CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 17825 depositata il 21 giugno 2023
Rapporto di lavoro nautico – Società regionali esercenti servizi marittimi e commerciali – Rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Inserimento nel personale stabile – Iscrizione al turno particolare – Mancata presentazione – Disponibilità retribuita – Ripristino della continuità giuridica – Rigetto del ricorso
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che in accoglimento dei ricorsi proposti da M.I. e A.S. di C. aveva condannato la società C. s.p.a. al pagamento delle retribuzioni maturate dal 26.1.2016 alla effettiva riammissione in servizio per I. e dal 2.3.2016 al 23.8.2017 per S. di C..
1.1. Il giudice di appello ha rammentato che con sentenze passate in giudicato era stata accertata e dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 14 luglio 1986 per M.I. e dal 18 Marzo 2005 per A.S. di C. con conseguente inserimento dei due lavoratori nel personale stabile della C. ed applicazione del contratto collettivo di settore per l’imbarco degli equipaggi sulle navi delle società regionali esercenti i servizi marittimi e commerciali di carattere locale e quindi anche da quello del 1 luglio 2015.
La Corte ha quindi ricordato che il 26 gennaio 2016 i due lavoratori erano stati invitati a presentarsi presso la società per reiscriversi al turno particolare e che quindi con comunicazione del 18.3.2016 erano stati invitati a giustificare la loro mancata presentazione per la quale era stata poi irrogata la sanzione del rimprovero scritto. Di nuovo poi con comunicazione del 15.4.2016 erano stati invitati a presentarsi per le pratiche amministrative e l’iscrizione al turno particolare in relazione all’imbarco del 20.4.2016 e che in data 22 giugno 2016 erano stati cancellati automaticamente dal Turno Particolare della C..
1.2. Tanto premesso la Corte di merito ha ricordato che per effetto delle sentenze passate in giudicato la società era stata condannata al ripristino della continuità giuridica del rapporto nei termini e con le modalità osservate dalle parti con esclusione del regime di C.R.L. in cui gli appellati non erano inseriti. Pertanto, ha ritenuto che legittimamente i lavoratori si fossero rifiutati di iscriversi al turno particolare ed avessero offerto la prestazione senza iscrizione al turno a fronte della richiesta della società di presentarsi per la nuova iscrizione. A tal riguardo il giudice di appello ha ricordato che i contratti collettivi hanno introdotto l’istituto nella continuità retribuita di lavoro in forza del quale il rapporto di lavoro nautico ha carattere di contratto di arruolamento a tempo indeterminato. Al momento dello sbarco il lavoratore non percepisce l’indennità di preavviso ed il trattamento di fine rapporto e rimane a disposizione dell’armatore fruendo della cosiddetta disponibilità retribuita. Si tratta di regime non generalizzato e in sua mancanza l’attività del marittimo è costituita da una serie di rapporti imbarco con distinti contratti di arruolamento secondo il regime generale di cui all’articolo 325 cod. nav. L’iscrizione al turno particolare ha lo scopo di semplificare le operazioni di reclutamento del personale. Da un lato assicura al marittimo disoccupato una priorità nell’imbarco sulle navi dell’armatore nel cui turno è iscritto. Dall’altro è posta a disposizione dell’armatore una stabile riserva di personale. Ha evidenziato che si tratta di una forma speciale di avviamento.
1.3. Ciò posto ha rilevato che nella specie era pacifico che i due lavoratori non erano in regime di c.d. continuità retributiva (C.R.L.) e che essi erano assunti a tempo indeterminato. Ha quindi osservato che nel lavoro nautico il rapporto a tempo indeterminato ha un significato analogo a quello in generale previsto per i rapporti di lavoro ed ha escluso che la qualificazione di un rapporto come a tempo indeterminato significhi solo che non è predeterminato il momento della sua risoluzione e che la sua durata coincide con quella della convenzione di imbarco risolvendosi il rapporto all’atto dello sbarco del marittimo.
1.4. A tal proposito ha ricordato che lo sbarco comporta la risoluzione di diritto del rapporto in ipotesi determinate (sbarco per malattia o per ordine dell’autorità) e che lo sbarco non coincide necessariamente con la risoluzione del rapporto in quanto il contratto di arruolamento a tempo indeterminato è caratterizzato da sbarchi e successivi nuovi imbarchi con sospensione dell’attività lavorativa negli intervalli.
1.5. Ha evidenziato allora che la contrattazione collettiva in materia di C.R.L. e di turni particolari non può comportare la disapplicazione della normativa inderogabile di legge in materia di qualificazione dei rapporti a tempo indeterminato e la sua rilevanza ai fini dell’applicazione di discipline legali inderogabili.
