CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2018, n. 12942
Rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Accertamento – Licenziamento – Cessazione della attività – Mancato rispetto delle disposizioni in tema di procedura di mobilità
Fatti di causa
Il Tribunale di Milano rigettava le domande proposte da D. P. nei confronti della s.p.a. L. Italia in liquidazione volte a conseguire l’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto intercorso fra le parti, a far tempo dal 18/10/2010, e la illegittimità del licenziamento intimatogli in data 12/10/2011 con gli effetti reintegratori e risarcitori sanciti dall’art.18 l. 300/1970.
Detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte distrettuale che con sentenza resa pubblica il 19/2/2016 dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato e condannava la D. L. – che aveva veste di socio unico di L. Italia, medio tempore estinta – al pagamento di cinque mensilità globali di fatto a titolo risarcitorio e della indennità di preavviso.
I giudici del gravame pervenivano a tali conclusioni sulla scorta dei seguenti rilievi:
a) il ricorrente aveva concordato con la sua datrice di lavoro D. L. un congedo non retribuito dal 18/10/2010, con sospensione del contratto di lavoro a tempo indeterminato inter partes “a lungo termine…comunque non oltre il 17/10/2013”. In tale accordo, alla clausola n. 14, le parti avevano stabilito che tale aspettativa sarebbe cessata qualora la società L. Italia avesse risolto il rapporto di lavoro con il ricorrente;
b) il ricorrente aveva poi stipulato un contratto con L. Italia s.p.a. sia in lingua inglese che in lingua italiana; quanto alla clausola n. 8, nella versione italiana il contratto così si esprimeva: “Dato il necessario coordinamento del presente contratto con l’accordo di aspettativa in atto presso la sua azienda di provenienza, le parti pattiziamente convengono quale clausola risolutoria, che le reciproche obbligazioni cesseranno anche ante tempus, alla cessazione dell’istituto della aspettativa”; nella versione inglese del contratto, si precisava invece chiaramente, quanto alla medesima clausola n. 8, che il contratto sarebbe stato “unlimited”, ma che sarebbe cessato per mutuo consenso alla fine della aspettativa non retribuita presso la società tedesca;
c) tale contratto era da interpretarsi nel senso che le parti avevano inteso confermare la volontà di stipulare un contratto a tempo indeterminato, come confermato dagli ulteriori dati documentali relativi alla annotazione contenuta nei MOD. CUD 2011 e 2012.
Dall’inquadramento nei descritti termini del rapporto obbligatorio intercorso fra le parti, discendeva la illegittimità della risoluzione del contratto inter partes dell’ottobre 2011 in relazione alla cessazione della attività, per il mancato rispetto delle disposizioni in tema di procedura di mobilità, peraltro intrapresa dalla società senza provvedere all’inserimento del ricorrente; discendeva altresì la condanna della società al pagamento del risarcimento del danno nella misura di cinque mensilità globali di fatto secondo la richiesta del medesimo lavoratore, e dell’indennità di preavviso sancita dall’art. 21 c.c.n.I. di settore.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la società D. L. affidato a quattro articolati motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Il Collegio ha autorizzato la stesura di motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente in data 14/9/2016.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c.
Ci si duole che a Corte distrettuale abbia interpretato l’art.8 del contratto di lavoro con L. Italia come contratto a tempo indeterminato benché la dizione della clausola facesse espresso riferimento alla risoluzione pattizia, ante tempus, delle reciproche obbligazioni alla cessazione dell’istituto della aspettativa.
2. Il motivo è infondato.
In generale si deve osservare che la concisa esposizione degli elementi in fatto della decisione non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (vedi Cass. 10/11/10 n. 22845, Cass. 20/1/2015 n. 920).
Sotto altro versante, va, peraltro, considerato che, secondo l’insegnamento di questa Corte, la necessaria conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, n. 4 e il rispetto del requisito della sufficiente e non illogica motivazione, non richiedono che il giudice del merito dia conto di tutte le prove dedotte e di tutte le tesi prospettate dalle parti, ma è sufficiente che egli esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posto a fondamento della sua decisione (cfr., tra le tante, Cass.28/10/2009 n. 22801), dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi pur non espressamente esaminati, ma incompatibili con la decisione assunta.
