CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 28158 depositata il 6 ottobre 2023
Tributi – Istanza di rimborso IRES – Silenzio rifiuto Agenzia delle Entrate – Società controllata di diritto francese – Doppia imposizione – Rigetto
Fatti di causa
1. F. Spa (poi L. F. Spa, poi L. Spa) presentava il 15.6.2015, in relazione all’anno 2010, istanza di rimborso dell’Ires che riteneva di avere versato in eccesso, nella misura di Euro 11.101.751,00, con riferimento ai redditi percepiti e riversati da società controllata estera, ritenendo applicabile il disposto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 89 (Tuir), ed invocando perciò l’esclusione dalla base imponibile del 95% delle somme ricevute.
Chiariva l’istante di essere la consolidante fiscale della S.A. (consolidata), che deteneva una partecipazione in un (…) (GIE) di diritto francese, assoggettato al regime della trasparenza nel diritto transalpino. La compartecipazione italo-francese è stata diretta alla realizzazione di un progetto industriale finalizzato alla costruzione di aeromobili, denominato (…), sulla base di un accordo intergovernativo.
L’Amministrazione finanziaria non rispondeva all’istanza di rimborso proposta dalla contribuente.
2. Formatosi il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, L. F. Spa (cui è succeduta L. Spa) impugnava il diniego tacito di rimborso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma sostenendo, tra l’altro, “l’assenza di un divieto di doppia esenzione nel sistema tributario nazionale” (controric., p. 4). La CTP rigettava il ricorso della contribuente, ritenendo inapplicabile il disposto di cui all’art. 89 Tuir perché nel caso di specie gli utili distribuiti non avevano scontato alcuna tassazione in capo all’ente di diritto francese che li aveva prodotti.
3. L. Spa spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La CTR confermava la decisione della CTP, e negava il diritto della contribuente di conseguire il domandato rimborso.
4. Ha impugnato per cassazione la pronuncia della CTR la L. Spa, affidandosi a tre motivi di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Ente impositore. La società ha pure depositato memoria.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., nella persona del S. Procuratore Generale Dott. F.T., ed ha domandato il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente contesta la violazione dell’art. 1 disp. gen., e degli artt. 23 e 80 Cost., nonché del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 89, 44 e 169 (Tuir), per avere la CTR erroneamente ritenuto che non competa alla L. Spa l’esclusione dalla base imponibile Ires, nella misura del 95% del loro ammontare, degli utili conseguiti dalla realizzazione del progetto (…) e versati da controllata estera.
2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, la società censura la illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 89 e 44 (Tuir), per contrasto con gli artt. 49 e 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, e con gli artt. “3, 117, 11 Cost.” (ric., p. 21).
3. Con il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente critica la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 89 e 44 (Tuir), per contrasto con gli artt. 49 e 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), e con gli artt. “3, 117, 11 Cost.” (ric., p. 24), per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che, in caso di utili generati in (…), l’applicazione dell’art. 89 del Tuir sia subordinata alla “puntuale verifica di tassazione in loco” (ric., p. 24).
4. Sembra opportuno evidenziare, preliminarmente, che gli utili attribuiti alla controllante L. dalla controllata di diritto francese, pacificamente, non sono stati assoggettati ad alcuna forma di imposizione in Francia.
Tanto premesso, mediante il primo strumento di impugnazione la società contesta la decisione assunta dalla CTR per aver erroneamente affermato che gli utili pervenuti alla L. Spa da società controllata di diritto francese, in conseguenza dell’attuazione del programma intergovernativo (…), non debbano essere esclusi nella misura del 95% dalla base imponibile Ires, secondo la disciplina di cui all’art. 89 Tuir, e tanto per effetto dell’Accordo Italia-Francia che ha disciplinato il programma aerospaziale (art. 12), ma non è però operativo, perché non è mai stato ratificato con legge. In conseguenza, nella prospettazione della ricorrente, deve trovare applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 89 (Tuir), con la conseguente esclusione dall’imposizione del 95% degli utili percepiti e riversati dalla società francese, da qualificarsi come “dividendi” ai presenti fini. Inoltre il giudice dell’appello, erroneamente, ritiene comunque inapplicabile l’art. 89 del Tuir, a causa dell’assenza di tassazione in Francia degli utili riversati dalla società controllata alla L. Spa.