1.6. Ha escluso che fuori del caso del C.R.L. il rapporto di lavoro marittimo possa svolgersi solo nella forma di una sequenza di rapporti di lavoro a tempo determinato evidenziando che il C.R.L. ,di natura contrattuale, è solo finalizzato ad offrire una più intensa tutela al rapporto di lavoro.
1.7. Pertanto ha ritenuto che nei casi, come quelli in esame, di rapporto a tempo indeterminato l’armatore non può risolvere il rapporto mediante sbarco per avvicendamento ed ha, perciò, ritenuto corretta la decisione del Tribunale che ha escluso che sussistesse un obbligo per i due lavoratori di procedere all’iscrizione al turno particolare ed ha preso atto dell’intervenuta offerta della prestazione ai fini del riconoscimento delle retribuzioni azionate.
2. Per la Cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso la C. s.p.a. affidato a quattro motivi. A.S. di C. e M.I. hanno resistito con tempestivo controricorso ed hanno chiesto la condanna della ricorrente al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità o comunque per il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
3. Il primo motivo di ricorso – con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 84 del CCNL di categoria e si assume che il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente interpretato le disposizioni contrattuali in tema di “avvicendamento” del personale marittimo – è in parte inammissibile ed in parte infondato.
3.1. Questa Corte si è già confrontata con la questione oggi posta (cfr. Cass. 11/10/2022 n. 29511 e 12/10/2022 n. 29774 ma anche Cass. n. 20524 e 20692 del 2022) e, con argomentazioni dalle quali non vi è ragione di discostarsi, ha ritenuto in primo luogo che nel lavoro nautico la configurazione del rapporto quale a tempo indeterminato non comporta esclusivamente che non sia predeterminato il momento della sua risoluzione ma anche che lo sbarco del lavoratore non necessariamente coincide con la risoluzione del rapporto. Il contratto di arruolamento a tempo indeterminato, infatti, può essere caratterizzato da sbarchi e successivi nuovi reimbarchi, con sospensione, negli intervalli, della prestazione lavorativa (cfr. Cass. n. 3869 del 2001).
3.2. La fattispecie dell’iscrizione al turno particolare è del tutto distinta e, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. n. 7823 del 2001), va ritenuto che in base alla disciplina collettiva (artt. 68, 69 70 del CCNL) ed analogamente a quanto previsto dal il D.M. 13 ottobre 1992 n. 584 (che disciplina il collocamento sul piano meramente regolamentare e che esonera dall’obbligo del collocamento i marittimi in regime di C.R.L. senza esplicitare alcuna distinzione tra arruolamento e mero nuovo imbarco relativamente ai marittimi iscritti nei turni particolari) l’istituto è caratterizzato dall’esclusivo scopo di facilitare le operazioni di reclutamento del personale nonché dalla finalità di assicurare marittimo disoccupato una priorità nell’imbarco delle navi dell’armatore al cui turno sia iscritto.
L’iscrizione al turno consente, inoltre, all’armatore di avere una propria riserva di personale. Si tratta evidentemente di una forma di avviamento al lavoro che non conferisce alcun diritto soggettivo alla stipula del contratto di imbarco. In linea con quanto affermato anche dalla Corte di merito nella sentenza qui impugnata, perciò, le relative previsioni contrattuali non possono giustificare una valida deroga alla disciplina legale in materia di durata dei rapporti di lavoro e di limiti alla risoluzione dei medesimi ad iniziativa del datore di lavoro (Cass. n. 24672 del 2016).
L’istituto incide esclusivamente sulla disciplina del collocamento/ricollocamento del lavoratore sul naviglio dell’armatore titolare del ruolo e non può incidere invece né sulla qualificazione del rapporto né sulla sua cessazione (cfr. Cass. n. 9468 del 2016).
3.3. In sostanza, la nozione di contratto a tempo indeterminato non è diversa da quella propria dei rapporti di lavoro comune e, nell’ambito della disciplina contenuta nel codice della navigazione, la qualificazione di un rapporto come a tempo indeterminato ha riguardo al fatto che non vi è predeterminazione del momento della sua risoluzione e le cause di risoluzione del rapporto di lavoro previste dall’art. 343 cod. nav. non sono compatibili con i regimi di stabilità e di controllo giudiziale della adeguatezza delle causali di risoluzione, introdotti dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 che sono applicabili anche al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 1987, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli artt. 10 della legge 604/66 e 35 terzo comma legge 300/70, nella parte in cui escludono l’applicabilità a detto personale dell’intera legge n. 604 e dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori (sul punto, Cass. n. 10583 del 2005, Cass. n. 3458 del 2005, Cass. n. 14657 del 2004 e le già citate Cass. nn. 29774 e 29511 del 2022).
