CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 marzo 2018, n. 7271
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – PVC – Notificazione – Termini
Fatti di causa
In esito a processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate contestò, ai fini irpeg, iva e irap, l’omessa registrazione di ricavi per vendita di autovetture, l’indeducibilità di costi di carburante, la duplicazione di costi per ricambi e manodopera, l’omessa registrazione di ricavi per manodopera e l’indebita detrazione d’imposta sul valore aggiunto per operazioni inesistenti.
La società impugnò il relativo avviso di accertamento, ottenendone il parziale annullamento dalla Commissione tributaria provinciale, che annullò la pretesa impositiva limitatamente alla deduzione dei costi per carburanti, alla duplicazione dei costi per manodopera e materiale ed all’omessa registrazione di ricavi derivanti da vendita di pezzi di ricambio.
Quella regionale, adita, con appelli principale ed incidentale da entrambe le parti, ha annullato la ripresa concernente l’indebita detrazione di iva; ha, invece, dichiarato legittime quelle inerenti ai ricavi per vendite di autovetture e di manodopera. Ha fatto leva, quanto alla detrazione dell’iva, sulla buona fede della contribuente e, per quel che concerne la deduzione dei costi per carburante, sull’indicazione nel prospetto della targa di prova nonché sulla congruità del rapporto tra costi del carburante e volume complessivo dei ricavi. Ha considerato poi legittima l’attività dei verificatori quanto all’omessa contabilizzazione dei ricavi per vendite di autoveicoli, consistita nel ricavare una percentuale media di ricarico, in base alle percentuali applicate alla vendita di altre auto distintamente considerate per marca e tipo; ha escluso la duplicazione di costi per ricambi e manodopera e ha osservato, con specifico riguardo al recupero dei ricavi per manodopera, che la legittimità della ripresa deriva dalla circostanza che esso è stato basato su dati certi estratti dal conto economico e sul numero delle ore lavorate desunto dai documenti di lavoro.
Contro questa sentenza propone ricorso la contribuente per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, che illustra con due memorie.
L’Agenzia replica con controricorso e spiega ricorso incidentale, articolato anch’esso in quattro mezzi.
Ragioni della decisione
1. – I quattro motivi del ricorso principale sono tutti inammissibili, perché non corredati dei quesiti, rispettivamente di fatto e di diritto, prescritti dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, giacché la sentenza impugnata è stata depositata in data 3 aprile 2009.
2. – Ne consegue l’inefficacia del ricorso incidentale.
Come la stessa Agenzia riferisce in controricorso, il ricorso principale è stato ad essa notificato in data 4 marzo 2010, laddove il controricorso, recante ricorso incidentale, è stato consegnato per la notificazione alla controparte soltanto in data 19 maggio 2010, quando, cioè, era decorso il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 371 c.p.c.
3. – Qualora il ricorso principale in cassazione sia dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale tiene luogo di quello principale, in tal modo conservando la propria efficacia, soltanto se sia stato tempestivamente proposto, ossia se sia stato proposto entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale, come previsto dall’art. 371 c.p.c., ed anche entro il termine per impugnare (Cass. 23 maggio 2003, n. 8154).
3.1. – L’avvenuta impugnazione della sentenza comporta difatti la necessità che tutte le altre impugnazioni avverso la medesima decisione siano proposte in via incidentale nello stesso giudizio, secondo il canone della incidentalità di tutte le impugnazioni successive alla prima, ossia entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale. Sicché il ricorso incidentale è inammissibile se proposto in violazione del c.d. termine «interno», anche se tempestivamente proposto entro quello «esterno», lungo o breve (tra varie, Cass., sez. un., 6 marzo 2017, n. 7074, punto 5 e 19 giugno 2015, n. 12724).
3.2. – Il termine ordinario, o «esterno», è fissato a garanzia della certezza dei rapporti giuridici, in quanto la sua scadenza determina la formazione del giudicato.
Quello «interno», invece, è posto a salvaguardia della parità processuale delle parti e del diritto di difesa del ricorrente principale rispetto all’incidentale.
3.3. – I due termini sono quindi complementari, di modo che il ricorso incidentale, per essere considerato tempestivo e per poter in conseguenza resistere alla declaratoria d’inammissibilità di quello principale, deve aver rispettato entrambi.
4. – Le spese vanno compensate in ragione dell’esito complessivo della lite.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale e compensa le spese.
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