CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5692 depositata il 23 febbraio 2023

Tributi – Avviso di liquidazione dell’imposta di donazione – Donazioni di azioni societarie esenti da imposta – Partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato – Le azioni donate non consentono il controllo della società – Mancata dichiarazione di impegno dei donatari a mantenere le azioni acquisite per i cinque anni successivi al trasferimento – Rigetto

Fatti della causa

1. L.S., notaio, avendo rogato l’atto con cui A.B. aveva donato azioni della società di diritto lussemburghese “S.F. s.a.” in favore di due figli e di tre nipoti, ha ritenuto dette donazioni esenti da imposta ai sensi dell’art. 3, comma 4 ter, del d.lgs. 346/90.

L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di liquidazione dell’imposta di donazione sul rilievo che non ricorrevano i presupposti richiesti dal suddetto articolo per la fruizione dell’esenzione.

Avverso l’avviso il notaio ha proposto ricorso davanti alla CTP di Lodi.

Il ricorso è stato respinto.

Con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia ha confermato la decisione di primo grado ritenendo l’esenzione fruibile non solo in relazione al trasferimento di azioni di società residenti nel territorio dello Stato ma anche al trasferimento di azioni di società non residenti e tuttavia, per queste come per le prime, alle condizioni -non verificatesi nel caso di specie- che le azioni donate consentano il controllo della società e che i donatari rendano la dichiarazione di impegno a mantenere le azioni acquisite per i cinque anni successivi al trasferimento.

2. Per la cassazione della sentenza della CTR il notaio ha proposto ricorso sulla base di un motivo con cui lamenta “violazione o falsa applicazione dell’art.3 comma 4 ter, del d.lgs. 346/90 e dell’art.12 delle preleggi, in relazione all’ art. 360, comma 1, n.3, del c.p.c.”.

Il ricorrente sostiene la tesi per cui dalla interpretazione letterale e teleologica dell’art.3, comma 4 ter, del d.lgs. 346/90, emergerebbe che l’esenzione spetta per le donazioni di partecipazioni anche di società non residenti e, per tali donazioni, pure in assenza delle condizioni previste invece, dalla seconda e dalla terza proposizione del medesimo articolo, per il trasferimento di azioni di società residenti.

3. l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

4. La Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. L’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. 346/90 stabilisce che: “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768 bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1) del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso”.

3. Le questioni portate con il motivo di ricorso alla attenzione del Collegio (sopra punto 2 della esposizione dei fatti di causa) nascono dal fatto che il secondo periodo della disposizione in commento, tramite il richiamo all’art. 73, comma 1, lett. a) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, fa esclusivamente riferimento alle s.p.a., alle s.a.p.a., alle s.r.l., alle società cooperative e alle società di mutua assicurazione “residenti nel territorio dello Stato”.

La disposizione sembra quindi escludere le partecipazioni in società diverse da quelle indicate, in particolare, per quanto interessa, le partecipazioni in società non residenti.

4. La disposizione esentativa è stata introdotta, come evidenziato in dottrina, al fine di agevolare il passaggio generazionale dell’azienda preservandone efficienza, funzionalità ed unitarietà.

L’Amministrazione, in vari documenti di prassi (risposte ad interpello n. 37 e 38 del 7 febbraio 2020; n. 231 del 12 luglio 2019; n. 257 del 17 luglio 2019; circolare n. 18/E del 29 maggio 2013, paragrafo n.5.3.), a sua volta, ha osservato che «con la richiamata disposizione, il legislatore ha inteso favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione, tuttavia, che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento».

Definitivamente, questa Corte ha chiarito che “il beneficio fiscale in esame realizza nell’ordinamento interno l’oggetto della raccomandazione n. 94/1069 del 7 dicembre 1994, con la quale la Commissione Europea richiedeva ai singoli Stati membri di adottare misure idonee a facilitare il passaggio generazionale delle piccole e medie imprese, al fine di assicurarne la sopravvivenza e di salvaguardarne i livelli occupazionali, considerando: – “che uno degli ostacoli al buon esito della successione è costituito dalla difficoltà per i successori di finanziare il compenso per gli altri coeredi e che alcuni strumenti di finanziamento adeguati dovrebbero essere disponibili in tutti gli Stati membri”; – “che uno dei principali ostacoli al buon esito della successione familiare è costituito dal correlativo onere fiscale”; – “che il pagamento delle imposte di successione o di donazione rischia di mettere in pericolo l’equilibrio finanziario dell’impresa e quindi la sua sopravvivenza” (Cass. n. 32823 del 19 dicembre 2018; v. anche, Cass. 7429/2021).

