CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2585 depositata il 27 gennaio 2023
Tributi – Cessione di ramo d’azienda – Maggiore imposta di registro e interessi – Avviamento – Tributi “non armonizzati” – Accoglimento
Esposizione dei fatti di causa
1.La società T. srl, in liquidazione, cedeva il 3.02.2012 alla società W.S. s.r.l. il ramo d’azienda corrente in Grassobbio via (…) avente ad oggetto l’esercizio di attività alberghiera sotto l’insegna “ W.G.H.M.”, pattuendo il corrispettivo di 257.044,20, di cui 247.044,20 per l’avviamento ed il resto per i beni mobili registrati e attrezzature; le parti dichiaravano ai sensi dell’art. 51 DPR 131/86 il valore netto della cessione in euro 200.000,00.
L’Agenzia delle Entrate notificava avviso si liquidazione con cui rettificava il valore della cessione del ramo d’azienda in euro 4.615.598,00 e il valore dell’avviamento in euro 4.662.642,40, liquidando la maggiore di imposta di registro, interessi e irrogando la relativa sanzione.
La società W. impugnava l’avviso di liquidazione innanzi alla CTP di Milano, la quale accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando il valore della cessione del ramo d’azienda in euro 1.900.000,00.
In particolare, la Commissione considerava che la percentuale del 150% desunto dal listino citato ed applicato nell’avviso opposto era stato ridotto nella misura dell’80’% in sede di accertamento, avendo l’Ufficio riconosciuto in quella sede l’erronea applicazione dell’indice previsto per la provincia di Monza anziché considerare che l’albergo era ubicato nella provincia di Bergamo.
Interposto appello dalla contribuente, che lamentava sia la violazione del contraddittorio preventivo sia l’omessa pronuncia in relazione alla nullità dell’avviso opposto per carenza motivazionale, la CTR della Lombardia confermava la decisione di primo grado.
Ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe la società W. svolgendo sei motivi, illustrati nelle memorie difensive.
La società alienante è rimasta intimata.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza.
Il P.G. ha concluso nel senso dell’accoglimento del terzo e del quinto motivo del ricorso.
Esposizione delle ragioni di diritto
2. Con il primo motivo di ricorso si censura “la violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., la violazione del contraddittorio preventivo di cui alla l. 241/90, di cui agli artt. 5,6,7,10 della L. 212/2000, nonché del diritto di difesa del contribuente e della capacità contributiva ex art. 53 Cost e dell’art. 3 Cost., in relazione all’art. 360, coma 1, n. 3, c.p.c.”; per avere la Regionale trascurato di applicare un principio generale immanente all’ordinamento anche per la derivazione comunitaria che impone l’osservanza del contraddittorio endoprocedimentale in rapporto a qualsiasi atto dell’amministrazione finanziaria lesivo dei diritto e degli interessi del contribuente. Obietta la ricorrente la necessità del contraddittorio preventivo soprattutto in relazione ad accertamenti standardizzati, fondati su studi id settore, assumendo che nel caso in esame, l’avviso opposto si fonda dui prezzi desunti dal listino FIMAA ( Rilevazione dei prezzi Aziende anno 2012) che fonda il valore sinteticamente attribuibile ad un’azienda applicando delle percentuali diverse a seconda del tipo di attività e della sua ubicazione, ancorchè il ramo d’azienda oggetto della cessione di cui alla rettifica sia ubicata in zona che non rientra nel listino FIMAA, il che esclude di individuare gli indici di cui ai range oscillanti tra il 150% ed il 250% riportati nel predetto listino ed applicabili alla cessione in oggetto, non potendo trovare applicazione le cd. “consuetudini” prodotte solo successivamente all’introduzione del ricorso originario del contribuente, durante la fase dell’accertamento con adesione.
3. La seconda censura investe la sentenza impugnata per violazione degli artt.3 della L. 241/90 e dell’art. 7 della L. 212/2000 ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; per avere il decidente ritenuto che con riferimento al difetto motivazionale dell’avviso impugnato, il contribuente era stato messo in grado di conoscere i presupposti di fatto e di diritto sottostanti alla pretesa tributaria, come dimostrato dalla difesa espressa nel ricorso originario.
Si afferma che la congruità motivazionale dell’atto impositivo non può essere valutato ex post alla luce delle difese svolte dal contribuente, bensì alla luce di un giudizio ex ante, basato esclusivamente sulla idoneità degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l’esercizio effettivo del diritto di difesa.
