CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 15512 depositata il 1° giugno 2023
Lavoro – Licenziamento senza preavviso – Reintegrazione nel posto di lavoro – Risarcimento del danno – Rito Fornero non applicato – Impugnazione del licenziamento – Termine di decadenza – Computo dei termini processuali – Rigetto
Fatti di causa
1. con sentenza n. 4537 del 2021, la Corte d’appello di Napoli confermava la pronuncia n. 3044 del 2020, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva rigettato il ricorso proposto da A.L., dipendente dell’Agenzia delle Entrate-Direzione Regionale della Campania, inteso ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento senza preavviso intimatogli, la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno di cui all’art. 18 L. n. 300/1970, nella versione antecedente la riforma del 2012.
2. L’oggetto della lite era rappresentato dall’irrogazione da parte dell’Amministrazione, il 12 giugno 2018, della sanzione disciplinare del licenziamento, ai sensi degli articoli 55-quater, co. 1, lett. a), del d.lgs. 165/2001 e 2119 cod. civ., in applicazione degli articoli 55-bis e ter del d.lgs. 165/2001.
Il recesso datoriale trovava origine in un’ordinanza – emessa il 6 marzo 2018 nell’ambito del procedimento penale n. 12307 del 2016 – applicativa di una misura coercitiva ex art. 292 cod. proc. pen. sulla base del cui contenuto l’Amministrazione contestava al lavoratore, la falsa attestazione della presenza in servizio per un totale di oltre 56 ore di assenza.
Tale condotta, nonostante l’opposizione del dipendente, la chiusura delle indagini penali e l’annullamento della misura coercitiva disposta dal Tribunale del riesame, era secondo l’Agenzia delle Entrate, rilevante ai sensi dell’art. 55-quater, co. 1, lett. a) del d.lgs. 165/2001 e un’ipotesi di giustificato motivo di licenziamento senza preavviso.
A seguito del provvedimento disciplinare, il L. aveva proposto impugnativa stragiudiziale in data 7 luglio 2018 provvedendo, poi, a depositare il ricorso giudiziale il successivo 4 gennaio 2019.
3. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva respinto il ricorso per intervenuta decadenza ex art. 6 della l. n. 604/1966 (ricorso giudiziale depositato oltre i 180 giorni dall’impugnativa stragiudiziale).
4. Il L. aveva impugnato tale decisione dinanzi alla Corte d’appello di Napoli.
L’Amministrazione aveva resistito e presentato appello incidentale condizionato relativo al rito applicabile, non avendo il primo giudice erroneamente dato ingresso al c.d. rito Fornero.
5. La Corte territoriale confermava la statuizione di prime cure quanto all’intervenuta decadenza.
Rilevava che, ai sensi dell’art. 6 della L. n. 604/1966 l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale.
Riteneva, sulla base del generale principio di cui all’art. 155 cod. proc. civ., secondo il quale dies a quo non computatur, mentre dies ad quem computatur, ai fini del rispetto del termine decadenziale previsto dalla norma per l’impugnativa giudiziale del licenziamento, il computo dei centottanta giorni vede come termine iniziale il giorno successivo all’avvenuta impugnazione – dunque, nel caso di specie, l’8 luglio 2018 – e come termine finale il centottantesimo giorno, ossia il 3 gennaio 2019 (considerando, a tal fine, 24 giorni di luglio, 31 di agosto, 30 di settembre, 31 di ottobre, 30 di novembre, 31 di dicembre e 3 di gennaio, per un totale di 180).
Riteneva, pertanto, tardiva l’impugnativa giudiziale del 4 gennaio 2019.
6. Avverso tale decisione A.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
7. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3, cod. proc. civ. in relazione alla mancata applicazione del rito di cui all’articolo 409 cod. proc. civ.
In particolare, contesta l’applicazione del rito di cui all’art. 1 co. 47 ss. L. 92 del 2012, in luogo di quello ordinario disciplinato dagli articoli 409 ss. del cod. proc. civ.
