Corte di Cassazione, sentenza n. 1296 depositata il 19 gennaio 2018
ricorso – motivi assorbiti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. a seguito di una verifica generale riferita alle annualità dal 1999 al 2001 nei confronti della ditta individuale S. di M.P. e a conseguenti processi verbali di constatazione del 30.5.2001 e 17.4.2002 della Guardia di Finanza di Bari, l’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente M.P., in data 25.11.2005, due avvisi di accertamento, uno relativo all’anno 1999 e l’altro all’anno 2000, nei quali accertava una maggiore imposta ai fini irpef, iva e irap, oltre sanzioni, per il complessivo importo di euro 097.537,89;
2. il contribuente impugnava entrambi gli avvisi di accertamento davanti alla CTP di Bari deducendo a) nullità degli stessi per mancata allegazione del processo verbale, b) la violazione dell’art 12 della legge 212 del 2000 per essersi protratta la presenza dei verificatori nei locali dell’impresa per oltre trenta giorni, c) la superficialità dei fatti contestati, d) l’insussistenza dei presupposti per l’accertamento induttivo, e) la preclusione dell’attività accertativa, atteso che i rilievi di cui al pvc del 30.5.2001, direttamente collegato con il successivo del 17.4.2002, erano stati definiti ai sensi dell’art. 15 legge n. 289 del 2002, con versamento di euro 3.000 in data 15.5.2003, f) la violazione dell’obbligo di motivazione degli avvisi;
3. la CTP di Bari, con sentenza n. 53/13/07 depositata il 29.3.2007, accoglieva i ricorsi riuniti per mancanza di prova nella ricostruzione del maggior reddito accertato;
4. proponeva appello contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate deducendo difetto di motivazione della sentenza, insussistenza di alcuna nullità per la asserita violazione dell’art. 12 legge 212 del 2000 e fondatezza e validità dei riscontri derivanti dai movimenti bancari,
5. il contribuente, con controricorso depositato in data 3.7.2008, chiedeva il rigetto del gravame; con memoria aggiuntiva depositata il 5.12.2008 riproponeva le eccezioni agli avvisi di accertamento già proposti nel ricorso, e non esaminati dalla CTP perché ritenuti assorbiti dall’accoglimento del merito, riguardanti la preclusione all’emissione degli avvisi per essere la questione stata definita ai sensi dell’art. 15 legge 289 del 2002 e l’insussistenza dei presupposti per l’accertamento induttivo;
6. con sentenza n. 13/11/09, depositata il 13.2.2009, la CTR della Puglia, ritenute ammissibili le ultime due controdeduzioni sopra richiamate, contenute nella memoria del contribuente del 12.2008, anche senza che le stesse fossero state proposte con appello incidentale, e ritenuta fondata quella relativa alla preclusione dell’emissione degli avvisi di accertamento per intervenuta definizione della lite potenziale ai sensi dell’art. 15 legge 289 del 2002, rigettava l’appello;
7. contro tale sentenza ricorre in cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi,
8. resiste il contribuente con controricorso e con ricorso incidentale sulla base di tre motivi
9. in data 8.2017 il contribuente ha depositato ulteriore memoria
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione degli artt. 53, 54 e 23 d. Ivo 546 del 1992, in relazione all’art. 360 4) c.p.c., per non avere la CTR riconosciuto la tardività della censura relativa alla preclusione dell’emissione degli avvisi per definizione della lite, in quanto la stessa non era stata proposta nel controricorso, ma solo con memoria del dicembre 2008, mentre il contribuente avrebbe dovuto articolare fin dal controricorso, entro il termine di sessanta giorni previsto per la costituzione in giudizio e la proposizione delle difese, in maniera chiara ed espressa le proprie eccezioni e questioni, anche quelle ritenute assorbite dalla sentenza di primo grado.
1.2 Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione dell’art. 15 della legge n. 289 del 2002 ed omessa o comunque insufficiente motivazione in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.
2. Il primo motivo è fondato.
2.1 Va disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità dello stesso per difetto di autosufficienza, atteso che il suo contenuto è pienamente comprensibile fin dalla prima lettura e fornisce gli elementi essenziali per cogliere immediatamente la questione in esso sollevata.
2.2 In secondo luogo, va disattesa anche l’eccezione proposta nella memoria depositata il 8.2017, in cui il contribuente eccepisce anche la formazione del giudicato interno sul motivo di ricorso relativo alla preclusione del potere impositivo per intervenuta definizione della lite ex art 15 legge 289 del 2002, per non avere l’agenzia proposto alcuna controdeduzione a tale motivo sia in primo grado che in sede di appello, per quanto la stessa fosse risultata soccombente sebbene su motivo diverso, e per avere quindi prestato acquiescenza allo stesso.