Nella concreta fattispecie, l’avviso contiene la rettifica dei valori della cessione fondata sul listino FIMAA non solo non allegato dall’Ufficio ma neppure concernente le aziende alberghiere della provincia di Bergamo, sebbene l’ufficio abbia motivato solo in sede di accertamento con adesione di aver tenuto conto della diversa ubicazione dell’albergo compravenduto.
La critica si fonda anche sulla impossibilità di reperire detto listino, di talchè la cd motivazione per relationem mediante riferimento a documenti conosciuti o conoscibili non poteva trovare applicazione al caso di specie.
4. La terza censura lamenta la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. 546/92, 111 Cost., comma 6, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.; per avere il decidente omesso di statuire sulla inammissibile produzione delle consuetudini locali nella compravendita di aziende per sopperire alla inesistenza di un listino FIMAAA per la zona di Bergamo.
Si ribadisce al riguardo che i fatti costitutivi della pretesa impositiva debbono essere solo quelli indicati nella motivazione dell’atto impositivo, non potendo l’amministrazione mutare i termini della contestazione, deducendo motivi o circostanze diverse da quelle contenute nell’atto di accertamento.
5. Il quarto motivo che si incentra sulla violazione degli artt. 132 e 156 c.p.c., nonché degli artt. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 11 Cost., (ndr art. 111 Cost.) e 61 e 36 del d.lgs. n. 546/92, ex art. 360, n. 4, c.p.c., deduce la motivazione apparente della sentenza di secondo grado per aver il giudicante trascritto testualmente quanto risultava dalla sentenza di primo grado, senza alcun vaglio critico da parte del giudice di appello alla luce delle doglianze proposte dall’impugnante.
6.Con l’ultima censura si lamenta la violazione degli artt. degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere i giudici di appello ritenuto la congruità dei valori FIMAA, mere presunzioni semplici, prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza che caratterizzano le presunzioni legali relative e per aver ignorato che i criteri indicati da quel listino non potessero da sole fondare l’accertamento del valore venale in comune commercio dell’azienda.
7. La prima censura è destituita di fondamento.
Disciplinando i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della Legge 27 luglio 2000 n. 212 dispone che: «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza». Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo generale di contraddittorio preventivo esiste unicamente per i tributi armonizzati, mentre per i tributi non armonizzati occorre una specifica previsione normativa (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 31 maggio 2016, nn. 11283, 11284, 11285 e 11286; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2017, nn. 6757 e 6758; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2020, nn. 21616 e 21618; Cass., Sez. 5^, 1 dicembre 2020, n. 27382; Cass., Sez. 5^, 16 dicembre 2021, n. 40482; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2021, nn. 41041, 41106, 41110, 41116 e 41119; n. 26447/2021; Cass. n. 11841/20220, in motiv.; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366).
Per cui, in tema di tributi “non armonizzati” (come l’IRPEF, l’IRAP o l’imposta di registro), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste ( come per gli accertamenti c.d. “a tavolino”), per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della Legge 27 luglio 2000 n. 212; tuttavia, tale principio non vale per i tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6^-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177).
Ne consegue che, rispetto all’imposta di registro, in assenza di una specifica previsione di legge, l’amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo col contribuente prima dell’emanazione dell’avviso di rettifica e liquidazione, limitandosi la sua funzione alla valutazione della rilevanza fiscale dell’atto negoziale o giudiziale, al momento della registrazione su richiesta o d’ufficio (artt. 10, 11, 12 e 15 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), mediante la determinazione della base imponibile (artt. 43 – 53 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), l’applicazione dell’imposta nella misura (fissa o proporzionale) stabilita secondo le prescrizioni tariffarie corrispondenti alla tipizzazione delle fattispecie negoziali (art. 41 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) ed il recupero dell’imposta non versata o versata in misura inferiore all’importo dovuto (artt. 54, 55 e 56 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131).
8. Procedendo secondo una linea di continuità con la giurisprudenza della Corte (Cass. 13/04/2018, n. 9218; 19/06/2017, n. 15064; 18/11/2016, n. 23531), per il principio della ragione più liquida che – per esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale, in adesione ai canoni costituzionali desumibili dagli artt. 24 e 111 Cost. – consente di modificare l’ordine delle questioni di cui all’art. 276 cod. proc. civ. (richiamato dall’art. 380 cod. proc. civ. riguardante il giudizio di cassazione), appare opportuno esaminare la quarta censura prioritariamente rispetto al secondo ed al terzo motivo di ricorso, in quanto involge una questione preliminare di merito: essa è fondata, assorbita le altre.
