Corte di Cassazione sentenza n. 20615 del 28 giugno 2022
TARSU – termini di decadenza e di prescrizione dei Tributi locali
MOTIVI DI RICORSO
1. Con il primo motivo (indicato in ricorso col n. 2), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione e falsa applicazione delle norme in materia di prescrizione del credito, violazione e falsa applicazione dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che la prescrizione era maturata alla scadenza del 31 dicembre 2010, essendo stato notificato l’avviso di accertamento il 28 settembre 2011.
2. Con il secondo motivo (indicato in ricorso col n. 3), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, errore circa gli effetti della deliberazione adottata dal Consiglio -Comunale di Latina il 30 maggio 2006 n. 44, errato riferimento ad un tributo abolito, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che la TARSU era ormai stata soppressa dall’anno 2005.
3. Con il terzo motivo (indicato in ricorso col n. 4), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Legge 7 agosto 1990 241 e dell’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212, violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di accertamento e di motivazione posta a fondamento del medesimo accertamento, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che le deliberazioni comunali istitutive del tributo non erano state allegate all’avviso di accertamento.
4. Con il quarto motivo (indicato in ricorso col n. 5), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Legge 7 agosto 1990 241, palese errore della sentenza ed omessa pronunzia circa un punto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per aver omesso di pronunziarsi sul decimo motivo dell’appello.
5. Con il quinto motivo (indicato in ricorso col 6), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di accertamento del tributo, anche in riferimento allo stato di chiusura dell’abitazione di Via Olanda, palese errore della motivazione, vizio della sentenza impugnata, derivante anche dalla omessa istruttoria dei giudici di primo grado e secondo grado, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto dello stato di inoccupazione dell’abitazione sita in Latina alla Via Olanda con decorrenza dall’anno 1997, omettendo ogni istruttoria al riguardo.
6. Con il sesto motivo (indicato in ricorso col n. 7), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, palese errore della sentenza impugnata in riferimento all’omessa indicazione completa degli estremi catastali e degli immobili, vizio della motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. civ., per non aver tenuto conto dell’inesistenza di un’autorimessa.
7. Con il settimo motivo (indicato in ricorso col n. 8), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, palese violazione delle risultanze istruttorie, in riferimento all’inesistenza di alcuna “occupazione” di suolo, indicata nell’avviso di accertamento, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto della genericità e dell’insufficienza della motivazione, non avendo mai occupato alcun suolo.
8. Con l’ottavo motivo (indicato in ricorso col n. 9), si denunciano, al contempo, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di requisiti di forma e sostanza dell’avviso di accertamento del tributo, totale omissione di motivazione al riguardo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che l’avviso di accertamento doveva essere munito di requisiti formali e sostanziali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo (indicato in ricorso col n. 2) è fondato, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.
1.1 Com’è noto, l’art. 1, comma 161, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. “legge finanziaria 2007”) prevede che: «Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
Inoltre, in forza dell’art. 1, comma 171, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, il regime introdotto dal precedente comma 161 non opera solo per i rapporti d’imposta sorti successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge, ma anche per quelli che, a tale data, risultano ancora pendenti. Ai tributi dovuti per annualità precedenti al 2007, per i quali, alla data dell’ 1° gennaio 2007, non è ancora intervenuta la decadenza in base alla disciplina previgente, si applica, dunque, il nuovo termine decadenziale (Cass., Sez. SA, 29 novembre 2016, n. 24187; Cass., Sez. SA, 23 giugno 2017, n. 15702; Cass., Sez. SA, 29 ottobre 2021, n. 30966).
