Corte di Cassazione, sentenza n. 29775 depositata il 26 ottobre 2023
socio uscente – imputazione del reddito ed utili extracontabili
FATTI DI CAUSA
1. 1. B.L. e L.M.S.M., entrambi soci della B.P. s.a.s., ricorrono con separati ricorsi, affidati a quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste in entrambi i giudizi con controricorso, avverso le sentenze in epigrafe. Con dette ultime la C.t.r. ha accolto i separati appelli proposti dall’Ufficio avverso le sentenze con le quali la C.t.p. di Torino aveva accolto i ricorsi dei due contribuenti avverso gli avvisi di accertamento personali con i quali, per l’anno di imposta 2006, era stato accertato un maggior reddito ai fini Irpef.
2. L’Ufficio, riscontrati utili extracontabili, emetteva un primo avviso di accertamento nei confronti della società, a rettifica del reddito della stessa, che veniva definito per adesione. Per l’effetto, emetteva tre separati avvisi di accertamento con i quali imputava per trasparenza ai tre soci – B.L., M. M. R. M. e L. M. M. – il maggior reddito accertato, in proporzione alle rispettive quote.
Successivamente, tuttavia, emetteva due avvisi di accertamento, nei confronti dei soli soci B.L. e L.M. (gli odierni ricorrenti) con i quali rettificava il reddito ai medesimi imputato per trasparenza, accrescendolo, pro quota, del reddito prima imputato al terzo socio, M.M.. A tanto provvedeva ritenendo che quest’ultimo fosse stato estromesso dalla società.
3. La C.t.p., con sentenze di analogo tenore, accoglieva i ricorsi rilevando che la delibera di esclusione di M.M., sebbene fosse stata adottata in data 14 dicembre 2006, era divenuta efficace, ex art. 2287 cod. civ., solo decorsi trenta giorni dalla comunicazione al medesimo, e dunque, il giorno 13 gennaio 2017, sicché, ai fini fiscali, questi doveva ritenersi ancora socio alla data del 31 dicembre 2006, rilevante ai fini dell’accertamento.
4. La C.t.r. riformava le decisioni di primo grado e dichiarava legittimo l’accertamento che aveva imputato ai soli soci superstiti l’intero reddito societario. Rilevava che M.M. era presente all’adunanza nella quale era stata deliberata la sua esclusione, come provato dal verbale; che la delibera aveva prodotto effetti immediati quanto all’esclusione, mentre il termine di trenta giorni rilevava solo ai fini dell’eventuale impugnazione; che, pertanto, alla data del 31 dicembre 2006 M.M. non faceva più parte della compagine sociale.
5. Con ordinanza n. 14675 del 2023 la Corte disponeva la riunione dei ricorsi ed il rinvio a pubblica udienza.
6. Entrambi i contribuenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve rilevarsi che, per mero errore, all’udienza pubblica, i due ricorsi sono stati chiamati separatamente, sebbene già riuniti da questa Corte con la precedente ordinanza interlocutoria.
2. Con il primo motivo i ricorrenti, nei rispettivi ricorsi, di identico tenore, denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ.
3. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1363 cod. civ.
4. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1367 cod. civ.
Con i tre motivi i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la delibera di esclusione del socio avesse disposto l’efficacia immediata, così facendo errata applicazione dei criteri di interpretazione letterale, sistematica e di conservazione del contratto che, invece, avrebbero dovuto indurre a ritenere che quest’ultima era destinata a produrre i suoi effetti solo decorso il termine di trenta giorni previsto dall’art. 2287 cod. civ.
5. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2287 cod. civ.
Con il motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la delibera di esclusione avesse efficacia immediata e che il termine di trenta giorni previsto dall’art. 2287 cod. civ. avesse la sola funzione di regolare le modalità dell’opposizione.
6. Il quarto motivo, preliminare rispetto agli altri, è fondato.
6.1. Ai sensi dell’art. 5 t.u.i.r. i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Per individuare i soci di una società di persone, ai fini della tassazione degli utili distribuiti, è necessario ricostruire la compagine sociale al momento di approvazione del rendiconto.
