CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 ottobre 2020, n. 23878
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Contributo unificato – Agente della riscossione – Prenotazione a debito – Esclusione – Obbligo di pagamento
Ritenuto in fatto
In data 18.10.12 Equitalia Sud s.p.a., in persona della responsabile della Direzione Generale Campania, proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale della Campania nei confronti del Ministero delle Finanze avverso un atto di invito al pagamento del contributo unificato relativo alla procedura R.G.A. n. 3826/12.
A sostegno del ricorso, sosteneva che l’attività di riscossione da essa svolta per conto dell’Amministrazione Finanziaria facesse sorgere il diritto alla prenotazione a debito del contributo unificato ex art. 12, comma 5, d.l. 16/2012, ancorché non espressamente previsto nella richiamata norma, atteso che, con decorrenza dall’1.10.2006, l’attività di riscossione era stata attribuita direttamente all’Agenzia delle Entrate, che la esercitava attraverso Equitalia.
In data 15.11.2012 si costituiva tramite l’Avvocatura dello Stato il Ministero della Giustizia, quale destinatario del ricorso anche se intestato al Ministero delle Finanze, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva e, comunque, affermando la doverosità del pagamento del contributo unificato anche a carico dei concessionari per la riscossione.
In data 2.4.2014 si costituiva la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sostenendo sia l’inammissibilità del ricorso, per essersi in presenza non di un atto impositivo, ma di un semplice avviso bonario portante a conoscenza della parte appellante l’omesso o insufficiente versamento del contributo unificato, sia la non fruibilità da parte di Equitalia dell’istituto della prenotazione a debito del contributo unificato, previsto a favore delle sole agenzie fiscali dall’art. 158 d.P.R. 115/02 ed esteso al processo tributario dal d.l. 98/11.
Con sentenza n. 11883 del 13.5.2014 la adita Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accoglieva il ricorso, ritenendo che Equitalia fosse da considerarsi ente integrato nell’amministrazione pubblica intesa in senso lato, con conseguente possibilità di fruire della prenotazione a debito di cui all’art. 158 T.U. delle Spese di Giustizia.
Avverso la predetta sentenza, in data 19.12.2014 proponeva appello il Ministero delle Finanze, criticandone la motivazione per aver, a suo dire, erroneamente interpretato sia l’art. 157 T.U. Spese di Giustizia, sia l’art. 48 d.P.R. 602/73, riferendosi la prima norma esclusivamente al procedimento esecutivo in senso stretto e la seconda al procedimento di riscossione coattiva, non interpretabile in senso estensivo.
In data 13.4.15 si costituiva Equitalia Sud s.p.a., insistendo per l’applicabilità dell’art. 48 citato, da interpretarsi, secondo il suo assunto, come disciplinante non solo le procedure esecutive in senso stretto, ma anche quelle di riscossione coattiva, intese in senso ampio; ribadiva, pertanto, le difese già esplicate in primo grado e concludeva per il rigetto dell’appello.
Con sentenza del 24.02.2016) la CTR Campania accoglieva l’appello, sulla base delle seguenti considerazioni:
1) doveva ritenersi pacifica l’autonoma impugnabilità dell’atto di invito al pagamento, in quanto riportante, sia pure sotto forma di avviso bonario, una pretesa tributaria ben definita;
2) quanto all’estendibilità ad Equitalia della prenotazione a debito di cui agli artt. 157 e 158 D.P.R. 115/02 (T.U. Spese di Giustizia), la espressa limitazione agli atti di riscossione coattiva escludeva un’interpretazione estensiva di tale norma anche ad atti di formazione della pretesa tributaria, che, oltre tutto, essendo norma speciale, non era passibile di interpretazione analogica;
3) gli artt. 157 e 158 d.P.R. 115/02, regolanti la prenotazione a debito del contributo unificato, facevano riferimento unicamente alle agenzie fiscali, anche in tal caso dovendosi ritenere illegittimo il ricorso ad un’interpretazione estensiva o analogica;
4) per quanto Equitalia operava, quale agente della riscossione, per conto dell’Agenzia delle Entrate, cui il d.l. 203/05 aveva attribuito il potere di riscossione, tanto non valeva a mutare la natura giuridica della società appellata, che era privatistica, essendo costituita in forma di società per azioni, tanto che provvedeva alla riscossione di ruoli predisposti anche da soggetti estranei all’Amministrazione Finanziaria, quali enti previdenziali, enti locali, Camere di Commercio e via dicendo, sicché non poteva ritenersi rientrante in un concetto sia pure esteso di pubblica amministrazione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Equitalia servizi di riscossione spa sulla base di un unico motivo.