4.1. Invero, la CTR mostra di avere ben presenti le questioni sollevate dalla odierna ricorrente, del resto esaminate anche nel primo grado del giudizio.
Ritiene però, il giudice dell’appello, che l’accordo intergovernativo del 27.4.1982, avente ad oggetto il programma (…), intervenuto tra il governo italiano ed il governo francese, importa che “era stata concordata la tassazione degli utili di spettanza di ciascuno dei costruttori associati nello Stato ove si trova la sede di questi… trattasi di accordo a cui entrambi i contraenti hanno sempre dato esecuzione… per come emerge dalla nota dell’8.7.2009 del Ministero degli Affari Esteri… l’accordo in questione è entrato in vigore il 30.5.1987”, ed “ha assegnato all’Italia una potestà piena ed esclusiva sulla parte di “spettanza” del socio italiano” (sent. CTR, 2 s.) che, per inciso, corrisponde al 50%.
Inoltre, ha chiarito il giudice dell’appello, anche a voler ritenere applicabile la disciplina di cui all’art. 89 del Tuir, l’invocata esclusione comunque non compete alla L. Spa. La disposizione prevede infatti, con la finalità “di evitare la doppia imposizione”, l’esclusione dal reddito di esercizio degli utili riversati alla controllante nella misura del 95%, ma sul presupposto che “gli utili distribuiti sono già stati tassati in capo alla società che li ha prodotti” (sent. CTR, p. 3), requisito che non risulta integrato nel caso di specie.
4.2. A sua volta la controricorrente Amministrazione finanziaria sostiene che l’Accordo intergovernativo tra l’Italia e la Francia in ordine al programma aerospaziale (…) ha ricevuto piena attuazione ed è in vigore, comportando la sottoposizione degli utili trasferiti dalla consolidata francese alla disciplina fiscale vigente in Italia, non essendo state le somme sottoposte ad alcuna imposizione in Francia. L’esenzione dalla sottoposizione a tassazione degli utili, da qualificarsi a tal fine come “dividendi”, nella misura del 95% ai sensi dell’art. 89 del Tuir, inoltre, non può operare, perché la norma è stata dettata al fine di evitare il fenomeno di una doppia imposizione, non certo di consentire una doppia non imposizione (né in Francia, né in Italia).
Illustra l’Ente impositore che “il sistema di tassazione dei dividendi”, di cui al citato art. 89, “e’ correlato alla natura reale dell’Ires e si basa sulla tassazione del reddito esclusivamente in capo al soggetto che lo ha prodotto; ciò comporta che intanto i successivi passaggi di ricchezza sono esenti da tassazione in quanto il soggetto che ha prodotto il reddito sia assoggettato a tassazione sulla ricchezza che ha prodotto” (controric., p. 14).
4.3. Nelle sue conclusioni il P.M. ha sostenuto che l’art. 89 del Tuir è norma dettata per contrastare il fenomeno della doppia imposizione, non certo per consentire l’applicazione di regimi di “doppia non imposizione”, ed ogni interpretazione della normativa legale deve essere improntata alla ragionevolezza. Nel caso di specie è pacifico che gli utili in questione non sono stati assoggettati ad alcuna tassazione in Francia, e devono perciò essere sottoposti ad imposizione in Italia.
4.4. Può quindi osservarsi che le dispute mediante le quali le parti si sono confrontate circa la vincolatività, o meno, dell’Accordo Italia Francia sul programma (…), non appaiono decisive al fine di definire le questioni controverse in questa sede. Entrambe le parti, si osservi, giungono alla conclusione che gli utili distribuiti dalla controllata francese alla L. Spa, controllante italiana, devono essere assoggettati ad imposizione in base alla legge italiana.
