CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 17782 depositata il 21 giugno 2023
Lavoro – Dipendente inquadrato nel III livello quadro direttivo – Passaggio a qualifica di dirigente – Responsabilità funzionali e preparazione professionale dirigenziali – Mansioni realmente svolte – Apposita procura dal legale rappresentante della società – Vizio di sussunzione delle mansioni non ravvisabile – Livelli retributivi – Rigetto – vizio di omessa pronuncia – vizio di sussunzione
Rilevato che
1. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda di P.D.Q., dipendente di R.S. s.p.a. con inquadramento nel III livello quadro direttivo, volta ad ottenere il riconoscimento del suo diritto a essere inquadrato, in relazione alle mansioni in concreto svolte (dal 2007 e fino al luglio 2009 responsabile del settore procedure esecutive, cautelari e conservative presso la sede di Caltanissetta, quindi a Marsala ed a Palermo con mansioni di responsabile del settore legale), nella qualifica di dirigente a decorrere da 1.1.2008.
1.1. Il giudice di appello ha ritenuto che la qualifica di appartenenza del lavoratore fosse contraddistinta da elevate responsabilità funzionali e preparazione professionale in ambiti richiedenti particolari specializzazioni (anche con rappresentanza dell’azienda ed esercizio di poteri negoziali verso terzi) e che vi rientrasse chi fosse preposto a rami di attività specialistiche, tra le quali era compreso il settore legale e delle procedure esecutive. Ha evidenziato, invece, che la figura dirigenziale, posta al di sopra, in collocazione apicale si giustificava per la latitudine delle competenze gestionali inerenti il governo di un intero settore dell’ente, con potere di indirizzo e piena autonomia decisionale, con atti di portata generale volti al perseguimento di obiettivi assegnati e con responsabilità nella gestione delle risorse umane e finanziarie attribuite. Ha quindi ritenuto che fosse propria del quadro direttivo l’assegnata preposizione, a Caltanissetta, al settore delle procedure esecutive conservative e cautelari.
A conferma di ciò ha sottolineato che lo stesso titolare della concessione provinciale è inquadrato nella qualifica di quadro direttivo osservando che sarebbe paradossale l’attribuzione della dirigenza ad un suo sottoposto.
1.2. Ha escluso inoltre che avesse diritto all’inquadramento nel quarto livello di quadro direttivo osservando che nel suo curriculum di carriera non risultava che fosse mai stato preposto, come necessario, alla direzione di ambito territoriale con almeno 20 dipendenti e che l’allegazione di aver svolto di fatto tali mansioni per cinque mesi era stata formulata tardivamente solo in appello.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.D.Q. affidato a tre motivi. R.S. s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Ritenuto che
3. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la “Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 5 della legge n. 241/1990 (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. )”. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito avrebbe trascurato di pronunciare su parte della domanda ed in particolare nulla avrebbe detto sulla prospettata mancata osservanza dell’art. 5 della legge n. 241 del 1990. Ad avviso del ricorrente lo Statuto dei Contribuenti impone all’ amministrazione finanziaria ed ai concessionari della riscossione di indicare negli atti il nominativo del responsabile del procedimento e l’art. 5, comma 1, della legge n. 241/90 in particolare prevede che “il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all’unità la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale”, pertanto il soggetto responsabile dell’istruttoria del procedimento e dell’adozione del provvedimento finale deve essere, necessariamente, un lavoratore con qualifica dirigenziale. Deduce che tale questione era stata posta sia in primo grado che in appello, sotto il profilo dell’omessa pronuncia, e che la Corte di appello non aveva preso in considerazione tutte le censure e le deduzioni formulate così incorrendo nella denunciata nullità per omessa pronuncia ex 360 n. 4 c.p.c..
4. La censura è inammissibile.
4.1. Rileva il Collegio che nella fattispecie non è ravvisabile un’omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento della qualifica dirigenziale che è stata compiutamente esaminata dalla Corte di appello la quale, con motivazione che dà compiutamente conto delle ragioni del rigetto delle censure formulate dal ricorrente, ha posto in rilievo le caratteristiche proprie della qualifica dirigenziale rivendicata e quelle del quadro direttivo posseduta. Ne ha individuato i tratti caratterizzanti e distintivi ed ha verificato rispetto alle mansioni svolte quale fosse l’inquadramento corretto. In tale procedimento ha individuato quegli elementi di fatto che nell’esercizio del potere discrezionale suo proprio ha ritenuto fossero qualificanti. Nella sua motivazione non era tenuta a dar conto espressamente di ogni singola allegazione del ricorrente essendo sufficiente ai fini del rispetto dell’art. 132 n. 4 c.p.c. una esposizione, anche concisa degli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, disattesi implicitamente tutti gli argomenti, le tesi ed i rilievi che, seppur non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Perché sia configurabile il vizio di omessa pronuncia è necessario che risulti completamente omesso il provvedimento del Giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto. Esso non ricorre perciò nel caso in cui, seppur manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. Cass. n. 497 del 2006, n. 16788 del 2006, n. 10052 del 2006 e n. 3403 del 2004).
