CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 giugno 2018, n. 16941
Addetto al servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani – Collocamento in diversa mansione – Nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Ancona, a conferma della pronuncia dello stesso Tribunale, ha rigettato il ricorso di R.T., ex dipendente del Comune Ripe addetto al servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, rivolto a sentir accertare l’obbligo del Comune a collocare il lavoratore in una diversa mansione all’interno dell’Ente, ancor prima di trasferirlo alla neo costituita Autorità d’Ambito territoriale. Nel passaggio di attività con risoluzione del rapporto di lavoro e trasferimento diretto e immediato dell’ex dipendente al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, il Giudice dell’appello ha ravvisato una ipotesi di esternalizzazione di un servizio pubblico a un gestore privato quale fattispecie legale tipica di trasferimento e conferimento di attività. Fondando sull’applicazione degli artt. 201 e 202 d.lgs. n. 152/2006, la Corte territoriale ha statuito che il riferimento alla disciplina del trasferimento del ramo d’azienda ex art. 2112 cod. civ. contenuto nell’art. 31 del d.lgs. n.165/2001, a sua volta richiamato dal d.lgs. n. 152/2006, riguardi unicamente gli effetti dello stesso sulla sorte del rapporto di lavoro dei soggetti trasferiti ope legis in relazione all’obbligo di conservazione del posto, che permane in capo al nuovo datore.
Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione R.T. con tre censure, cui resiste con tempestivo controricorso il Comune di Ripe.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con la prima censura, formulata ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., parte ricorrente deduce “Falsa applicazione dell’art. 2112, co. n. IV, cod. civ.”. Il ricorrente contesta che nel caso in esame si sia realizzato un trasferimento di ramo d’azienda, in quanto, essendosi trattato di un esiguo passaggio di beni strumentali e del trasferimento di un unico lavoratore, l’unità produttiva sarebbe stata priva della caratteristica di ramo funzionalmente autonomo, richiesta dall’art. 2112 cod. civ.
Con la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165 e dell’obbligo di repechage di cui alla I. n. 223/1991”. La censura contiene una interpretazione degli artt. 201 e 202 del d.lgs. n. 152/2006, dalla quale discenderebbe che il ricorrente, privo di una specifica specializzazione, e già adibito a lavori diversi all’interno del Comune, avrebbe avuto le caratteristiche professionali più idonee per essere collocato in altre mansioni, sempre, però, nell’Ente di provenienza.
Con la terza censura, formulata ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., contesta “Falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. 165/2001 e falsa applicazione dell’art. 1175 cod. civ.” Anche ammessa l’esigenza di esternalizzazione rappresentata dal Comune, quest’ultimo avrebbe agito in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, là dove ha assunto la decisione di cedere un lavoratore il quale aveva dato prova della massima fungibilità, avendo svolto mansioni equivalenti di custode del cimitero, di autista di scuolabus, prima ancora di essere adibito alla guida dell’autocompattatore per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Le prime due censure, esaminate congiuntamente per connessione, sono infondate.
La fattispecie trova la sua disciplina nell’art. 202, comma 6 del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), a norma del quale “Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive ed individuali, in atto. Nel caso del passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’art. 2112 del codice civile”.
La norma è finalizzata ad una riorganizzazione complessiva della gestione integrata dei rifiuti urbani su “Area vasta”, con esternalizzazione della funzione affidata originariamente ai singoli Comuni, e clausola “sociale” rivolta alla salvaguardia dei rapporti di lavoro in essere, alla data del 31 dicembre 2005, presso i servizi di raccolta rifiuti degli Enti pubblici di provenienza (cfr. da ultimo, Cass. n. 341/2018).
Il legislatore ha dunque disposto la successione del soggetto subentrante nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al precedente titolare del servizio, sicché, gli effetti del trasferimento sui rapporti di lavoro in essere alla data di entrata in vigore del nuovo regime, trovano la loro disciplina nell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, a norma del quale “…fatte salve norme speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l’art. 2112 del codice civile…”.
Va qui ribadito quanto già affermato da questa Corte che “i due termini utilizzati dal richiamato art. 31, cioè quelli di trasferimento o di conferimento di attività, esprimono, attraverso la loro ampia valenza semantica, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro applicativo della disposizione ogni vicenda traslativa riguardante un’attività svolta dal soggetto pubblico, per cui non è richiesta o presupposta alcuna cessione d’azienda, bastando il più semplice trasferimento di un’attività svolta fino a quel determinato momento da un soggetto pubblico, indipendentemente dal tipo di strumento tecnico adoperato nella vicenda amministrativa di trasferimento o conferimento, il tutto nell’ottica di una tutela giuslavoristica dei dipendenti pubblici addetti all’attività trasferita”. (Cass. n. 17894/2014).
L’art. 202, co.6, configura la fattispecie in esame quale passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, previa risoluzione dei precedenti rapporti di lavoro, con salvaguardia delle condizioni contrattuali in atto. Trattasi, perciò, non già di una riorganizzazione interna ai Comuni conferenti il servizio, come pare prospettare il ricorrente, ma di una fattispecie legale tipica di passaggio di attività da Ente pubblico a gestore privato, per il quale è sancito ope legis un travaso diretto e immediato del personale addetto al servizio di raccolta dei rifiuti nella nuova gestione, a prescindere da ogni accertamento sull’assimilabilità della vicenda traslativa ad una cessione di azienda in senso proprio.
Alla stregua della ricostruzione del quadro normativo, inconferenti appaiono le doglianze prospettate da parte ricorrente. Il passaggio era, infatti, necessitato, e l’ente gestore era unicamente vincolato al rispetto della garanzia di continuità di occupazione del personale “trasferito”, con applicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, della disciplina del trasferimento del ramo d’azienda di cui all’art. 2112 cod. civ., al quale la prima fa espresso richiamo.
La terza censura è anch’essa infondata.
Circa la presunta violazione, da parte del Comune, dei canoni di correttezza e buona fede, si osserva che la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logico – argomentativi, ha escluso qualsiasi margine di scelta in capo all’Ente circa la possibilità di mantenere il ricorrente alle proprie dipendenze, “…data l’effettività e la realtà del trasferimento dell’intero servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani…” (p. 5 sent.), e dato che nulla dell’originario servizio rimaneva in capo al Comune di Ripe, sicché questi non avrebbe potuto trattare del trasferimento dell’unico addetto al servizio di raccolta dei rifiuti come se si trattasse di ricollocazione di personale eccedentario.
In definitiva, essendo le censure infondate, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000, per competenze professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13 (ndr comma 1 bis dello stesso art. 13).
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