Corte di Cassazione sentenza n. 10274 depositata il 31 marzo 2022
Contenzioso tributario – valutazioni prove non legali – violazione di legge
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo rigettava l’appello proposto da Abruzzo Vini srl avverso la sentenza n. 185/1/14 d2lla Commissione tributaria provinciale di Pescara che ne aveva re ;pinto il ricorso contro l’avviso di pagamento A/25320 per accise su prodotti alcolici.
La CTR osservava in particolare che, trattandosi di cessioni infracomunitarie di prodotti alcolici soq 1etti ad accisa, in regime di sospensione d’imposta, non avendo la società contribuente assolto all’onere di provare l’effettiva ricezione dei prodotti ceduti all’acquirente Full Solution Ltd di Manchester (UK) e quindi il pagamento delle accise da parte di quest’ultimo, doveva considerarsi obbligata al pagamento dell’imposta quale titolare del deposito fiscale e garante dell’obbligazione medesima.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -ex art. 36C, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 24, Cast., 1, legge 212/2000, 2697, cod. civ., poiché la CTR le ha impedito di assolvere al proprio onere probatorio, valorizzando prove che non potevano essere acquisite se non dall’agenzia fiscale controricorrente.
La censura è inammissibile per più ragioni.
Va ribadito che:
-«La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 n.4) c.p.c., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio» (Cass. , n. 20910/2017);
-«La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisurn” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere, di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelli1Jioile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate» (Cass., n. 17125/2017);
-«In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis Cass., n. 26110 del 2015);
-«Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 07/04/2017).
Orbene, la censura collide con tutti gli arresti giurisprudenziali citati, per un verso, non individuando con la necessaria precisione la parte del decisum oggetto della critica -vincolata– secondo il parametro normativo prescelto, per altro verso, utilizzando il medesimo al di fuori del perimetro applicativo configurato in astratto e concretizzato nella giurisprudenza consolidata di questa Corte espressa nel secondo e nel terzo arresto giurisprudenziale.
In buona sostanza, oltre la genericità del mezzo, comunque causa della sua inammissibilità, lo stesso risulta all’evidenza mirato ad una revisione del giudizio di merito del giudice tributario di appello, il che è pacificamente non consentito in questa sede.
Con il secondo motivo -ex art. 350, primo comma, nn. 3-5, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 4 dm 210/1996, 115, cod. proc. civ. e denuncia vizio motivazionale, poiché la CTR non ha valutato correttamente le prove della consegna in territorio britannico delle merci de quibus che aveva allegato.
La censura è inammissibile per varie ragioni.
Oltre che i principi di diritto sopra citati, deve altresì rilevarsi che questa Corte ha statuito anche che:
-«Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’an:. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale, che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante» (Cass., n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01);
-«In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione» (Cass., n. 27000 del 27/12/2016, Rv. 642299 – 01).
Quindi, anzitutto, comunque escluso che possa ravvisarsi un vizio di attività derivante dall’attività valutativa del materiale probatorio da parte del giudice tributario di appello, l’esame della denuncia per vizio motivazionale è precluso dalla “doppia conforme” ex art. 348 ter, cod. proc. civ.
Per il resto valgono le considerazioni dedicate al primo motivo, essendo piuttosto evidente che anche con questo secondo motivo la ricorrente mira, del tutto inammissibilmente, ad un riesame delle valutazioni meritali operate dalla CTR abruzzese.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquica in euro 13.000 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater ciel d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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