CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 gennaio 2019, n. 2846
Tributi – Agevolazioni tributarie – Province colpite dagli eventi sismici – Istanza di rimborso – Contenzioso tributario
Fatti di causa
Con la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente P. G. avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90% delle imposte Irpef ed Ilor, versate negli anni 1990-1991 e 1992, richiesto dallo stesso contribuente, residente in una delle province colpite dagli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2003.
I giudici di appello, in particolare, disattendendo tutte le eccezioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate, ritenevano dovuto il rimborso, rilevando che la istanza di restituzione era stata tempestivamente presentata.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con tre motivi l’Agenzia delle Entrate, cui resiste il contribuente con controricorso.
A seguito di proposta di decisione formulata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. e di fissazione per la discussione in camera di consiglio, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.l. cod. proc. civ. con la quale ha chiesto la rimessione della causa alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ. o, in subordine, la trattazione del ricorso in pubblica udienza, in ragione dello ius superveniens di cui all’art. 16-oct/es, comma 1, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91 che ha modificato l’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Con ordinanza interlocutoria depositata il 10/4/2018, non ritenendo sussistenti i presupposti per la definizione della controversia a norma dell’art. 375 cod. proc. civ., la Sezione Sesta Civile Tributaria di questa Corte ha rimesso la causa a questa Sezione.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, la difesa erariale denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, comma 17, legge 289 del 2002, 11 e 14 delle preleggi, 3, comma 1, I. 212/2000, 3, comma 3, d.lgs. 472/1997 e 2033 cod. civ., assumendo che la sentenza impugnata è censurabile nella parte in cui ha erroneamente ritenuto sussistenti le condizioni per la concessione del rimborso in favore del contribuente.
Sostiene che la Commissione regionale ha aderito in modo acritico all’orientamento di questa Corte, enunciato con la sentenza n. 20641 del 2007, in ordine all’applicabilità dell’agevolazione prevista dalla legge n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, anche ai contribuenti che all’entrata in vigore di tale disposizione di favore avevano già integralmente versato le imposte relative agli anni 1990-1991 e 1992.
Osserva che la disposizione normativa in esame, per la parte che qui rileva, stabilisce che la riduzione del carico fiscale è disposta esclusivamente per le imposte non versate per effetto della sospensione di legge ed ancora dovute e che tale lettura della norma è del tutto coerente con la ratio delle disposizioni in materia di condono fiscale, che consentono di definire i rapporti tributari ancora pendenti, accordando uno “sconto” di imposta, e con il principio di definitività dei pagamenti legittimamente ricevuti dal fisco, i quali esauriscono il rapporto tributario, escludendo, di conseguenza, la ripetizione di pagamenti che, al momento della loro effettuazione, erano pacificamente dovuti.
La volontà del legislatore di non incidere sui pagamenti di imposta già effettuati, ad avviso della ricorrente, troverebbe conferma sia nell’art. 3- quater, comma 2, legge n. 17 del 2007, di conversione del d.l. n. 300/2006, il quale, nel differire i termini di cui all’art. 9, comma 17, legge 289/2002, aveva ribadito che il beneficio de quo si applicava solo all’ammontare dovuto, con ciò escludendo i pagamenti già effettuati, sia nell’art. 1, comma 665, della legge n. 190/2014.
Evidenzia, pure, che la ragione che ha indotto questa Corte con la sentenza n. 20641 del 2007 ad accogliere la domanda di rimborso, ossia l’esigenza di evitare una ingiustificata disparità di trattamento in danno del “contribuente più diligentemente osservante della legge”, è del tutto infondata, se si considera che la Corte Costituzionale si è pronunciata nel senso della compatibilità con il principio di eguaglianza di discipline differenziate in ragione dell’intervenuto pagamento, o meno, di contributi (ordinanze n. 303 del 30 luglio 1997 e n. 143 del 22 aprile 1999, sentenza n. 178 del 8/6/2000) o di imposte (sentenza n. 32 del 1976 e n. 33 del 26 febbraio 1981, ordinanza n. 539 del 17 dicembre 1987); che nella sentenza n. 416 del 2000 la Corte Costituzionale aveva, inoltre, affermato la coessenzialità dell’incentivazione dei pagamenti non ancora effettuati alla tecnica del condono (previdenziale o fiscale).
