 co.2 DL 83 del 2012); l’appello, nel presente giudizio, risulta depositato nel 2015.
18. Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato.
19. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, come da dispositivo, in favore dell’INPS. Nulla deve provvedersi in relazione ad Equitalia Centro S.p.A., parte rimasta intimata.
20. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 15.000,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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