Con tale disposizione, il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti. Tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
1.2 Tale normativa, tuttavia, non può applicarsi alla TARSU, nei casi in cui il Comune non abbia provveduto ad alcun accertamento del tributo che non costituisce atto prodromico ai fini dell’emissione della cartella esattoriale. Infatti, l’art. 71 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507 prevede l’emissione dell’avviso di accertamento relativo alla TARSU soltanto nel caso in cui il contribuente non abbia presentato la denuncia prescritta dall’art. 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, oppure nel caso in cui l’ufficio ritenga che la denuncia presentata sia infedele od incompleta, mentre, qualora la denuncia sia stata presentata, l’ente impositore, ove ritenga di non contestarla, procede attraverso la notifica della cartella esattoriale senza previa emissione di alcun avviso di accertamento, guidando il tributo in base agli elementi dichiarati dallo stesso contribuente o a seguito di denuncia di variazione. Inoltre, l’art. 72, comma 1, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, consente al Comune – e, per esso, al gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti – di procedere direttamente alla liquidazione della TARSU, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza, pertanto, di un’operazione puramente automatica. La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede quindi, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati. L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, dovendo l’amministrazione esplicitare, ai sensi dell’art. 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione (Cass., Sez. 5″, 30 ottobre 2015, n. 22248; Cass., Sez. 5″, 28 settembre 2016, n. 19120; Cass., Sez. 5″, 9 febbraio 2018, n. 3189; Cass., Sez. 5″, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5″, 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. 5″, 23 dicembre 2020, n. 29394; Cass., Sez. 6″-5, 26 novembre 2021, n. 37006; Cass., Sez. 5″, 11 gennaio 2022, n. 535). Per cui, nessuna irregolarità può riscontrarsi nell’emanazione della cartella [come dell’ingiunzione] di pagamento in relazione alla dedotta carenza di un precedente avviso di accertamento che non era indispensabile (Cass., Sez. 5″, 9 febbraio 2018, n. 3184; Cass., Sez. 5″, 19 agosto 2020, n. 17339).
1.3 La disposizione che, in tema di TARSU, disciplina l’obbligo di denuncia, secondo la quale la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione» (art. 70, comma 1, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507), impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso il termine di decadenza decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., Sez. 5″, 21 giugno 2016, n. 12795; Cass., Sez. 5″, 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., Sez. 5″, 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., Sez. 6″-5, 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., Sez. 5″, 11 dicembre 2020, n. 28255; Cass., Sez. 5″, 23 giugno 2021, n. 17874; Cass., Sez. 5″, 24 giugno 2021, n. 18070).
La Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo che fa riferimento al «20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione», e non anche al 20 gennaio «dell’anno» successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, – ed ha rimarcato che laddove il legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo «all’anno successivo» l’avrebbe espressamente previsto, così come è avvenuto, ad esempio, con l’art. 10, comma 4, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, che, in tema di ICI, dispone che «i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, … entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio”» cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione (Cass., Sez. 5″, 3 novembre 2016, n. 22224).
1.4 Condividendone le argomentazioni, il collegio ritiene di dover dare continuità a quest’orientamento, che è nettamente prevalente nella più recente giurisprudenza di legittimità.
Per cui, si deve disattendere l’orientamento ormai minoritario di questa Corte, secondo il quale l’espressione «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione» riguarda, sempre e comunque, l’anno successivo a quello relativo alla tassa da pagare, con il corollario che, a prescindere dal momento in cui, nell’anno di riferimento, ha inizio l’occupazione (o detenzione), la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo, iniziando a decorrere da tale data, per l’ente impositore, il termine di decadenza previsto dall’art. 1, comma 161, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Cass., Sez. SA, 30 ottobre 2018, n. 27578; Cass., Sez. 6A-S, 2 luglio 2018, n. 17219; Cass., Sez. SA, 21 ottobre 2020, n. 22900).
1.5 Nel caso in disanima la detenzione era già in corso al principio dell’anno 2005, sicché trattandosi di rettifica di dichiarazione infedele, il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare al 31 dicembre 2010, a fronte di un avviso di accertamento notificato il 28 settembre Per cui, riqualificando l’eccezione del contribuente alla stregua di decadenza e non di prescrizione, sul presupposto che la contestazione attiene al tardivo esercizio della pretesa impositiva (come si desume dalla volontà manifestata alla pagina 7 del ricorso), è evidente che l’avviso di accertamento è stato notificato dall’ente impositore al contribuente ben oltre la perenzione del termine previsto dall’art. 1, comma 171, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296.
1.6 Pertanto, il giudice di appello ha contravvenuto al principio enunciato, avendo ritenuto che l’avviso di accertamento fosse stato notificato entro il termine quinquennale di decadenza.
2. Valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario del contribuente.
3. Le spese del doppio grado del giudizio di merito possono essere compensate tra le parti in relazione all’andamento del medesimo, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo (indicato in ricorso col n. 2) e dichiara l’assorbimento dei restanti motivi (indicati in ricorso coi nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9); cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna ricorrente alla rifusione
delle spese del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 1.400,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
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