Il Ministro dell’economie e finanze ha resistito con controricorso.
Ritenuto in diritto
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 48 dPR n. 602/1973 e 157 dPR n. 115/2002, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR ritenuto estensibile anche ai giudizi tributari vertenti sull’an della pretesa impositiva vantata dall’Agenzia delle Entrate la prenotazione a debito del contributo unificato che sarebbe stato dovuto dalla concessionaria, nonostante il detto giudizio fosse relativo all’attività di riscossione coattiva.
1.1. Il motivo è infondato.
Sul piano normativo, il primo comma dell’art. 48 del d.P.R. n. 602 del 1973 prevede che “Le tasse e í diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario.”.
Ancora, l’art. 157 d.P.R. n. 115 del 2002 (intitolato “Spese processuali della procedura esecutiva attivata dal concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo”) stabilisce:
1. “In applicazione dell’articolo 48, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per la procedura esecutiva relativa a tutte le entrate iscritte a ruolo, il concessionario annota come prenotati a debito il contributo unificato, le spese per le notificazioni a richiesta d’ufficio e i diritti di copia”.
2. “L’ufficio presso cui pende il processo attesta, all’esito del processo e su richiesta del concessionario, la rispondenza delle spese annotate alle norme di legge”.
Da ultimo, il successivo art. 158 (rubricato “Spese nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse”) prevede:
1. “Nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica, sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione:
a) il contributo unificato nel processo civile e amministrativo; […]”
3. “Le spese prenotate a debito e anticipate dall’erario sono recuperate dall’amministrazione, insieme alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell’altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore”. Senza tralasciare che, in base all’art. 3, lett. q), dello stesso d.P.R., “amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico; […]”.
1.2. Questa Corte di recente (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8958 del 29/03/2019), nell’analizzare il motivo di doglianza di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. con il quale erano state dedotte l’erronea statuizione in ordine alla condanna al versamento del contributo unificato, ex art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, e la violazione dell’art. 48 del d.p.r. n. 602 del 1973 per non aver la CTR considerato che il legislatore avrebbe espressamente escluso il concessionario dal versamento del contributo unificato, ha affermato che l’art. 48 menzionato è dettato con specifico riferimento al recupero delle tasse e dei diritti per atti giudiziari nei procedimenti di riscossione coattiva delle imposte sul reddito, e non introduce una deroga generale in favore del concessionario alla disciplina in tema di contributo unificato stabilita dal d.p.r. 115 del 2002.
Questo approccio deve essere condiviso, sia pure con le opportune precisazioni.
Non è revocabile in dubbio che il giudizio di impugnazione di una cartella di pagamento pendente dinanzi al giudice tributario non rientri tra i procedimenti esecutivi volti al recupero di crediti erariali.
Il primo problema da analizzare è se lo stesso (o, più precisamente, il giudizio di cognizione innanzi al giudice tributario nel quale Equitalia s.p.a. difende la pretesa impositiva in vista di una futura ed eventuale esecuzione) rientri tra gli atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva, come stabilito dal primo comma dell’art. 48 del d.P.R. n. 602 del 1973.
In particolare, premesso che nel caso di specie si è al cospetto di una impugnazione della cartella di pagamento (equiparabile, quest’ultima, all’atto di precetto) e, dunque, di un atto che costituisce l’immediato e necessario antecedente del procedimento di riscossione coattiva (o, a dirla diversamente, di un atto strumentale all’eventuale futura esecuzione), si tratta di verificare se l’attività svolta dal concessionario in un giudizio tributario al fine di difendere la pretesa impositiva sia occasionata o provocata dal detto procedimento.
E’ chiaro che a differenti conclusioni dovrebbe pervenirsi nel caso in cui Equitalia Sud s.p.a., in veste di ricorrente, adisse il giudice tributario per l’annullamento dell’atto impositivo opposto, invocando l’applicazione della disciplina della prenotazione a debito sulla scorta del reticolo normativo sopra indicato. In questo caso, infatti, l’ attività Equitalia s.p.a. si porrebbe agli antipodi della tipica attività del concessionario, volta all’acquisizione, anche forzosa, di entrate all’Erario. Pertanto, venuta meno la ratio sottesa alle funzioni particolari in vista del cui soddisfacimento è prevista la procedura della prenotazione a debito, Equitalia s.p.a., come qualunque contribuente, sarebbe gravata dall’obbligo del contributo unificato. Così come è chiaro che le considerazioni che precedono non potrebbero estendersi all’attività di riscossione di ruoli predisposti da soggetti estranei all’Amministrazione finanziaria, quali enti previdenziali, enti locali o Camere di Commercio.