2. La censura è infondata.
2.1. Le argomentazioni difensive esposte dalla Agenzia delle Entrate con il motivo in esame sono del tutto identiche a quelle già esaminate da questa Corte nella sentenza n. 20641 del 2007 e, successivamente, ribadite nella sentenza n. 11247 del 2010, concernente fattispecie in cui si discuteva di contributi previdenziali dovuti dai soggetti colpiti dall’alluvione della città di Alessandria nel novembre 1994, e nella sentenza n. 3832 del 2012, pronunciata con riferimento ai soggetti colpiti dall’alluvione del Piemonte del 1994, nelle quali si è chiaramente enunciato il principio secondo cui la definizione automatica della posizione fiscale prevista dalle disposizioni di favore emanate per i soggetti colpiti da particolari calamità naturali << può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post” >> (Cass. 20641 del 1/10/2007) << in coerenza con l’interpretazione costituzionalmente orientata della legge e, in particolare, con i principi di ragionevolezza e di eguaglianza da ritenere tanto più accentuati in quanto riferiti a vittime di calamità naturali>> (Cass. n. 3832 del 9/3/2012).
2.2. Va, peraltro, evidenziato che la Corte Costituzionale, proprio con la sentenza n. 416/2000 citata dalla ricorrente, ha affrontato la questione della violazione del principio di eguaglianza in danno del contribuente che abbia diligentemente assolto la propria obbligazione; in tale pronuncia, come già evidenziato da questa Corte con la sentenza n. 18205 del 16/9/2016, il Giudice delle leggi ha differenziato la disciplina del condono – che essendo caratterizzata dalla < incentivazione dei pagamenti non ancora effettuati> e non escludendo la “causa debendi” dei pagamenti anteriormente effettuati, non interferisce con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. – dalle altre disposizioni di favore – nel cui ambito si ascrive quella in esame – che sono estranee alla tecnica ed alle finalità del condono e che non rispondono < ad esigenze della finanza pubblica > (così in Corte Cost., sent. n. 416/2000 citata), ma piuttosto mirano a < realizzare un’uniformità di regolamentazione> di una disciplina sostanziale (come la Corte Costituzionale ha ritenuto con riferimento alle agevolazioni per la prima casa, nel caso scrutinato nella sentenza citata), oppure a prevedere misure di sostegno in favore di soggetti particolarmente bisognosi, come quelli danneggiati da calamità naturali (in tal senso Cass. n. 11247 del 10/5/2010).
Tali considerazioni, già espresse da questa Corte, rendono dunque inidonee le argomentazioni svolte dalla difesa erariale a scalfire l’orientamento adottato nelle sentenze nn. 20641 del 2007, 11247/10, 3832 del 2012, sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata.
3. Con il secondo motivo di ricorso, la Agenzia delle Entrate deduce violazione dell’art. 9, comma 17, legge n. 289/2002 e dell’art. 1, comma 665, della I. 190/2014, nonché degli artt. 12 e 14 delle preleggi e 112 cod. proc. civ., sostenendo che la Commissione regionale ha parimenti errato laddove ha riconosciuto il diritto al rimborso in favore del contribuente, nonostante lo stesso non avesse direttamente versato l’imposta della quale chiedeva la restituzione, avendo assolto i propri obblighi tributari tramite il datore di lavoro-sostituto d’imposta, spettando soltanto a quest’ultimo, in via esclusiva, il rimborso, come si desume sia dal riferimento testuale nella norma alle imposte << versate>>, sia dalla ratio dell’intervento legislativo che deve essere interpretata in ragione del canone interpretativo di cui all’art. 12 delle Preleggi, in forza del quale alla norma << non si può attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole> >.
4. Il motivo è infondato e non va accolto.
4.1. Il riferimento testuale alle imposte “versate” non può assumere il significato che intende attribuirgli l’amministrazione, non rinvenendosi in tale materia ragione alcuna per derogare al principio fissato dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, in forza del quale, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. sostituito) (Cass. 14/7/2016, n. 14406; n. 16105 del 29/7/2015; n. 17472 del 14/7/2017; n. 29287 del 6/12/2017), rimanendo quest’ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di cui si discute.
4.2. Va, pertanto, ribadito il principio che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e non versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta, ciò corrispondendo all’unitarietà del rapporto sostanziale presupposto dalla sostituzione d’imposta.
4.3. Tale principio, d’altro canto, ha trovato ulteriore riscontro nell’art. 16-octies, comma 1, lett. b) della legge n. 123 del 2017, di conversione con modifiche del d.l. n. 91 del 2017, che ha modificato l’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, essendo stato espressamente specificato che << tra i soggetti colpiti dal sisma del 13 e del 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa…, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni >> e che << hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa…. al rimborso di quanto indebitamente versato>>, sono compresi i titolari di reddito di lavoro dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite.
