CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 febbraio 2022, n. 6284
Accertamento – Deduzione del cuneo fiscale dalla base imponibile dell’Irap – Imprese operanti in concessione e a tariffa in determinati servizi pubblici – Inapplicabilità del vantaggio fiscale
Fatti di causa
1. U. TPL e M. Spa, svolgente attività di trasporto pubblico locale di persone su gomma (autobus) e su ferro (treni), impugnò l’avviso di accertamento che, per il 2011, disconosceva l’agevolazione consistente nella deduzione del c.d. cuneo fiscale dalla base imponibile dell’Irap, quale beneficio non spettante alle imprese operanti in concessione e a tariffa in determinati servizi pubblici.
2. La Commissione tributaria provinciale di Perugia, con sentenza n. 631/2016, in parziale accoglimento del ricorso, annullò l’atto impositivo con riguardo al maggiore valore della produzione correlato alla concessione del servizio di trasporto stradale di persone, mentre confermò l’avviso per quanto riguarda il servizio di trasporto ferroviario.
3. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’Umbria ha rigettato l’appello principale dell’ufficio ed ha accolto quello incidentale della contribuente, avverso i capi della decisione di primo grado di rispettiva soccombenza, sul presupposto, comune ad entrambe le statuizioni, che dal punto di vista tributario l’agevolazione (ossia la riduzione del cuneo fiscale) è esclusa quando si tratti di imprese operanti sulla base di una concessione (traslativa) e di una tariffa remuneratoria, laddove, nella specie, sia per il trasporto stradale sia per quello ferroviario, il requisito economico (“tariffa remuneratoria”) non sussiste in quanto la tariffa non copre il costo fiscale del servizio.
4. L’Agenzia ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza d’appello; la contribuente resiste con controricorso, nel quale svolge ricorso incidentale, con un motivo, illustrato con successiva memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso principale [«1. Con riguardo al requisito giuridico (la c.d. “concessione traslativa”): violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del d.lgs. n. 446/1997, nonché dell’articolo 1362 cod. civ. e dell’articolo 30 del d.lgs. n. 163/2006, in relazione all’articolo 360, n. 3), cod. proc. civ.»], l’Agenzia deduce l’errore di diritto della sentenza impugnata che ha superficialmente affermato che «[le] fattispecie convenzionali versate in atti […] anche a prescindere dal nomen iuris di appalto, presentano effettivamente dei caratteri propri dell’una e dell’altra categoria giuridica (concessione od appalto di servizi)», laddove invece i contratti di trasporto pubblico locale oggetto di verifica fiscale erano indiscutibilmente configurabili, per la loro intrinseca natura, quali atti di concessione “traslativa” di pubblico servizio, e quindi possedevano il primo requisito (quello “giuridico”) dell’articolo 11.
2. Con il secondo motivo [«2. Con riguardo al requisito economico (la c.d. “tariffa remuneratoria”): nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’articolo 132 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360, n. 4), cod. proc. civ.»], l’Agenzia censura la motivazione apparente e la contraddittorietà della sentenza impugnata che, da un lato, assume la copertura del costo fiscale da parte dell’ente concedente come elemento indispensabile ai fini della sussistenza di una tariffa remuneratoria con riferimento al servizio di trasporto mediante autobus, mentre, con riguardo al servizio di trasporto ferroviario, reputa irrilevante la copertura espressa del costo fiscale (da parte dell’ente locale).
3. Con il terzo motivo [«3. Con riguardo al requisito economico (la c.d. “tariffa”): violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 446/1997 e dell’articolo 19 del d.lgs. n. 422/1998, nonché degli articoli 1362 e 1363 cod. civ., in relazione all’articolo 360, n. 3), cod. proc. civ.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, con riferimento al profilo “economico” dell’agevolazione fiscale, ritiene che la “tariffa” richiamata dall’articolo 11 sia esclusivamente quella applicata all’utenza (che determina il “ricavo tariffario” spettante al concessionario del servizio pubblico) anziché l’intera remunerazione, comprensiva anche del corrispettivo riconosciuto al concessionario dall’Amministrazione concedente.