Si è affermato infatti, che, in tema di redditi prodotti in forma associata, qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti del citato art. 5, esclusivamente al contribuente che sia socio al momento dell’approvazione del rendiconto, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili; non deve, invece, farsi riferimento al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell’esercizio. Ciò in quanto la semplicistica ripartizione alla stregua del periodo di partecipazione non corrisponde necessariamente alla produzione del reddito da parte della società nei vari periodi (produzione non continua né uniforme nel tempo, e quindi insuscettibile di essere in tale misura frazionata), mentre secondo i principi civilistici in tema di ripartizione degli utili nelle società di persone – cui la disciplina tributaria coerentemente si uniforma – il diritto agli utili matura solo con l’approvazione del rendiconto (Cass. 26/05/2021, n. 14561, Cass. 30/07/2018, m. 20126).
Tale principio resta fermo anche ove si tratti di utili extra-bilancio per il quali, pertanto, non è giustificabile l’imputazione ai soci usciti dalla compagine sociale in corso d’anno, in rapporto al periodo di partecipazione.
6.2. La disciplina applicabile all’esclusione del socio è dettata dall’art. 2287 cod. civ. che prevede espressamente che la delibera di esclusione ha effetto soltanto decorsi trenta giorni dalla sua comunicazione. Il secondo comma statuisce che entro lo stesso termine il socio può spiegare opposizione.
La chiarezza del testo normativo non lascia dubbi interpretativi in ordine alla doppia rilevanza del termine di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione della delibera al socio escluso: al suo decorso, infatti, è collegato sia il prodursi dell’effetto costitutivo dello scioglimento del rapporto sociale sia la decadenza dall’impugnazione.
Anche ove si aderisse alla teoria negoziale che riconduce la delibera assembleare al negozio giuridico la norma si porrebbe in rapporto di specialità con l’art. 1334 cod. civ. procrastinando l’efficacia dell’atto di tenta gironi rispetto al momento in cui perviene a conoscenza del destinatario.
A nessuna diversa conclusione può giungersi nell’ipotesi in cui la delibera abbia espressamente disposto l’efficacia immediata dell’esclusione. Tanto, infatti, non può portare a ritenere che il termine dilatorio di trenta giorni di cui all’art. 2287 cod. civ. valga, in detta ipotesi, ai soli fini dell’opposizione, ferma l’immediata cessazione dello status di socio.
Trattasi, infatti, di interpretazione contraria al senso letterale della norma e non conforme alla sua ratio che va individuata nella tutela del socio escluso la quale resterebbe irrimediabilmente pregiudicata laddove l’assemblea potesse a piacimento stabilire l’immediata cessazione del rapporto sociale (cfr. Cass. 28/05/1993, n. 5958 che ha escluso l’immediata efficacia «contrattuale» dell’esclusione).
6.3. Restano, pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi – che vertono tutti sull’interpretazione della delibera impugnata – in quanto, la volontà dei soci, anche ove si fosse espressa per la immediata esclusione, non avrebbe comunque derogare all’art. 2287 cod. civ.
6.4. Va affermato, pertanto, il seguente principio di diritto: «In tema di redditi extra-contabili di società di persone, qualora nel corso di un esercizio si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale a causa dell’esclusione di un socio, per individuare i contribuenti cui devono essere imputati detti redditi, ex art. 5 t.u.i.r., deve considerarsi che, ai sensi dell’art. 2287 cod. civ., la delibera di esclusione del socio, nei rapporti tra le parti, anche ove preveda l’esclusione immediata, produce effetti solo decorsi trenta giorni dalla comunicazione al socio escluso».
6.5. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi.
Ha ritenuto, infatti, che, al fine di individuare nei soli ricorrenti i soci ai quali imputare per trasparenza i redditi extra-bilancio della società, avesse rilievo la data della delibera di esclusione del terzo socio; ha affermato, infatti, che, poiché quest’ultimo era presente all’adunanza la comunicazione della delibera era stata «immediata», con la conseguenza che il termine di trenta giorni rilevava ai soli fini dell’opposizione.
Viceversa, nel determinare la compagine sociale alla data di approvazione del rendiconto – rilevante per l’imputazione per trasparenza dei redditi, anche extra-contabili – avrebbe dovuto tener conto che l’esclusione del socio produceva effetto solo decorsi trenta giorni dalla comunicazione e, quindi successivamente alla data della chiusura dell’esercizio sociale, ovvero alla data del 31 dicembre 2006.
7. In conclusione, i ricorsi vanno accolti e le sentenze impugnate vanno cassate, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte la quale provvederà al riesame facendo applicazione dei principi sopra esposti e regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte conferma la riunione già disposta con ordinanza interlocutoria n. 14675 del 2023; accoglie entrambi i ricorsi; cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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