L’eccezione è infondata perché, qualora un motivo di ricorso non sia stato trattato dalla CTP in quanto ritenuto assorbito da quello accolto, sul soccombente non grava l’onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, ma è sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento. Come è stato messo in luce da questa Corte, l’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento, come il corrispondente art. 346 c.p.c., all’appellato e non all’appellante (Sez. V, n. 7702 del 2013). Nella specie, avendo l’ufficio impugnato la sentenza della CTP sulla questione ritenuta, da essa, assorbente quella su cui, invece, la CTR ha incentrato la propria decisione, nessun giudicato interno si è formato su quest’ultima, a prescindere anche dal fatto che, in base alle considerazioni sopra esposte, deve ritenersi che la questione non sia stata ritualmente dedotta nel giudizio di appello.
2.3 Sul contenuto del motìvo, non è qui in discussione il fatto che sia possibile per l’appellato sottoporre alla CTR i motivi ritenuti assorbiti dalla sentenza della CTP, a lui favorevole, con controricorso – come in effetti è avvenuto – anziché con ricorso incidentale. In questo senso si esprime la giurisprudenza anche più recente che ha analizzato specificamente il problema (Sez. I, n. 5689 del 2017; sez. L, n. 24124 del 2016). Il tema, piuttosto, consiste nello stabilire se tali motivi vadano esposti compiutamente nel termine di costituzione oppure se, come avvenuto nella specie, il controricorrente possa costituirsi con un atto dal contenuto generico, e riservare lo sviluppo dei motivi ad una apposita memoria, depositata al di là del termine per la costituzione.
Nella specie, infatti, per stessa affermazione del contribuente, questi, nei termini di costituzione, aveva depositato un atto in cui si limitava a riportarsi espressamente a tutte le eccezioni dei ricorsi precedenti riuniti.
Al riguardo, non può che ribadirsi, in linea con la giurisprudenza consolidata anche recente (Sez. 5, n. 26830 del 2014, Sez. 5, n. 17950 del 2012), che questa Corte ha, per vero, già avuto modo di affermare (cfr. Cass. 17950/2012) – ed a tale indirizzo di intende dare continuità in questa sede – che nel processo tributario la volontà dell’appellato, che sia risultato totalmente vincitore in prime cure, di riproporre le questioni assorbite, pur non occorrendo a tal fine alcuna impugnazione incidentale, deve essere espressa, non solo in modo “specifico” come richiede il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, ma anche tempestivamente, ossia – a pena di decadenza – nell’atto di controdeduzioni da depositare nel termine previsto per la costituzione in giudizio. Sicché tale volontà di riproposizione non può essere manifestata in un atto successivo. In senso conforme anche Sez. 6-5, ord. n. 12937 del 2016. Per “specifico”, in particolare, la giurisprudenza sopra citata intende che la riproposizione degli argomenti non può limitarsi ad un mero richiamo al ricorso introduttivo.
3. Il primo motivo di ricorso è, dunque, fondato, con assorbimento del secondo motivo.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale il contribuente deduce violazione dell’art. 39 comma 1 dpr 600 del 1973 in relazione all’art. 360 3) c.p.c. per insussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti a fondamento dell’accertamento
5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale deduce violazione dell’art. 8, comma 6, d.m. 30.12.1993 e dell’art. 12 comma 5 legge 212 del 2000 in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. per non essersi la CTR pronunciata sulla inutilizzabilità degli elementi raccolti in sede di verifica, per essersi i verificatori trattenuti nei locali dell’impresa oltre il termine di trenta giorni.
6. Con il terzo motivo di ricorso incidentale deduce violazione dell’art. 32 dpr 600 del 1973, dell’art. 51 dpr 633 del 1972 e dell’art. 2697 e., in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. per non essersi la CTR pronunciata sulla inidoneità del solo accertamento bancario a fondare l’accertamento.
I motivi sono inammissibili.
Secondo quanto affermato da questa Corte (Sez. V, n. 22095 del 2017),
in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione. Pertanto, esse possono solo essere riproposte nel giudizio di rinvio in caso di accoglimento del ricorso principale (Cass., n. 22501/2006; n. 16016 del 7.7.2010).
Lo stesso principio, in relazione al ricorso incidentale in generale, anche non qualificato come condizionato, si ritrova in Sez. I. n. 4472 del 2016. (Il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello).
Nella specie, pur non essendo formalmente qualificato il ricorso incidentale come condizionato, dal controricorso si evince chiaramente che i motivi di ricorso incidentale sono proposti solo per il caso in cui la sentenza di appello fosse stata riformata nel merito sull’unico motivo da essa deciso, e cioè l’applicazione dell’art. 15 legge 289 del 2002 e la preclusione del potere accertativo a seguito di definizione agevolata.
Peraltro, su tali motivi il controricorrente non è risultato soccombente in appello e questa sentenza ha accolto il motivo di ricorso di carattere processuale, per cui nella specie manca in capo al controricorrente, ricorrente incidentale, il requisito della soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione.
Alla stregua di quanto sopra, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione.
Devono, infine, essere dichiarati inammissibili i motivo di ricorso incidentale.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo.
Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione. Dichiara inammissibili i motivi di ricorso incidentale.
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