4. Il secondo motivo, il cui esame è prioritario perché attiene ad un error in procedendo, non è fondato.
4.1. Per giurisprudenza pacifica (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.».
4.2. Nella specie, diversamente da quanto prospetta l’Agenzia, una motivazione esiste e non è affatto contraddittoria in quanto la C.T.R., in relazione a ciascun tipo di servizio di pubblico trasporto (stradale e ferroviario), ha negato la sussistenza del “presupposto preclusivo” del riconoscimento dell’agevolazione Irap, in ragione del fatto che la contribuente opera in assenza di una tariffa remunerativa, poiché la “tariffa” a carico degli utenti è un “prezzo politico”, inidoneo a coprire il costo fiscale del servizio.
5. Il primo motivo è fondato ed il secondo è assorbito.
5.1. Per la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12/12/2019, n. 32633; in senso conforme, in motivazione, Cass. 11/08/2020, 16889; 14/10/2020, n. 22156; 22/10/2021, n. 29504; 15/09/2021, n. 24977) «In tema di Irap, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della l. n. 296 del 2006 (cd. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la “ratio” giustificatrice del cd. cuneo fiscale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione che aveva ritenuto legittima l’esclusione del contribuente dal beneficio trattandosi di impresa operante nel settore del trasporto pubblico locale a concessione e “a tariffa”, dovendo applicare un prezzo di biglietto non libero ma fissato dalla P.A.).».
5.2. La sentenza impugnata non collima con tale principio di diritto perché, senza sciogliere il nodo dell’esatta qualificazione giuridica dei rapporti negoziali tra l’ente pubblico e la contribuente, si sofferma esclusivamente sul profilo economico dei contratti per escludere che la tariffa applicata sia remunerativa. In sostanza, la C.T.R. pare adombrare una sorta di contratto misto, atipico e promiscuo, che presenta alcuni elementi propri della concessione ed altri elementi propri dell’appalto di pubblico servizio. Invece, per la verifica circa la sussistenza o meno delle condizioni per il riconoscimento della riduzione del cuneo fiscale ai fini dell’Irap, è essenziale dipanare la questione della natura del contratto; infatti, in caso di appalto di pubblico servizio, il beneficio è dovuto; in caso di concessione traslativa, il beneficio è dovuto se la tariffa non è remunerativa. Sicché, all’esito della cassazione di questa sentenza, è demandato al giudice di merito il compito di sussumere il rapporto negoziale inter partes entro l’uno o l’altro schema negoziale in vista della verifica della sussistenza o meno dei presupposti ostativi al riconoscimento dell’agevolazione fiscale.
6. Con l’unico motivo del ricorso incidentale [«1. Nullità in parte qua della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 cpc, comma 1, n. 4)»], nel caso in cui questa Corte non ravvisi nella sentenza d’appello un implicito riconoscimento dell’esistenza di un appalto di servizi e quindi l’esclusione (implicita) di una concessione traslativa, si ascrive alla C.T.R. l’omessa pronuncia sulla parte della domanda della contribuente volta ad ottenere la declaratoria di insussistenza del requisito giuridico, preclusivo dell’agevolazione fiscale, consistente nell’esercizio dell’attività di trasporto, nelle sue diverse forme, in base ad una concessione traslativa.
6.1. Il motivo non è fondato.
Diversamente da quanto prospetta la contribuente, come dianzi accennato (cfr. p. 5.2.), la sentenza reca una motivazione sulla natura giuridica del contratto poiché, in effetti, individua una sorta di tertium genus negoziale, con alcuni elementi della concessione e altri dell’appalto.
7. In conclusione, accolto il primo motivo di ricorso principale, assorbito il terzo motivo e rigettato il secondo motivo, rigettato l’unico motivo di ricorso incidentale, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, nei termini indicati in motivazione, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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