5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2905 c.c., dell’art. 2 della L. 190/1985, dell’art. 3 del CCNL per i dirigenti dipendenti da Equitalia S.p.A., R.S. S.p.A. e società partecipate e dell’art. 82 del CCNL per i quadri direttivi e per il personale della aree professionali (dalla 1° alla 3° ) dipendenti da Equitalia S.p.A., R.S. S.p.A. e società partecipate. Inoltre si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. Il tutto in relazione all’art. 360 primo comma n. 3, c.p.c. .
5.1. Ad avviso del ricorrente la Corte di appello, erroneamente, non avrebbe tenuto conto dell’elevato grado di competenza e di responsabilità, e dell’ampiezza delle funzioni espletate, ed a suo dire non contestate, nonché della circostanza che ad esso ricorrente sarebbe stata conferita un’apposita procura dal legale rappresentante della società.
5.2. Sostiene che l’art. 3 del CCNL per i dirigenti, nel riconoscere la qualifica dirigenziale, non prevede quale requisito la mera qualificazione formale da parte del datore di lavoro, ma connette la prima al ruolo professionale del prestatore di lavoro.
6. La censura non può essere accolta.
6.1. Pur veicolata in termini di violazione di legge con il motivo di ricorso si auspica una diversa interpretazione del materiale probatorio senza che tuttavia sia stato denunciato, pur nei limiti del novellato art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., un vizio di motivazione.
6.2. Peraltro, non è ravvisabile un vizio di sussunzione delle mansioni accertate rispetto alla qualifica rivendicata ed a quella posseduta atteso che la Corte territoriale, seguendo un corretto procedimento di delineazione delle caratteristiche proprie della qualifica posseduta e di quella rivendicata, sulla base del materiale probatorio acquisito, ha individuato i tratti differenziali e quelli caratterizzanti della qualifica dirigenziale e di quella di quadro direttivo e, con valutazione di merito riservatale ha coerentemente ritenuto che i compiti ed i poteri negoziali di rappresentanza attribuiti al D.Q. si sviluppavano all’interno di un raggio circoscritto di competenze e non rifluivano su una gestione generale dell’ente e della sua articolazione periferica e non rivestivano importanza strategica per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. In sostanza non integravano quel ruolo di gestione generale dell’azienda che caratterizza la figura del dirigente la cui qualifica, ha accertato, può essere riconosciuta al titolare di concessione provinciale solo ove risulti accertata la sua preposizione a più ambiti provinciali con assunzione di un ruolo di gestione generale dell’azienda.
7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e l’erronea qualificazione della domanda con riguardo al petitum sostanziale in relazione all’art. 6 della L. n. 190 del 1985 oltre che la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c..
7.1. Ad avviso del ricorrente la Corte di appello avrebbe interpretato le domande “prescindendo dalla reale volontà del signor D.Q.”, risultante dal complessivo contenuto dell’atto e dallo scopo concretamente perseguito. Sostiene il ricorrente che, con riguardo alla richiesta di riconoscimento del IV livello del quadro direttivo, il giudice del gravame avrebbe dovuto verificare la circostanza non contestata che il ricorrente aveva “espletato per ben cinque mesi le funzioni direzionali all’interno della sede societaria di Caltanissetta”, di “Titolare di Concessione < 80”, riconducibili alla categoria di quadro D.Q. livello ex art. 82 del CCNL, sulla base di “copiosa documentazione attestante il delicato ruolo svolto in detta sede, consistente negli atti istruiti e sottoscritti, nell’interesse del datore di lavoro”.
8. La censura è inammissibile.
8.1. In primo luogo non viene censurata l’affermazione del giudice di appello che ha accertato che le circostanze di fatto sopra richiamate erano state allegate tardivamente solo in appello.
8.2. Per il resto il motivo pur denunciando ancora una volta una violazione di legge, sollecita un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto prese in esame dal giudice di appello che le ha ritenute inidonee per poter riconoscere il IV livello retributivo rivendicato. L’art. 74 del c.c.n.l. di categoria nel prevedere l’articolazione in quattro livelli retributivi dispone poi che nel quarto sia inserito “il dipendente che venga preposto alla direzione di un ambito territoriale provinciale cui siano stabilmente addetti almeno 20 dipendenti compreso il preposto; il dipendente che venga preposto dal Concessionario alla direzione di uno sportello cui viene addetti almeno 25 dipendenti compreso il preposto; i preposti ai seguenti rami di attività specialistiche (presso la Direzione generale/centrale ovvero sportelli o strutture periferiche) cui siano addetti almeno 25 dipendenti compreso il preposto: legale, analisi e pianificazione organizzativa, contabilità e bilancio, risorse umane, procedure esecutive, fiscalità locale”.
Come ritenuto da questa Corte nell’esaminare proprio la normativa collettiva applicabile al caso in esame (cfr. Cass. nn. 28288 e 28290 del 2022) si tratta di elencazione esaustiva che non consente la creazione in via interpretativa di livelli retributivi ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti e che richiede al giudice di procedere, come nella specie ha fatto, ad un’attenta ricostruzione fattuale dei compiti svolti e dell’ambito di responsabilità assegnato per potere riconoscere un livello retributivo diverso.
9. In conclusione per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in € 4.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie, oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
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