Affinché sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., occorre, poi, che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del “decisum” (vedi Cass. 18/9/2009 n. 20112).
3. Nello specifico, diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente, i giudici del gravame hanno reso una motivazione non rispondente ai requisiti della assoluta omissione suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità, avendo dato conto delle ragioni in base alle quali erano pervenuti all’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro oggetto di scrutinio, fondate essenzialmente sul duplice elemento della qualifica come “unlimited” del contratto, desumibile dalla clausola n.8 nella versione di testo redatta in lingua inglese, e della qualifica del contratto, nei medesimi termini, dei modelli CUD relativi agli anni 2011 e 2012.
L’esposizione dei fatti e delle ragioni giuridiche sottese alla decisione, espresse dalla Corte territoriale secondo le succinte modalità previste dalla disposizione del codice di rito, appaiono chiaramente individuabili e logicamente connesse, così sottraendosi alla censura all’esame.
4. Con la seconda critica (sub. Bl) è denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art.360 comma primo n.5 c.p.c.. Si lamenta che la Corte si sia limitata ad esaminare la sola eccezione relativa alla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto, con L. Italia, tralasciando di considerare le eccezioni relative alla mancata impugnazione del termine di durata del rapporto entro 60 giorni sancito dall’art. 32 comma 3 L.183/2010.
Al di là di ogni pur assorbente considerazione secondo cui il motivo risulta veicolato mediante il richiamo al disposto di cui al n.5 del comma primo art. 360 c.p.c. nella versione di testo novellata ex d.l. 22/6/12 n. 83 conv. in legge n. 134/2012, in base al quale la rilevanza del vizio di motivazione è limitata alle ipotesi in cui sia così radicale da comportare la nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”, non riscontrabile nella fattispecie, va rimarcato che la censura è infondata.
La critica con la quale si lamenta l’omesso rilievo della intervenuta decadenza del lavoratore dal diritto e dalla azione volta a conseguire la dichiarazione di illegittimità del termine, avrebbe postulato la configurazione del rapporto inter partes in termini di contratto a termine. Nello specifico, invece, siffatta questione non si pone, avendo la Corte di merito accertato la natura a tempo indeterminato del rapporto, incompatibile con ogni questione (preliminare o pregiudiziale di merito) attinente alla decadenza dal diritto alla impugnazione del termine.
5. Con il motivo sub. B 2, si lamenta che il giudice del gravame abbia omesso ogni motivazione in ordine alla intervenuta risoluzione consensuale del rapporto per avere il lavoratore “ripreso spontaneo servizio in D. L.”, ed avere subito dopo rassegnato le proprie dimissioni per essere “assunto in C. B.”.
La censura è priva di fondamento, ove si consideri non solo che il P. si era rifiutato di sottoscrivere la proposta di risoluzione consensuale del rapporto che gli era stata sottoposta in data 2/9/2011, ma che il rientro in servizio presso la D. L. dopo l’intervenuto licenziamento, era previsto negli accordi sull’aspettativa con detta società e nella lettera di licenziamento del 12/10/11 di L. Italia, riprodotta per il principio di autosufficienza del ricorso (vedi pag. 17). Non era, pertanto, ravvisabile alcuna volontà chiara e certa del lavoratore di porre definitivamente fine ad ogni rapporto con D. L.
6. Con il motivo sub. B3 la ricorrente critica altresì la sentenza impugnata quanto alla interpretazione della lettera 12/10/2011 con la quale L. Italia comunicava al lavoratore la cessazione del rapporto: stante la sua letterale formulazione doveva ritenersi che costituisse un mero atto ricognitivo, non una fattispecie di recesso, essendo già intervenuta la risoluzione del contratto di lavoro inter partes per scadenza del termine.
Il motivo va disatteso in quanto tende a pervenire ad una difforme interpretazione dell’atto negoziale oggetto di scrutinio, non consentita nella presente sede.
Come affermato da questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (vedi Cass. 10/2/2015 n.2465).
