CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 novembre 2019, n. 30670
Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense – Cancellazione dalla Cassa per incompatibilità – Domanda di restituzione contributi
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa città, nella parte in cui questa aveva accolto la domanda presentata da U.C.M.N. e aveva condannato la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense a restituire al professionista la somma di € 1.421.917,88, pari all’ammontare dei contributi il cui versamento era divenuto indebito a seguito del provvedimento di cancellazione dalla Cassa per incompatibilità emesso il 29.3.2007 con effetto retroattivo dal 30.9.1991, oltre agli interessi dalla delibera di cancellazione.
2. i motivi d’appello della Cassa erano disattesi dalla Corte territoriale sulla base dei seguenti rilievi:
– la difesa dalla Cassa aveva riguardato in primo grado soltanto la decadenza dall’iscrizione dell’avvocato N. e non il quantum da questi richiesto in restituzione, se non per quanto attiene alla decorrenza degli interessi legali, sicché la Cassa non poteva dolersi in appello che il primo giudice avesse ritenuto pacifici i presupposti della domanda restitutoria;
– risultavano quindi tardive le deduzioni proposte in appello concernenti l’assenza della previa domanda di restituzione in via amministrativa e l’irripetibilità delle quote dei versamenti effettuati a titolo di contributo integrativo;
– la restituzione del contributo integrativo era comunque dovuta, essendo venuto meno il titolo del relativo versamento;
– l’obbligo di restituzione discendeva direttamente dall’art. 2033 c.c., e gli accessori erano dovuti dalla delibera di cancellazione, dalla quale era venuta meno la buona fede nella percezione.
3. Per la cassazione della sentenza la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui l’avvocato N. ha resistito con controricorso.
4. Le parti hanno depositato anche memorie ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
5. Come primo motivo di ricorso la Cassa deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. e 115 c.p.c. . Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che nessuna espressa specifica contestazione fosse stata formulata in primo grado in ordine al quantum della pretesa restitutoria, mentre la Cassa aveva formulato una generale contestazione sui fatti allegati dalla difesa avversaria ed aveva chiesto il rigetto per infondatezza del ricorso.
Sostiene che l’avvocato N. non aveva allegato i fatti costitutivi della pretesa contributiva limitandosi ad un’apodittica affermazione del credito e che la contestazione dell’an implica di per sé anche la contestazione del quantum richiesto.
6. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 414, 416, 437 c.p.c. e 7 della l. n. 533 del 1973. Il motivo attinge la motivazione della sentenza della Corte d’appello nella parte in cui questa ha ritenuto tardive le deduzioni formulate in secondo grado concernenti l’assenza di previa domanda di restituzione in via amministrativa e l’irripetibilità delle quote dei versamenti effettuati dall’avvocato N. a titolo di contributi integrativi. Sostiene che la mancanza della domanda amministrativa di prestazione previdenziale e assistenziale determina l’improponibilità della domanda giudiziale, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
7. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 11 e 22 della l. 20 settembre 1980 n. 576 e 2033 c.c. e lamenta che la Corte abbia ritenuto ripetibile anche la quota di contributi integrativi.
8. Come quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2033 c.c. e sostiene che la Corte d’appello di Milano avrebbe errato là dove ha affermato la decorrenza degli interessi sulle somme indebite dal momento in cui la Cassa aveva disposto la cancellazione dell’avvocato N. per ritenuta incompatibilità.
Riferisce che il professionista aveva diffidato la Cassa forense con lettera del 27.3.2009 a non restituire i contributi versati nel periodo di incompatibilità fino a quando la controversia non fosse definita con sentenza non soggetta ad ulteriore gravame.
9. Il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi per primo in ordine di priorità logica, oltre che ammissibile, essendo puntualmente indicata la questione giuridica che viene sottoposta, è fondato.