E’ chiaro che, se si intendesse l’espressione “procedura esecutiva” contenuta nell’art. 157 d.P.R. n. 115 del 2002 come sinonimo di esecuzione forzata, sarebbe difficile estenderla ai giudizi di cognizione prodromici alla futura eventuale esecuzione. Tuttavia, il richiamo operato dal primo comma dell’art. 48 del d.P.R. n. 602 del 1973 al “procedimento di riscossione coattiva” induce a ricomprendervi altresì le attività preliminari e propedeutiche all’esecuzione vera e propria.
Che vi sia una differenza, quanto al contributo unificato, tra la procedura esecutiva di cui all’art. 157 ed il procedimento di riscossione coattiva di cui all’art. 48 è reso evidente dalla stessa formulazione della prima disposizione. Invero, l’art. 157 TUSG, nel limitare l’applicabilità della prenotazione a debito del contributo unificato alla sola procedura esecutiva di tutte le entrate iscritte a ruolo, dispone che il concessionario (e non la cancelleria) annota come prenotati a debito il contributo unificato, le spese per le notifiche a richiesta d’ufficio e i diritti di copia. La particolarità è, dunque, da ritrovarsi nella circostanza che, pur essendo prevista la prenotazione a debito del contributo unificato, la effettiva annotazione è posta dalla norma direttamente a carico del concessionario, il quale recupererà tali spese unitamente al credito principale (art. 234 TUSG) per il quale si procede.
La riscossione coattiva si realizza mediante una sequenza di atti che, pur se autonomamente impugnabili per vizi propri, trovano il loro presupposto nel medesimo atto impositivo, a tal punto che la cassazione della pronuncia di annullamento della pretesa impositiva determina un effetto espansivo cd. esterno ex art. 336, comma 2, c.p.c. nel giudizio di impugnazione del correlato atto di riscossione (nella specie, cartella di pagamento; cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 21801 del 29/08/2019).
In particolare, nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, disciplinato dal d.P.R. n. 602 del 1973, la notificazione della cartella di pagamento costituisce atto preliminare indefettibile per l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione, atteso che la cartella di pagamento, a mente dell’art. 25 del d.P.R. citato, assolve uno actu le funzioni svolte nella espropriazione forzata codicistica, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica (Sez. 3, Sentenza n. 3021 del 08/02/2018). Precisamente, nel sistema della riscossione a mezzo ruolo la cartella di pagamento si risolve, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, nell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo (da ultimo, Cass. 27/11/2015, n. 24235; in precedenza, Cass., 04/05/2012, n. 6721). La notificazione della cartella configura, poi, attività prodromica necessaria al pignoramento eseguito (in una delle varie modalità stabilite dalla legislazione speciale) dall’agente della riscossione: in tal senso, univocamente depone il disposto dell’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, laddove prevede che «il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento».
La cartella di pagamento costituisce, dunque, atto preliminare indefettibile solo di una delle due possibili declinazioni dell’azione esecutiva: condiziona cioè esclusivamente l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione. Dal punto di vista teleologico, la necessità della prodromica intimazione risponde ad una duplice ratio: per un verso, offrire all’intimato debitore la possibilità dell’adempimento spontaneo dell’obbligazione nascente dal titolo, evitando così gli effetti limitativi della disponibilità dei beni correlati al minacciato pignoramento; per altro verso, consentire (ed anzi provocare) l’esperimento, in via preventiva rispetto all’espropriazione, dei rimedi oppositivi (ex art. 615 o 617 c.p.c.), al fine (anche) di ottenere provvedimenti – di natura cautelare – aventi contenuto lato sensu inibitorio dell’effettuazione del pignoramento, impedendo quindi, per altra strada, l’apposizione del relativo vincolo. Tant’è che il giudice adito con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso l’atto di pignoramento può pronunciare la nullità dell’atto consequenziale solo se la notificazione della cartella di pagamento o dell’intimazione ad adempiere sia stata totalmente omessa ovvero sia giuridicamente inesistente, mentre laddove la notificazione della cartella di pagamento sia solo nulla deve procedere a verificare l’eventuale ricorrenza della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, come avviene per la nullità della notificazione del titolo esecutivo e/o del precetto (Sez. 3, Sentenza n. 24235 del 27/11/2015).
