CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 gennaio 2019, n. 2564
Tributi – Cartella di pagamento – Notifica da parte del concessionario mediante raccomandata postale con avviso di ricevimento – Validità
Fatti di causa
La I. s.p.a. in liquidazione ha impugnato la sentenza n. 3189/2014, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 16.06.2014, con la quale, in riforma della decisione assunta dal giudice di primo grado, era rigettato il ricorso introduttivo della contribuente avverso la cartella esattoriale con la quale Equitalia Nord s.p.a. chiedeva il pagamento della somma di € 155.741,82.
Ha riferito che, ricevuta la notifica della cartella di pagamento per contributi dovuti alla Stazione Sperimentale Essenza Derivati ed Agrumi per gli anni d’imposta 2007 e 2008, proponeva opposizione dolendosi della inesistenza della notificazione della cartella di pagamento, del difetto di sottoscrizione dell’iscrizione a ruolo, del difetto di motivazione della cartella, della inesistenza della pretesa tributaria.
All’esito del giudizio la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 302/2012 accoglieva il ricorso della società sull’assunto della inesistenza della notificazione. Il concessionario adiva la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con la pronuncia ora impugnata accoglieva l’appello.
La contribuente censura la decisione con tre motivi:
con il primo per violazione e falsa applicazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, 148 e 149 c.p.c., 14 I. n. 890 del 1982, tutti in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente ritenuto legittima ed efficace la notificazione della cartella eseguita senza l’intermediazione di un agente notificatore abilitato e senza la redazione della relata di notifica;
con il secondo motivo per violazione e falsa applicazione degli artt. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente affermato il difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione in ordine ai motivi di ricorso riferibili al difetto di sottoscrizione del ruolo, al difetto di motivazione della cartella e alla inesistenza totale della pretesa tributaria;
con il terzo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per mancata motivazione della decisione assunta sulla regolamentazione delle spese.
Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza con ogni consequenziale decisione.
Si è costituita Equitalia Nord s.p.a., contestando gli avversi motivi di ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.
All’udienza pubblica del 12 dicembre 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti hanno concluso. La causa è stata trattenuta in decisione.
Ragioni della decisione
Il primo motivo è infondato.
Con esso la società sostiene l’erroneità della decisione assunta dal giudice regionale in ordine alla validità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo del servizio postale, senza la formazione della relata di notifica. Nel lungo motivo si sofferma sulle esigenze di garanzia della notificazione eseguita a mezzo di un agente notificatore e con redazione della relata, e ciò nella consapevolezza del diverso orientamento già espresso da questa Corte.
In realtà, affrontando la questione già pervenuta all’attenzione del giudice di legittimità in numerose altre occasioni, ora riproposta dalla difesa della società, questa Corte ha già ripetutamente affermato che la notificazione della cartella di pagamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, ed in detta ipotesi la stessa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di una attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. (ex multis, da ultimo Cass., ord. n. 4275/2018; 27561/2018). Ciò in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati (cfr. sent. n. 6395/2014).
Questo orientamento interpretativo è condiviso da questo Collegio, che intende darne continuità, sicché nel caso di specie la notifica della cartella si è validamente compiuta e il motivo di ricorso va pertanto rigettato.
Il secondo motivo è invece inammissibile.
Con esso la contribuente si duole della decisione nella parte in cui ha ritenuto che Equitalia poteva essere chiamata in giudizio per i soli vizi propri della cartella, mentre non aveva legittimazione passiva per le questioni inerenti la mancata sottoscrizione del ruolo, la mancata motivazione e la mancata debenza del tributo, vizi per i quali, afferma il giudice regionale, la contribuente doveva chiamare in giudizio l’ente impositore e non il concessionario.
È pur vero che alla luce del chiaro dettato normativo dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, nel processo tributario, il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario piuttosto che nel titolare del credito tributario il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (cfr. Cass., ord. n. 21220/2012; Sez. U, sent. n. 16412/2007; inoltre, ex multis, Cass., 10528/2017; 22729/2016; 97/2015). Da tanto discende che la legittimazione passiva, ancorché per vizi degli atti prodromici alla cartella, andava individuata anche nel concessionario, libero di chiamare in causa l’ente creditore. E tuttavia nel caso di specie era preliminare che la società contribuente, lamentando le carenze formali e sostanziali della pretesa impositiva e degli atti prodromici alla cartella nonché della cartella medesima, doveva dimostrare che quelle eccezioni e quelle censure fossero state tempestivamente sollevate con l’atto di impugnazione cui ha dato origine il presente contenzioso. Infatti a fronte di un espresso riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, alla circostanza che il concessionario avesse lamentato che alcune eccezioni erano state sollevate dalla società per la prima volta in sede d’appello, era d’obbligo che l’odierno ricorrente indicasse in quale parte del ricorso introduttivo quei vizi dell’attività impositiva fossero stati portati all’attenzione del giudice di prime cure, trovando peraltro applicazione il principio secondo cui l’omessa pronuncia, qualora abbia ad oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto alla proposizione di una tale domanda non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito (cfr. da ultimo Cass., ord. n. 22784/2018; vedi inoltre 24445/2010; 12412/2006). Ne discende l’inammissibilità del secondo motivo.
È infine infondato il terzo motivo, con cui si lamenta la mancata motivazione della regolamentazione delle spese processuali, poiché il giudice regionale ha correttamente ricondotto alla soccombenza della società nel giudizio d’appello la condanna alle spese di causa.
In conclusione il ricorso va interamente rigettato e all’esito del giudizio segue la condanna della I. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la I. spa al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
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