5. Con il terzo motivo di ricorso, la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, legge n. 289/2002, dell’art. 21, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 1, comma 665, della legge 190/2014 e degli artt. 12 e 14 delle Preleggi e 112 cod. proc. civ.
Assume che la sentenza impugnata risulterebbe errata per avere i giudici di appello ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso, sulla base di una non corretta individuazione del dies a quo del termine di presentazione della domanda, pacificamente avvenuta in data 17/12/2007, dovendo al contrario trovare applicazione, nella fattispecie in esame, la disciplina speciale di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546/1992, concernente le ipotesi in cui il diritto alla restituzione, non ipotizzabile in precedenza, sia sorto in data posteriore a quella del pagamento dell’imposta.
5.1. Anche il terzo motivo non può essere accolto.
5.2. La questione posta dall’Agenzia delle Entrate è quella di stabilire se le disposizioni introdotte fra il 2006 ed il 2008 – art. 3 quater d.l. n. 300 del 2006, conv. con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge n. 17/2007 ed art. 36- bis d.l. n. 248/2007, convertito nella I. n. 31/2008 – abbiano inteso differire la possibilità di definizione a suo tempo prevista dal comma 17 dell’art. 9 della legge n. 289/2002, senza incidere sulla posizione dei soggetti che avevano adempiuto le obbligazioni tributarie relative ai medesimi anni, oppure se dette disposizioni possano applicarsi anche ai contribuenti che avevano invece versato i tributi per gli anni contemplati dal comma 17 dell’art. 9 citato, in modo da consentire loro di ottenere il rimborso di quanto corrisposto a partire dall’entrata in vigore delle stesse e secondo le modalità già previste dalla giurisprudenza di questa Corte nel vigore del comma 17 dell’art. 9 I. n. 289/2002.
5.3. La questione, che era stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, è stata risolta per il tramite di una norma di interpretazione autentica.
Infatti, la legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità del 2015, vigente dal 1/1/2015) ha stabilito che “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e del 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1993 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248…”
5.4. Poiché nel caso di specie non risulta dagli atti che il contribuente fosse esercente attività d’impresa e considerato che è indiscusso che la istanza di rimborso è stata formulata in data 17/12/2007, risulta evidente che detta richiesta è tempestiva, dovendo il termine biennale per la presentazione dell’istanza farsi decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28/2/2008, n. 31, di conversione del d.l. 31/12/2007, n. 248, come individuato dalla normativa di interpretazione autentica.
6. La ricorrente, con la memoria ex art. 380-bis 1. cod. proc. civ., nel sottolineare che successivamente alla decisione impugnata è stato introdotto l’art. 16-octies, comma 1, del d.l. 20/6/2017, n. 91 che ha modificato l’art. 1, comma 665, della legge n. 190/14, ha insistito nella richiesta di rimessione della causa alle Sezioni Unite assumendo che la norma sopravvenuta ha indubblia influenza sui giudizi pendenti in tema di rimborso d’eccedenza, ai sensi dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002.
6.1. Ritiene questo Collegio che non siano ravvisabili motivi che giustifichino la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
6.2. Come già chiarito da questa Corte con ordinanza n. 29906 del 13/12/2017, dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi, la novella introdotta dalla legge n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati << nei limiti della spesa autorizzata dal presente comma >> (primo periodo del comma 665 modificato dalla lettera a) del citato art. 16-octies, comma 1), ovvero nei limiti dei suddetti 90 milioni di euro complessivi per il triennio 2015-2017, stabilendo che << in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute >> e che << a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi >> (quinto periodo del comma 665 come introdotto dalla lettera b) del citato art. 16-octies, comma 1), demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un provvedimento che stabilisca << le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma >>.
6.3. Lo ius superveniens invocato non incide sulla questione in esame, riguardante esclusivamente il diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, quale è il controricorrente, in quanto eventuali questioni che dovessero insorgere in ordine ai limiti delle risorse stanziate ed ai conseguenziali provvedimenti liquidatori attengono soltanto alla fase esecutiva e/o di ottemperanza.
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti in ragione della incidenza sulla presente decisione di orientamenti giurisprudenziali sopravvenuti al ricorso.
Considerato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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