CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 maggio 2019, n. 14677
Trattamento pensionistico – Riliquidazione – Accertamento del diritto alla perequazione del pro rata italiano
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 14.6.2013, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’INPS a riliquidare la pensione già spettante a C. S., in favore degli eredi M. S., M. M., A. S. ed A. S., con l’accertamento del diritto alla perequazione del prò rata italiano dal 1.1.1976 al 31.12.1983 sulla base degli aumenti in quota fissa ex art. 10, l. n. 160/1975, nei limiti della prescrizione decennale decorrente dalla data di presentazione della domanda amministrativa (22.12.2003).
2. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha precisato che la domanda era fondata in quanto dalla documentazione in atti si evinceva che il S. era titolare di pensione categoria IO/S a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in regime di totalizzazione internazionale che superava il trattamento minimo, considerando il complesso delle quote italiana ed estera che componevano il trattamento pensionistico, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità. Quanto all’eccezione di prescrizione proposta dall’INPS, e già disattesa dal primo giudice, la stessa era fondata solo in parte, andando riferita ai ratei pensionistici differenziali (spettanti per effetto dell’integrale applicazione delle norme in tema di perequazione automatica succedutesi nel tempo) e non invece alle quote fisse, non essendo quest’ultimo un diritto autonomo e distinto rispetto al trattamento previdenziale in godimento.
2. Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura illustrato da memoria.
3. M. S., M. M., S. A. e S. A., eredi di C. S., sono rimasti intimati.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 c.c., in relazione agli artt. 10, legge n. 160 del 1975, e 21, legge n. 730 del 1983, per avere la Corte d’appello disatteso l’eccezione di prescrizione argomentata in sede di gravame sul rilievo della avvenuta cessazione, dal primo maggio 1984, del sistema di perequazione automatica per quote fisse.
2. Il motivo è fondato, avendo questa Corte ormai consolidato il principio di diritto secondo cui il diritto al conseguimento delle maggiorazioni legate alla perequazione automatica delle pensioni, di cui all’art. 10, l. n. 160/1975, soggiace alla prescrizione ordinaria decennale e, attesa l’avvenuta abrogazione della norma ai sensi dell’art. 21, l. n. 730/1983, non può essere riconosciuto ove la domanda amministrativa sia proposta decorsi dieci anni dalla data del 30.4.1984 (Cass. nn.20507 del 2015, 16996 del 2017), da individuarsi quale momento ultimo di vigenza della pregressa disciplina della perequazione automatica (Cass. n. 18840 del 2017).
2. Invero, l’art. 21, comma 1, della legge 27 dicembre 1983, n. 730 (legge finanziaria del 1984) stabilì, per quel che qui interessa, che, fermi restando gli aumenti delle pensioni derivanti all’ 1 gennaio 1984 dalla perequazione automatica secondo la normativa allora vigente, per le pensioni dell’A.G.O. per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenze sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi, per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere, dell’ente Enasarco e di quelle erogate in favore dei soggetti il cui trattamento era regolato dall’art. 26 della legge n. 153/1969 e dall’art. 7 della legge 3.6.1975, n. 160 (ciechi civili, mutilati ed invalidi civili e sordomuti), nonché dall’art. 14 septies del D.L. n.663/1979 (convertito con modificazioni dalla legge n. 33/1980), i successivi aumenti di perequazione intervenivano a far tempo dall’ 1 maggio 1984 secondo determinati criteri fissati nei commi successivi dello stesso art. 21.
4. Quindi, il sistema della perequazione automatica per le suddette pensioni venne mantenuto fino al 30.4.1984, per cui a decorrere dall’1.5.1984 le pensioni, come quella in esame, riconducibili al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 10 della legge n. 160 del 1975 (contenente la previsione della perequazione automatica), non beneficiarono più di tale automatismo per la sua tacita abrogazione ad opera dell’art. 21. della citata legge finanziaria.
5. Pertanto, posto che nella fattispecie il diritto al conseguimento delle maggiorazioni maturate sui singoli ratei della prestazione, per effetto della perequazione automatica, si è maturato fino al 30/4/1984 (data ultima della sua previsione normativa prima del citato intervento abrogativo), e soggiace alla prescrizione ordinaria decennale, il diritto si era già ampiamente prescritto alla data della domanda del 2.12.2003.
6. Nemmeno può avere pregio il richiamo al principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, atteso che l’oggetto del contendere è rappresentato esclusivamente dall’accertamento del diritto alla perequazione automatica dell’importo dei singoli ratei di pensione in relazione ad un determinato periodo.
7. Non essendosi la Corte di merito attenuta al superiore principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da C. S.
8. Avuto riguardo al consolidamento dell’anzidetto principio di diritto in epoca successiva alla proposizione della domanda giudiziale e dello stesso ricorso per cassazione, si ravvisano giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da C. S.; dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.
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