1.3. Tuttavia, come reso palese dall’inequivoco tenore dell’art. 158 del dPR n. 115 del 2002, il contributo unificato nel processo civile ed amministrativo è prenotato a debito (se a suo carico) solo nel processo “in cui è parte l’amministrazione pubblica”. E la definizione di quest’ultima, quale soggetto ammesso alla prenotazione a debito, è ricavabile in via esclusiva dall’art. 3, lett. q), dello stesso dPR, a mente del quale, come visto nell’esordio, “amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico; […]”.
Orbene, il concessionario per la riscossione non può essere equiparato all’amministrazione dello Stato (a differenza, ad esempio, dell’Agenzia delle Entrate nell’attività di riscossione delle entrate, appunto, statali), atteso che per l’inquadramento tra le altre amministrazioni pubbliche ammesse alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico occorre un previo intervento legislativo (al pari di quanto è accaduto per le Agenzie fiscali con d.l. n. 16/2012, conv. in l. n. 44/2012), nel caso di specie mancante.
Depone nello stesso senso l’art. 11 del dPR n. 115/2002 (intitolato “Prenotazione a debito del contributo unificato”), a mente del quale “Il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti dell’amministrazione pubblica ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di altre imposte e spese a suo carico, nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e, nell’ipotesi di cui all’articolo 12, comma 2, nei confronti della parte obbligata al risarcimento del danno.” (la sottolineatura è dello scrivente). E’ in quest’ottica che la circolare n. 1/DF del Ministero delle Finanze del 21.9.2011, al punto 7, ha previsto che, in base all’art. 3, co. 1, lett. q), T.U.S.G., “Sono Amministrazioni dello Stato i Ministeri centrali e i loro Uffici periferici; agli stessi sono equiparati le Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Territorio) di cui al D.Lgs. n. 300/1999, cui è demandata la gestione di tributi erariali”.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, pur dovendosi operare una distinzione, sul piano oggettivo, tra la procedura esecutiva attivata per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo ed il procedimento di riscossione coattiva, non può prescindersi, sul piano soggettivo, dalla necessità che si sia al cospetto di un’amministrazione dello Stato o di altra amministrazione pubblica ammesse da norme di legge alla prenotazione a debito.
Nel solco di tale impostazione, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8958 del 29/03/2019 ha di recente affermato, sia pure in tema di raddoppio del contributo unificato, che l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui prevede, nell’ipotesi di integrale infondatezza o inammissibilità dell’impugnazione, che la parte che l’ha proposta sia tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, si applica anche al concessionario per la riscossione nei procedimenti in tema di contributi previdenziali, poiché l’esonero previsto dall’art. 48 del d.P.R. n. 602 del 1973 è dettato con specifico riferimento al recupero delle tasse e dei diritti per atti giudiziari nei procedimenti di riscossione coattiva delle imposte sul reddito e non introduce una deroga di carattere generale in favore del concessionario alla disciplina in tema di contributo unificato.
1.4. Né si perverrebbe ad una conclusione difforme evidenziando che, qualora il debitore abbia impugnato la cartella di pagamento, emessa dall’Agente della riscossione, per motivi che attengono a vizi della cartella medesima, compreso il vizio di motivazione, l’impugnazione deve essere rivolta nei confronti dell’Agente della riscossione, il quale, ove assuma che il vizio sia imputabile all’ente impositore, può estendere il giudizio a quest’ultimo.
Invero, nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite nei confronti dell’agente della riscossione, né – di per sé sola considerata – di loro compensazione, la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere al creditore interessato, restando peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere all’ente impositore la manleva dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di condannare al loro pagamento il solo ente creditore interessato o impositore, quando questo è presente in giudizio, compensandole nei rapporti tra il debitore vittorioso e l’agente della riscossione, purché sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3105 del 06/02/2017; conf. Sez. 3, Sentenza n. 15390 del 13/06/2018).
Anche qualora il contribuente impugni una cartella esattoriale emessa dall’agente della riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, potendo in siffatta evenienza egli agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, non è configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo, soprattutto, rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore (Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017).
2. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.
La mancanza di precedente specifici di questa Corte sulla questione esaminata giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio. Ricorrono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto da Equitalia Sud s.p.a. e compensa per intero le spese del giudizio.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02.
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