2. Con la seconda censura, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione alla falsa applicazione dell’articolo 6 della L. 604 del 1966.
Rileva la legittimità del proprio agire in conformità della norma di legge, sulla base di due distinte argomentazioni.
Afferma che il deposito del ricorso è avvenuto il 4 gennaio 2019, ossia esattamente il centottantesimo giorno, l’ultimo giorno utile a partire dal 8 luglio 2018.
Sostiene che il termine de quo, in assenza di una specifica qualificazione da parte del legislatore, deve essere considerato come termine libero e, quindi, il giorno di effettiva decadenza dall’impugnativa del licenziamento coinciderebbe con il 7 gennaio 2018.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione alla errata applicazione dell’articolo 55 d.lgs. 165 del 2001.
Assume che l’Amministrazione ha violato lo specifico procedimento previsto dall’articolo 55-bis d.lgs. n. 165 del 2001, nel senso che non ha fornito la prova dell’esecuzione di questo procedimento posto a tutela del diritto di difesa del ricorrente.
Rileva che, prevedendo disposizione in esame che il procedimento disciplinare deve iniziarsi “senza indugio”, mentre fu avviato dopo tre anni dalla commissione dei fatti, l’adottato provvedimento risulta intempestivo e viola il requisito imprescindibile dell’immediatezza della contestazione.
4. Con il quarto rilievo, il ricorrente invoca la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione alla errata applicazione dell’art. 55-bis d.lgs. n. 165 del 2001.
Assume che, ai sensi dell’art. 55-bis d.P.R. 165 del 2001, il provvedimento si sarebbe dovuto concludere entro 60 giorni dalla contestazione degli addebiti.
Nel caso di specie, invece, la contestazione è stata notificata il 6 aprile 2018, mentre il provvedimento è stato concluso in data 12 giugno 2018; quindi, oltre il termine perentorio previsto dal legislatore e, perciò, l’atto di risoluzione del rapporto di lavoro è da considerarsi inesistente e/o nullo.
5. Con il quinto motivo, il ricorrente insiste nella violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione alla errata applicazione dell’articolo 18 della L. 300 del 1970.
In modo particolare, sostiene che al caso in esame vada applicato l’art. 18 della L. 300 del 1970 così come previsto prima della c.d. riforma Fornero, in quanto per consolidata giurisprudenza di legittimità le modifiche apportate nel 2012 non si applicano ai licenziamenti operati dalla p.a.
Alla luce di queste considerazioni, invoca, a fronte dell’illegittimità del licenziamento, la reintegra e il risarcimento dei danni pari a tutte le retribuzioni medio tempore maturate.
6. Infine, con l’ultima censura, il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. (p. 25 ricorso).
Sostiene che i motivi addotti dall’Amministrazione nel provvedimento di licenziamento, non integrano una “giusta causa” di recesso ai sensi della norma in epigrafe, tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto e ciò in quanto il L. è risultato non colpevole ed estraneo ai fatti così come ricostruiti in sede penale.
7. Il primo motivo è inammissibile.
Innanzitutto, non risulta dalla sentenza impugnata che sia stato applicato il c.d. rito Fornero.
Inoltre, la scelta di un rito in luogo di un altro assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (v. Cass. 27 gennaio 2015, n. 1448; Cass. 10 marzo 2020, n. 6754), situazione, questa, insussistente nel coso in esame.
8. Il secondo motivo è infondato.
La tesi del ricorrente, secondo la quale nel computo dei giorni previsti a pena di decadenza andrebbero scomputati tanto il dies a quo quanto il dies ad quem non trova riscontro nell’assetto normativo nel quale la vicenda si inquadra.
Il quadro normativo di riferimento è costituito dall’art. 6, commi 1° e 2°, legge n. 604 del 1966, che nel testo originario così disponevano: «1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. 2. Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento».
L’art. 32, comma 1, della Legge 4 novembre 2010, n. 183 e successivamente l’art. 1, comma 38, della Legge 28 giugno 2012, n. 92 hanno sostituito i primi due commi dell’art. 6 come segue: «1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. 2. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».