La contribuente, infatti, deduce nel ricorso (riproducendo per autosufficienza la documentazione richiamata nei termini rilevanti) di aver allegato e prodotto nel giudizio di merito elementi diretti a contrastare le circostanze poste a fondamento dell’avviso di rettifica, elementi che, invece, il giudice d’appello ha completamente ignorato malgrado essi attestassero un valore in comune commercio inferiore a quello determinato dai giudici di primo grado.
La decisione d’appello, inoltre, non solo avrebbe pretermesso i menzionati elementi offerti dalla società, ma, nel contempo ha pure affermato apoditticamente che la valutazione espressa di primi giudici “ appare congrua in considerazione dei dati espressi dal listino FIMAA e in considerazione della redditività dell’attività compravenduta e delle passività di bilancio, come effettuato dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione”.
La CTR ha ritenuto applicabile alla cessione in oggetto il listino FIMAA, considerato criterio attendibile di valutazione da parte dell’amministrazione finanziaria per la stima della percentuale di redditività, tenuto conto genericamente del fatturato dell’azienda e delle passività accollate.
Posto che detto listino è basato su rilevazioni di mercato da un’associazione di agenzie che gestiscono il mercato delle aziende in Milano e provincia e che è ovviamente incontestato che a tali rilevazioni non sia attribuita certificazione di legge, la decisione impugnata effettivamente incorre nel vizio della motivazione apparente, non fornendo adeguata spiegazione della ritenuta applicabilità del Listino e della attendibilità dei valori in esso esposti; omettendo del tutto di motivare il proprio convincimento in maniera lineare e coerente, soprattutto alla luce delle doglianze mosse dalla contribuente e trascurando di argomentare in merito alle circostanze dedotte dalla società al fine di individuare il reale valore di mercato dell’azienda – tenuto conto dell’ubicazione dell’albergo -motel su strada ad ampio scorrimento, privo di servizi di trasporto, circondato da capannoni industriali e terreni agricoli – e nemmeno considerando l’elemento, pure desumibile dal listino citato, secondo cui il fatturato costituisce solo un punto di partenza per la valutazione dell’azienda, dovendosi considerare la prospettiva del reddito netto e dunque dell’utile nonché i costi fissi e variabili connessi all’attività aziendale. La Regionale ha in tal modo esposto la decisione adottata ad un vulnus motivazionale che ne giustifica la cassazione.
Si tratta, evidentemente, della dilatazione del ricorso al fatto notorio oltre i limiti entro i quali esso è idoneo a derogare al principio dispositivo delle prove, quale fatto acquisito alle conoscenze della collettività secondo la comune esperienza di questa (si vedano, in proposito, oltre a Cass. civ. sez. trib. 28 febbraio 2008, n. 5232, in senso conforme, più di recente, Cass. civ. sez. 2^ 31 maggio 2010, n. 13234; Cass. civ. sez. trib. 5 ottobre 2012, n. 16959), venendo a fondarsi sulla circostanza sopra indicata elementi inerenti alla valutazione dei complessi immobiliari e aziendali esistenti nella zona, che richiedono il previo accertamento dei rispettivi valori di stima, secondo il comune valore di mercato.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, che pronuncerà, anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo, rigettato il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione sentenza n. 2123 depositata il 29 gennaio 2018 - In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci, quale vizio di motivazione, l'insufficiente giustificazione logica dell'apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18108 depositata il 6 giugno 2022 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 30042 depositata il 26 ottobre 2021 - Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18302 depositata il 7 giugno 2022 - La motivazione dell'atto di "riclassamento" non può essere integrata dall'Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione. Il mero richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 novembre 2022, n. 34127 - In tema di motivazione apparente la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 febbraio 2019, n. 5564 - Accertamento standardizzato - Il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Dichiarazione IVA 2023: modalità di compilazione,
La dichiarazione IVA 2023 per il periodo di imposta 2022 dovrà essere presentata…
- Organo di controllo: per le srl obbligo di nomina
L’articolo 2477 del codice civile, come modificato dall’art. 379 del…
- Ravvedimento operoso speciale per sanare le violaz
La legge di bilancio 2023 (legge 197/2022 art. 1 commi 174 e seguenti) prevede c…
- Bonus pubblicità 2023: come richiederlo – sc
Per gli investimenti in pubblicità e promozione dell’impresa o dell’attività è p…
- Dichiarazione IVA 2023: soggetti esonerati
Con l’approssimarsi della scadenza per l’invio telematico della dich…