4. Quanto sopra premesso si osserva:

4.1. l’estraneità al beneficio dei trasferimenti diretti o indiretti (ossia tramite cessioni di azioni) di aziende situate all’estero, è stato detto, parrebbe “riflettere il disinteresse dell’ordinamento italiano per le sorti di aziende situate al di fuori del suo territorio, ancorché controllate da soggetti residenti in Italia”;

4.2. occorre tuttavia precisare che tale disinteresse non può in realtà riguardare aziende e società con sede in altri Paesi dell’Unione Europea giacché, se così fosse, l’inapplicabilità ad esse della esenzione verrebbe a contrastare con la libertà di stabilimento di iniziative economiche nel territorio dell’Unione, assicurata dall’art. 49 TFUE già art. 43 del Trattato CE giacché i residenti in Italia, che esercitano direttamente o indirettamente -cioè mediante società controllate- attività di impresa nel territorio di un altro Stato membro verrebbero a trovarsi in una posizione deteriore rispetto a quella dei residenti che esercitano detta attività in Italia. Pertanto l’espressione “non residenti nel territorio dello Stato” deve essere letta -in coerenza, del resto, col fatto che la legge esentativa trae origine dalla sollecitazione della sopra ricordata raccomandazione della Commissione europea-, come in realtà dicente “non residenti nel territorio dello Stato né nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea”;

4.3. alla luce di quanto precede e considerato che la società “S.F. s.a.” è residente nell’Unione (in Lussemburgo), avuto riguardo al presupposto soggettivo, l’esenzione sarebbe applicabile alla società in questione.

5. Tuttavia, come correttamente la CTR ha affermato, l’esenzione non può essere riconosciuta dato che le azioni donate non consentono il controllo della società (né i donatari hanno reso la dichiarazione di impegno a mantenere le azioni acquisite per i cinque anni successivi al trasferimento).

5.1. La tesi del ricorrente secondo cui, per le società estere ogni trasferimento di azioni, anche in misura tale da non consentire il controllo della società e indipendentemente dalla presentazione della dichiarazione di impegno da parte degli aventi causa a mantenere il controllo per il previsto quinquennio, sarebbe esentata è insostenibile per più ragioni.

5.1.1. In primo luogo perché in contrasto con la ratio della legge: il termine “trasferimenti” -che, merita sottolineare, è usato nella prima parte della disposizione- non può̀ considerarsi come riferito ai trasferimenti di titoli partecipativi in misura che non consenta il controllo della società. Come questa Corte ha evidenziato infatti “la cessione contestuale del disponente di più quote societarie, per usufruire dell’esenzione, deve consentire che sia realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa conservandone l’unitarietà e la funzionalità mediante il totale trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti” (Cass.7429/2021 cit.). Solo mediante la detenzione del controllo è possibile influire sulle decisioni relative alla conservazione dell’azienda e alla gestione dell’impresa. Ipotizzando di neutralizzare questa condizione l’esenzione varrebbe anche in favore di chi si troverebbe solo a concorrere ai risultati economici della gestione aziendale;

5.1.2. In secondo luogo, come osservato in dottrina, perché riconoscere l’agevolazione alle partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato in modo incondizionato “definirebbe per queste partecipazioni un regime più favorevole di quello valevole per le partecipazioni in società residenti” nel territorio dello Stato. Tale regime di maggior favore sarebbe privo di logica dal punto di vista interno rispetto ai principi di ragionevolezza e di capacità contributiva (art.3 e 52 Cost.) e dal punto di vista unionale rispetto al già ricordato principio di libertà di stabilimento.

5.1.3. Deve quindi concludersi che l’esenzione di cui all’art. 3 comma 4-ter del d.lgs. 346/90 vale anche per le partecipazioni di società non residenti in Italia se comunque residenti nell’Unione, subordinatamente alle stesse condizioni richieste dal medesimo articolo con riferimento alle partecipazioni in società residenti in Italia ossia alla condizione che, con la donazione sia integrato o mantenuto il controllo di diritto sulla società partecipata in capo agli aventi causa e alla condizione che questi ultimi si impegnino a mantenere il controllo societario, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, con apposita dichiarazione contestuale alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione.

6. In considerazione di quanto detto, il ricorso deve essere rigettato.

7. Le spese sono compensate data la novità della questione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

compensa le spese;

ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.