Nello specifico, per quanto sinora detto, la lettura del dato negoziale offerta dalla Corte di merito, nel senso dell’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto, pur mediante succinte modalità espressive, appare congrua e si sottrae alle critiche formulate, in coerenza coi principi affermati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (vedi Cass. S.U. 7/4/2014 n. 8053) secondo cui la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, è limitata alle sole fattispecie in cui esso si converte in violazione di legge per assoluta mancanza di motivazione.
7. Anche l’ulteriore motivo sub. B4, con il quale si denunzia la mancata valutazione quale clausola risolutiva del rapporto, del termine apposto al contratto, appare incompatibile con l’accertamento compiuto dai giudici del gravame, che è accertamento non sindacabile in questa sede di legittimità in base alle argomentazioni esposte in relazione al motivo che precede.
8. Del pari infondato è il motivo sub. B5 con il quale si deduce che pur ove si accerti a natura a tempo indeterminato del rapporto, dovrebbe ritenersi il lavoratore compreso nel piano di esuberi, avendo egli usufruito di un trattamento migliorativo rispetto a quello spettante ai colleghi inclusi nella procedura, per esser stato immediatamente reintegrato nella società di provenienza.
E’ sufficiente considerare che non era stato incluso nella procedura di mobilità onde erano a lui applicabili le misure previste dalla L. 223/91, come correttamente disposto dai giudici del gravame.
9. Con il terzo motivo (sub. C) si prospetta violazione o falsa applicazione dell’art. 1 d.Igs. n. 368/2001 ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.
Si deduce che una corretta lettura del contratto induce a qualificare il contratto di lavoro con L. Italia come contratto a termine, in quanto collegato alla durata dell’aspettativa propria del contratto con la D. L..
La ricorrente, anche con detto motivo, incorre nella rinnovata prospettazione di una diversa interpretazione del contratto già ritenuto a tempo indeterminato, inammissibile, per quanto sinora detto.
10. Con il quarto motivo (sub. D) si prospetta violazione o falsa applicazione dell’art. 2118 c.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.
Si deduce che nessun preavviso competerebbe al lavoratore, in quanto l’accordo a tre stipulato fra le parti, nel prevedere l’immediato passaggio del lavoratore a D. L., avrebbe integrato una clausola migliorativa rispetto a quella prevista della legge, dal c.c.n.I. e dal contratto individuale, venendo meno l’esigenza di consentire al lavoratore di rinvenire una collocazione alternativa. Ma tale tutela concordata fra le parti, si presenta, ed in tal modo risulta sostanzialmente interpretata dalla Corte di merito, come aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quella apprestata per legge e secondo le disposizioni contrattuali collettive di settore, delle quali risulta disposta corretta applicazione.
11. In definitiva, alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 giugno 2022, n. 19259 - La procedura per la dichiarazione di mobilità di cui all'art. 4 della legge n. 223 del 1991, necessariamente propedeutica all'adozione dei licenziamenti collettivi, è intesa a consentire una…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 maggio 2021, n. 12942 - Il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37420 depositata il 21 dicembre 2022 - In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) pur in caso di omissione della denuncia di cessazione di occupazione dell'immobile nell'anno in cui tale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 marzo 2020, n. 6635 - In tema di contribuzione per la mobilità le imprese sono tenute a versare il contributo a loro carico solo con riferimento alle posizioni dei dipendenti posti in mobilità che abbiano diritto…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 10197 depositata il 16 aprile 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comunicazione di avvio della procedura di mobilità, ai sensi dell'art. 4, comma 3, della legge n.…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 1512 depositata il 15 gennaio 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, non assume rilievo, ai fini dell'esclusione della comparazione con i lavoratori di equivalente professionalità…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il potere di disapplicazione delle sanzioni per vi
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 2604 deposi…
- Legittimo il licenziamento per frasi o commenti of
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 12142 depositat…
- E’ possibile esercitare l’opzione, da
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 12395 depositata…
- Il legale rappresentante indagato del reato presup
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 13003 depositata il 2…
- Ammissibile l’impugnazione incidentale tardi
La Corte di Cassazione, sezioni unite, con la sentenza n. 8486 depositata il 28…