La disciplina invocata dalla società è l’art. 89 del Tuir, che prevede l’esclusione dal reddito del 95% dei dividendi ricevuti da una società controllata, e risulta estensibile (cfr. il comma 3 della disposizione), con limiti, anche a quanto percepito da società estera. La norma ha pacificamente finalità di contrasto del fenomeno della doppia imposizione.
4.4.1. L’interpretazione della disposizione che propone la ricorrente, secondo cui la norma di cui all’art. 89 del Tuir troverebbe applicazione nel caso di specie, non risulta condivisibile.
4.5. In primo luogo deve evidenziarsi come sia da escludere che rilevi in questa sede la Direttiva madre-figlia, essendo gli utili riversati da un Groupement d’Interet Economique – GIE di diritto francese (ordonnance n. 67-821 du 23 septembre 1967), compagine che non rientra nelle condizioni soggettive ai fini dell’applicazione della Direttiva. Per società di uno stato membro – ai sensi dell’art. 2 lett. a), i) – s’intende una compagine che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A. E’ necessario – ai sensi dell’art. 2, lett. a), iii), – che essa sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B. Orbene, il Ministero dell’Economia d’oltralpe spiega: Le GIE n’est pas imposable en tant que tel: chaque membre est imposé pour la partie des benefices realises par le GIE qui correspond à ses droits, au titre de l’impot sur le revenu ou de l’impot sur les societes ((…)). Pertanto si applica la cd. imposizione per trasparenza il che, in tesi generale, determina un passaggio della soggettività fiscale passiva dalla entità a monte (francese) a quella a valle (italiana).
Questi elementi risultano pacifici tra le parti e comportano che la fattispecie non sia disciplinata dalla Direttiva madre-figlia.
4.6. L’art. 89 del Tuir prevede che gli utili di partecipazione ed i proventi assimilati, distribuiti da soggetti non residenti, partecipano alla formazione del reddito nella stessa misura di quelli di fonte interna (5%) ove siano rispettate le seguenti condizioni: 1) le remunerazioni percepite ed i proventi assimilati devono essere totalmente indeducibili nelle determinazioni dello Stato estero di residenza dell’ente erogatore; 2) i suddetti proventi devono essere erogati da soggetti residenti in Stati o territori che consentono adeguato scambio di informazioni.
La parziale (95%) detassazione domestica non è condizionata dalla consueta subject to tax clause, bensì ad un regime assoluto di non-deductibility. Ma se i risultati economici di un Groupement d’Interet Economique – GIE di diritto francese sono imputati per trasparenza, ovverosia sono ribaltati utili o perdite sui soggetti partecipanti, manca del tutto il termine iniziale sul quale operare la deduzione, perché “Le GIE n’est pas imposable en tant que tel”, come scrive il Fisco francese.
In tanto i successivi passaggi trans-frontalieri di ricchezza sono, per larga parte (95%), esenti da tassazione domestica italiana in entrata, in quanto il soggetto estero il quale ha prodotto il reddito, e lo trasferisce al partner nazionale, sia assoggettato a tassazione sulla ricchezza nel Paese di residenza. Ciò che non può verificarsi nel caso di specie, trattandosi di un Groupement d’Interet Economique.
Peraltro, qualora non sia soddisfatta la ricordata prima condizione, la totale indeducibilità degli importi, lo strumento finanziario, da un punto di vista fiscale, non risulta assimilabile alle azioni (sulla base di quanto disposto dall’art. 44, comma 2, lett. A, ultimo periodo, del Tuir) e, di conseguenza, le remunerazioni ad esso collegate saranno interamente attratte a tassazione, concorrendo per il complessivo loro ammontare alla determinazione del reddito d’impresa quali componenti positive di esso.
Non ricorrono quindi i presupposti per l’applicazione dell’art. 89 del Tuir.
Il primo motivo di ricorso introdotto dalla contribuente risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
5. Mediante il secondo ed il terzo strumento di impugnazione, la società censura la ipotizzata illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 89 e 44, per contrasto con gli artt. 49 e 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), e con gli artt. “3, 117, 11 Cost.” (ric., p. 21), per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che, in caso di utili generati in Francia, l’applicazione dell’art. 89 Tuir sia subordinata alla “puntuale verifica di tassazione in loco” (ric., p. 24).