3.4. Per quanto riguarda la deduzione della ricorrente che insiste nel ritenere che la risoluzione del rapporto e la sospensione delle retribuzioni non sia da riconnettere allo sbarco, disposto per avvicendamento, ma sia stata piuttosto determinata dal licenziamento disciplinare conseguente al rifiuto dei lavoratori di iscriversi nel turno particolare ed alla stipulazione di una successiva convenzione di imbarco, richiamando gli artt. 83 e 84 del c.c.n.l., va rilevato che il ricorso per tale aspetto è generico poiché si limita a riportare nel ricorso, neppure integralmente, il contenuto delle disposizioni richiamate ma non solo non allega al ricorso il c.c.n.l. in copia integrale come dovuto ma del pari trascura di indicare se e dove lo stesso sia stato depositato nei precedenti gradi di giudizio.
4. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 2086 e 2104 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e si deduce che, erroneamente, la Corte territoriale avrebbe ritenuto che fosse giustificato il diniego della prestazione da parte del lavoratore che invece potrebbe giustificarsi solo a fronte di un integrale inadempimento datoriale nella specie inesistente. Sostiene che nella condotta del lavorator sarebbe ravvisabile quella grave insubordinazione che giustifica il recesso come risulterebbe dai documentati e reiterati rifiuti della prestazione ed in particolare descrizione nel turno particolare ed è il rifiuto degli imbarchi con contratto a tempo indeterminato.
5. Il motivo è inammissibile.
5.1. Il ricorso sul punto risulta del tutto generico poiché pur facendo riferimento a documentati rifiuti della prestazione trascura tuttavia di allegarli e neppure ne riporta il contenuto così precludendo alla Corte di verificare dalla lettura del ricorso l’esistenza dell’inadempimento alle prescrizioni dettate per procedere al nuovo imbarco successivamente alla pausa al termine del precedente, che come detto rileva in termini di inadempimento della prestazione ma non incide di per sé né sulla qualificazione del rapporto né sulla sua cessazione.
6. Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 1 della legge n. 604 del 1966, dell’art. 32 della legge n. 183 del 2004 e dell’art. 1 della legge n. 92 del 2012 in relazione all’art. 324 c.p.c. ed all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
6.1. La ricorrente deduce che i due lavoratori non avevano impugnato nei 60 giorni le lettere di cancellazione/non reiscrizione nel turno particolare (22 giugno 2017 I., 6 ottobre 2016 S. di C.) e dunque erano decaduti nel potere di impugnare la risoluzione del rapporto.
7. La censura non può essere accolta poiché è del tutto inconferente rispetto alla decisione impugnata, con la quale la doglianza non si confronta. In nessun passaggio della parte motiva della sentenza della Corte territoriale si rinviene il riferimento ad un licenziamento, riscontrandosi, invece, esclusivamente il richiamo alla offerta da parte del lavoratore della propria prestazione, fronteggiata dal rifiuto della società che reclamava, piuttosto, l’iscrizione al turno particolare. La Corte territoriale non ha adottato alcuna pronunzia ai sensi dell’art. 18 della legge 300/1970, ma si è limitata a confermare, in piena continuità e coerenza con la accertata natura a tempo indeterminato del rapporto dedotto in giudizio, le statuizioni rese dalla sentenza di primo grado (ripristino del rapporto, condanna della società al pagamento delle retribuzioni maturate con detrazione del periodo di arruolamento) (in questo senso v. anche Cass. nn. 20524, 20692 e 29511 del 2022 per dei casi del tutto sovrapponibili al presente).
7.1. Peraltro neppure è possibile pervenire ad una diversa qualificazione rispetto a quella della Corte di merito posto che la ricorrente trascura di riprodurre il contenuto delle lettere di cancellazione/non reiscrizione nel turno particolare né chiarisce dove le stesse siano già state prodotte.
8. L’ultimo motivo di ricorso, che denuncia con riguardo alla misura del risarcimento la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010 è del pari inammissibile posto che né dalla sentenza impugnata né tanto meno dal ricorso è dato comprendere se ed in che modo era stata posta la relativa questione.
9. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
9.1. Non si ravvisano i presupposti per una responsabilità processuale aggravata della società nel coltivare il ricorso. Il carattere temerario della lite, che costituisce presupposto della condanna al risarcimento dei danni, va ravvisato nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta consapevolezza – circostanze che non emergono in questo caso – ma non nella mera opinabilità della posizione fatta valere (cfr. Cass. 09/02/2017 n. 3464).
9.2. Quanto alle spese, queste seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
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