CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 17295 depositata il 16 giugno 2023
Lavoro – Gestione commercianti – Recupero di contributi a percentuale eccedenti il minimale – Riduzione per rendimento nozionale del capitale / cosiddetta ACE – Esclusione dalla base imponibile contributiva – Deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato dell’importo corrispondente al rendimento nozionale della variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio – Concorrenza dell’ACE alla formazione del reddito imponibile – Rigetto
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze, a conferma della pronuncia del Tribunale della stessa città, ha accolto l’opposizione proposta da G.B., in qualità di socio amministratore della società “C. S.n.c.” avverso due avvisi di addebito emessi dall’INPS a titolo di recupero di contributi a percentuale eccedenti il minimale per l’iscrizione alla gestione commercianti.
La decisione origina dalla ratio del decreto cd. Salva Italia (art. 1 d.l. n. 201 del 2011) il quale, al fine di rafforzare la struttura delle imprese e del sistema produttivo nazionale, ha previsto vantaggi fiscali in favore delle sole imprese in grado di finanziarsi con capitali propri e non con capitale a debito (riduzione per rendimento nozionale del capitale – cd. ACE).
La Corte territoriale ha valutato che, quanto alla misura del reddito imponibile ai fini contributivi, la predetta riduzione nel caso in esame non dovesse essere computata ai fini contributivi. La considerazione risultava avvalorata, secondo la Corte d’appello, dal dato normativo ricavabile dall’art. 3 bis D.L. n. 384 del 1992, conv. in L. n. 438 del 1992, il quale ha previsto che, a decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui all’art. 1 L. n. 233 del 1990 – ovvero per gli iscritti alla gestione Commercianti INPS – va rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono.
Proprio il riferimento, da parte del legislatore, alla totalità dei redditi denunciati ai fini IRPEF conferma, secondo la pronuncia di merito, che il reddito imponibile ai fini contributivi debba essere calcolato al netto dell’agevolazione (cd. ACE) concessa dalla legge alle imprese che siano in grado di finanziarsi con capitali propri.
La cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base di un motivo unico.
G.B. ha depositato controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 cod. proc. civ., l’Istituto lamenta “Violazione falsa applicazione dell’art. 3-bis della legge n. 438 del 1992, di conv.ne con modif.ni del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384, dell’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dell’art. 8, comma terzo, del decreto ministeriale del 14 marzo 2012, n. 59288”.
La decisione della Corte d’appello sarebbe erronea ove ha ritenuto di interpretare le norme in epigrafe nel senso che le stesse abbiano voluto escludere, dalla base imponibile contributiva, la deduzione per rendimento nozionale del capitale (cd. ACE).
Parte ricorrente sostiene che il riferimento alla totalità dei redditi denunciati a fini fiscali, così come inteso dal MEF nelle disposizioni di attuazione del decreto Salva Italia (art. 1 del d.l. n. 201 del 2011 e D.M. 14.03.2012, art. 8, co.3), andrebbe interpretato nel senso dell’inclusione della quota detratta dal reddito d’impresa nella base reddituale del socio di società beneficiata dalla detrazione. Ai fini della determinazione delle detrazioni spettanti alle società, la norma attuativa ha stabilito che la quota dedotta dal reddito d’impresa concorre alla formazione del reddito complessivo dei soci delle società beneficiarie della riduzione.
Il motivo non merita accoglimento.
L’art. 3-bis cit. dispone che a decorrere dall’anno 1993 l’ammontare del contributo annuo dovuto per gli artigiani e gli esercenti attività commerciale è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono.
Secondo l’oramai consolidata giurisprudenza della Corte, ai fini della determinazione dei contributi dovuti dagli artigiani ed esercenti attività commerciali vanno computati anche i redditi percepiti in qualità di socio di società di persone – secondo l’interpretazione letterale e sistematica, avallata anche dalla Corte Costituzionale (sentenza 7 novembre 2001 n. 354) -, restando invece esclusi i redditi di capitale, come quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa.
L’art. 56 t.u.i.r. dispone che il reddito d’impresa è determinato secondo le disposizioni degli artt. 81 e ss. che individuano i componenti positivi e negativi che concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.
E l’art. 75 dispone che l’imposta si applica sul reddito complessivo netto che risulta in applicazione delle disposizioni degli artt. 81 e ss.
L’art. 1 del d.l. n. 201 del 2011 vigente ratione temporis e rubricato «Aiuto alla crescita economica (ACE)» disponeva che in considerazione della esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, e rafforzare, quindi, la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) t.u.i.r. è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.
In virtù di tale disposizione, dunque, è stato ammesso «in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato», determinato ai sensi dell’articolo 75 del t.u.i.r., l’importo corrispondente al rendimento nozionale della variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.
Posto, dunque, che ai sensi dell’art. 3-bis la base imponibile contributiva è costituita dalla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF e che l’ACE è un onere deducibile che incide sulla quantificazione del reddito d’impresa imponibile, ne consegue che – in base ad un’interpretazione teleologica delle norme appena richiamate – l’ACE finisce per incidere tanto sulla base imponibile fiscale quanto su quella contributiva.
Un’indiretta conferma di tale conclusione si rinviene nel disposto dell’art. 8, comma 3, del decreto ministeriale di attuazione, che espressamente indica a quali specifici fini – diversi dalla determinazione del reddito da assoggettare ad imposta – l’ACE concorra alla formazione del reddito imponibile (individuazione dell’aliquota fiscale e determinazione dell’entità delle detrazioni), senza nulla specificare circa la sua incidenza sull’imponibile contributivo.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della l. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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