5.1. In sostanza la contribuente sostiene che, in caso di utili generati in Francia e riversati a società controllante italiana, l’applicazione dell’art. 89 Tuir, nell’interpretazione fornitane dai giudici di merito sia subordinata alla “puntuale verifica di tassazione in loco” (ric., p. 24), e ritiene che tale disciplina risulti ingiustificatamente discriminatoria.
In realtà l’art. 89 del Tuir, essendo norma generale e finalizzata a contrastare la doppia imposizione, richiede per la sua applicazione il riscontro che comunque l’imposizione sia stata applicata dalla società la quale ha prodotto gli utili, ed intende evitare che il medesimo reddito sia nuovamente assoggettato all’integrale imposizione nei confronti della società che consegue la corresponsione dei dividendi.
La società ricorrente, invero, invoca l’interpretazione che, della norma in esame, è stata fornita dall’Amministrazione finanziaria con circ. n. 25/E del 2004 e, con proprio documento, anche dall’Assonime.
Invero, secondo i documenti di prassi, le società residenti soggette all’imposta sul reddito delle società possono, a determinate condizioni, beneficiare dell’esenzione parziale da tassazione del reddito conseguito anche se gli utili percepiti non sono stati assoggettati ad imposta dalla società distributrice, ma deve trattarsi di somme riversate da ente economico comunque subject to tax secondo la disciplina domestica; mentre, in generale, non rileva che abbia effettivamente tassato, o meno, il proprio reddito a monte, essendo la parziale detassazione degli utili distribuiti un beneficio soggettivo proprio della società a valle e ben potendo il fisco recuperare a monte la tassazione omessa dalla società distributrice sul proprio reddito. Questa vicenda, però, non può verificarsi se l’ente erogatore è estero (il che spiega pure il secondo requisito di cui all’art. 89 Tuir: Stati o territori che consentono adeguato scambio di informazioni), atteso che lo Stato estero ha due strade per rendere neutrali gli utili, o renderli totalmente indeducibili, oppure escludere la loro rilevanza fiscale a monte con imputazione per trasparenza direttamente alle consociate, e tanto determina il passaggio della soggettività fiscale passiva dalla entità a monte a quella a valle ed elimina addirittura l’oggetto economico su cui operare la deduzione. Situazione, quella delineata, che costituisce il presupposto economico-contabile e logico-giuridico del regime dettato dall’art. 89 Tuir, senza che vi sia alcuna disparità nella circolazione comunitaria dei capitali.
5.2. Le censure proposte dalla ricorrente con il secondo ed il terzo motivo di ricorso presentano anche il vizio della petizione di principio, perché la critica proposta dalla contribuente si risolve in una inammissibile non-contestazione, in quanto la valutazione espressa dalla CTR esclude senz’altro un’interpretazione della normativa in questione che possa essere intesa come discriminatoria a sfavore delle operazioni commerciali non meramente interne bensì eurounitarie. Non si riscontra, pertanto l’invocata disparità di regime tributario, e la violazione della Costituzione.
5.3. In ordine all’ipotizzata violazione del diritto comunitario, poi, deve osservarsi che la conclusione a cui si è pervenuti, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non comporta alcuna discriminazione, né la violazione dei principi generali di interpretazione ed applicazione del diritto dei trattati, atteso che la contribuente rivendica un trattamento che non potrebbe essere riconosciuto neppure tra società entrambe residenti in (…). Del resto non si è mancato di chiarire che “dovendo i trattati essere interpretati secondo buona fede e tenendo conto del loro oggetto e del loro scopo, sicuramente tali parametri verrebbero trascurati qualora il trattato venisse utilizzato per attribuire alla contribuente un beneficio non previsto che esula dall’obiettivo convenzionale di evitare la doppia imposizione“, Cass. sez. V, 19.10. 2018, n. 26412.
Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso risultano pertanto infondati, e devono essere perciò respinti.
In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
6. Le spese processuali seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
6.1. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, anche del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso introdotto da L. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 20.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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