La ratio della modifica è stata individuata nell’esigenza di garantire la speditezza dei processi, attraverso l’introduzione di termini di decadenza ed inefficacia in precedenza non previsti, in aderenza con l’art. 111 Cost., operando un non irragionevole bilanciamento tra la necessità di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa del lavoratore (cfr. Cass. 5 novembre 2015, n. 22627).
Infatti, è stata creata una nuova fattispecie decadenziale, costruita su una serie successiva di oneri di impugnazione strutturalmente concatenati tra loro e da adempiere entro tempi ristretti (cfr. in motivazione Cass. 9 novembre 2015, n. 22824) e le novità introdotte vanno certamente analizzate nel contesto normativo in cui si inserisce la disposizione.
È stato così previsto un termine di decadenza fissato in 180 giorni dall’impugnativa di cui al medesimo art. 6, comma 1.
Trattandosi di termine di decadenza ‘a giorni’ non può che farsi applicazione della norma generale di cui all’art. 155, comma 1, cod. proc civ. secondo cui: «Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali».
Quindi, i termini a giorni o ad ore si computano escludendo il giorno o l’ora iniziali (dies a quo non computatur in termino) e considerando invece quelli finali (dies ad quem computatur).
Nello specifico, pacifico essendo che la data dell’impugnativa stragiudiziale era quella del 7 luglio 2018, il termine, calcolato dall’8 luglio 2018, scadeva il 3 gennaio 2019 (giovedì).
Il ricorso giudiziario depositato il 4 gennaio 2019 era, dunque, tardivo.
Né fondatamente si sostiene che i termini suddetti dovessero considerati ‘liberi’ (per i quali non vanno tenuti in considerazione né il dies a quo né il dies ad quem) in quanto tali sono solo quei termini espressamente qualificati come liberi.
Come da questa Corte già affermato (v. Cass. 23 maggio 2011, n. 11302), in tema di computo dei termini processuali, qualora la legge non preveda espressamente che si tratti di un termine libero, opera il criterio generale di cui all’art. 155, comma 1, cod. proc. civ., secondo il quale non devono essere conteggiati i giorni e l’ora iniziali computandosi invece quelli finali (si veda anche la più recente Cass. n. 18635/2021, per la quale: “la non computabilità sia del giorno iniziale che del giorno finale (cosiddetto termine libero o “di giorni liberi”) rappresenta, infatti, una ipotesi eccezionale, limitata a casi espressamente previsti dalla legge (cfr. Cass. Sez. 2, 27/03/1969, n. 995)”).
9. Gli altri motivi (che non riguardano statuizioni della sentenza impugnata) sono inammissibili e comunque assorbiti dalla decisione di cui ai motivi che precedono.
10. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
11. Alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.
12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 14801 depositata il 10 maggio 2022 - La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2020, n. 20605 - Nella notifica dell’avviso di accertamento a mezzo raccomandata, il termine di dieci giorni di cui all'art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 - in base al quale, ove il…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11543 depositata l' 8 aprile 2022 - In tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvo i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7334 - L'art. 391, primo comma, cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall'art. 15 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), alludendo ai "casi di estinzione del processo disposta per legge", si riferisce sia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2022, n. 13935 - In tema di giudizio per cassazione, l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 luglio 2021, n. 18975 - Nelle controversie tributarie, il termine per proporre appello, che deve essere qualificato come termine "a decorrenza successiva" e va dunque computato escludendo il termine iniziale e…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Per il provvedimento di sequestro preventivo di cu
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47640 depositata il…
- Il dirigente medico ha diritto al risarcimento qua
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28258 depositata il 9 ottobre 20…
- Il lavoratore in pensione ha diritto alla reintegr
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n . 32522 depositata il 23 novembre…
- Il dolo per il reato di bancarotta documentale non
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 42856 depositata il 1…
- La prescrizione in materia tributariava eccepita d
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27933 depositata il 4 ottobre 20…