10. In tema di Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, la necessità della domanda amministrativa in caso di richiesta di rimborso dei contributi è specificamente prevista dall’ultimo comma dell’art. 3 della l. n. 319 del 1975, come modificato dall’art. 22 della l. 20 settembre 1980, n. 576, che prevede «la facoltà della Cassa forense di provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianità di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata» ed aggiunge all’ultimo comma che «sono rimborsabili a richiesta i contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci».
11. La previsione dell’ultimo comma va intesa in termini generali come riferita a tutte le domande di restituzione di contributi indebitamente versati alla Cassa, sia che si tratti di annualità che di intera posizione previdenziale che sia stata annullata, in quanto costituisce applicazione del principio generale secondo il quale la previa domanda amministrativa è richiesta ogni qual volta sia fatto valere verso l’ente previdenziale un diritto dapprima non riconosciuto o esercitato, e ciò al fine di consentire, con effetto deflattivo rispetto al contenzioso giudiziario, l’antecedente valutazione amministrativa della pretesa.
12. Tale principio – già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 5 agosto 1994, n. 7269, resa in relazione ad una domanda di restituzione di contributi proposta contro l’I.N.P.S – è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ed è stato di recente riaffermato anche in relazione agli accessori del credito previdenziale o assistenziale (Cass. n. 2760 del 30/01/2019), alla domanda di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto ai sensi dell’art. 13, co. 8 L. 257/1992 (Cass. n. 30283 del 22/11/2018) e all’ iscrizione al Fondo Volo gestito dall’Inps (Cass. n. 2063 del 30/01/2014). 13. Occorre dunque ribadire che la previa domanda amministrativa costituisce un requisito necessario in generale rispetto ad ogni diritto previdenziale, sia esso inerente a posizioni contributive o a prestazioni vere e proprie, che debba essere azionato; potendosi soltanto ritenere che la domanda non sia necessaria, se la legge non disponga esplicitamente in senso contrario, nei casi di procedimento che debba avanzare ex officio o in quelli in cui l’azione giudiziale sia finalizzata a contrastare una (già esercitata) pretesa dell’ente previdenziale (ad es. accertamento negativo rispetto ad una pretesa di recupero di indebito), oltre che nelle ulteriori ipotesi in cui sull’an del diritto o della prestazione vi sia già stato riconoscimento amministrativo o giudiziale e si discuta esclusivamente sulla regolare corresponsione, anche quantitativa, di quanto dovuto, sulla base di posizioni o diritti previdenziali la cui consistenza (posizioni previdenziali) o sussistenza (diritti a prestazioni) sia però già certa inter partes ( Cass. n. 30283/2018, cit.).
14. Nel caso in esame, la domanda di restituzione è stata proposta per la prima volta in sede giudiziaria, in quanto in precedenza l’avv. N. aveva al contrario diffidato la Cassa con lettera del 27.3.2009 a non restituire i contributi versati nel periodo di incompatibilità sino a quando la controversia relativa all’annullamento della posizione non fosse definita con sentenza definitiva. Il ricorso in effetti aveva ad oggetto in via principale il ripristino dell’iscrizione alla Cassa dal 1991 al 2006 e, in via subordinata, la restituzione dei contributi, il cui preciso ammontare prima del giudizio non era stato oggetto di definizione tra le parti .
15. Il secondo motivo di ricorso deve dunque essere accolto, con assorbimento degli altri.
16. La mancanza della domanda amministrativa, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, determina l’improponibilità della domanda giudiziale, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. n. 11438 del 10/05/2017, n. 17395 del 29/08/2016, n. 24103 del 29/12/2004, Sez. Un. 7269/1994, cit.).
17. Deve dichiararsi improponibile dunque nel caso la domanda di restituzione dei contributi che ne occupa, con la conseguente cassazione senza rinvio ex art. 382 u. c. c.p.c. della sentenza impugnata perché la causa in parte qua non poteva essere proposta.
18. Le spese dell’intero processo devono essere compensate tra le parti, in assenza di precedenti di questa Corte sulla specifica questione.
19. L’ esito del giudizio determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, senza rinvio, perché la causa non poteva essere proposta.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
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