Corte di Cassazione sentenza n. 8386 depositata il 4 aprile 2018
LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – GIUSTA CAUSA – RITARDO NELL’INIZIO TURNO – ASSUNZIONE FARMACI ANTIDEPRESSIVI – SUSSISTE
PREMESSO IN FATTO
che con sentenza n. 244/2015, depositata il 7 settembre 2015, la Corte di appello di Trieste ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale il Tribunale di Udine aveva respinto il ricorso di N.G. volto alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa allo stesso intimato da Autostrade per l’Italia S.p.A. per avere, nella notte fra il 30 e il 31 luglio, iniziato in ritardo il servizio di pattugliamento nella tratta di competenza (omissis), costringendo il più giovane collega che lo accompagnava ad analoga violazione dei doveri di correttezza e diligenza, e per avere tenuto una condotta preordinata a non rendere la prestazione richiesta, condotta, in particolare, consistita nell’avere introdotto una brandina nel locale cucina del (omissis), trattenendosi a dormire dalle ore 3.30 alle ore 6.00 circa, anche dopo essere stato svegliato dall’ingresso nel locale di un collega, e nell’avere dato inizio al servizio affidatogli soltanto alle ore 6.14;
– che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il N. con sei motivi, cui ha resistito la società con controricorso;
– che risulta depositata comparsa di costituzione di nuovo difensore per il ricorrente.
RILEVATO IN DIRITTO
che con i motivi proposti viene dedotta:
1) con il primo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 7, per avere la Corte erroneamente ritenuto che nella valutazione dell’esistenza di una giusta causa il giudice non sia vincolato alle disposizioni del contratto collettivo e del codice disciplinare aziendale, così pervenendo a ritenere legittima la sanzione inflitta, quando invece tali disposizioni prevedevano, per le singole condotte addebitate nella lettera di contestazione, sanzioni di tipo esclusivamente conservativo;
2) con il secondo, la nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., per non avere esaminato il motivo di appello concernente gli effetti sulla capacità di guidare veicoli provocati dal farmaco antidepressivo che il ricorrente aveva assunto prima che cominciasse il turno di pattugliamento;
3) con il terzo, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, e dell’art. 35 CCNL di settore, per avere ritenuto legittimo il licenziamento intimato sulla base di comportamenti (avere taciuto l’assunzione del farmaco e il conseguente stato di inidoneità al servizio) non oggetto di contestazione;
4) con il quarto, nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all’art. 132 c.p.c. e all’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere, con riferimento alle medesime circostanze di cui al motivo precedente, contraddittoriamente motivato il proprio convincimento, ritenendo, da un lato, che sussistesse l’inidoneità al servizio, con l’affermazione che il N. aveva violato l’obbligo di segnalarla al datore di lavoro, e, dall’altro, escludendola, là dove la Corte aveva considerato che il lavoratore avesse agito con intenzionalità;
5) con il quinto, violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 3, L. n. 300 del 1970, art. 13, per avere omesso di valutare le mansioni cui il lavoratore era obbligato, al fine di verificare la sussistenza di inadempimenti idonei a pregiudicare il permanere del rapporto fiduciario;
6) con il sesto, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 7, per avere erroneamente ritenuto, valorizzando l’attività istruttoria medio tempore effettuata, che la contestazione disciplinare fosse stata tempestiva, nonostante fossero trascorsi 23 giorni dai fatti e gli accertamenti effettuati fossero stati condotti all’interno delle strutture aziendali;
osservato:
che il primo motivo è infondato, essendosi la Corte di appello correttamente attenuta all’orientamento secondo il quale “in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, allorquando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, il giudice di merito non deve esaminarli partitamente, riconducendoli alle singole fattispecie previste da clausole contrattuali, ma deve valutarli complessivamente al fine di verificare se la loro rilevanza complessiva sia tale da minare la fiducia che il datore di lavoro deve poter riporre nel dipendente” (cfr., fra le molte, Cass. n. 6454/2006);
– che il secondo, il terzo e il quarto motivo, i quali possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, risultano inammissibili;
– che, infatti, essi si risolvono in censure di ordine motivazionale non conformi al modello dell’art. 360 c.p.c., n. 5, quale risultante a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, e delle precisazioni di cui alle sentenze di questa Corte a Sezioni Unite n. 8053 e n. 8054 del 2014;
– che al riguardo si deve rilevare come la Corte di merito abbia preso espressamente in esame la dichiarata assunzione di farmaci antidepressivi prima dell’inizio del turno e gli effetti che questi avrebbero potuto determinare, valutandola peraltro non alla stregua di una condotta illecita fra le altre disciplinarmente rilevanti oggetto di contestazione ma quale circostanza che, allegata a fini difensivi dal lavoratore, era comunque da ritenersi indicativa di un chiaro elemento di intenzionalità nella realizzazione del fatto addebitato, tenuto conto dei successivi e coerenti comportamenti in cui esso si era articolato (cfr. sentenza impugnata, pp. 10-12);
– che il quinto motivo è infondato, avendo la Corte territoriale svolto – in adesione a consolidato orientamento di legittimità (cfr., fra le molte, Cass. n. 5019/2011) – una valutazione complessiva del comportamento del lavoratore, considerato tanto nel suo contenuto oggettivo come nella sua portata soggettiva, e quindi anche con riguardo al grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate, in particolare sottolineando, a tale ultimo proposito, la natura peculiare del servizio cui il N. era stato applicato la notte del 31 luglio 2011, diretto a “sopperire ad esigenze straordinarie di sicurezza e viabilità delle autostrade in un periodo caratterizzato, come notorio e riconosciuto dalle parti, da esodi estivi” (p. 15);
– che non può essere accolto neppure il sesto motivo, in quanto la Corte di appello, nel ritenere tempestiva la contestazione disciplinare rispetto al fatto addebitato, si è uniformata all’orientamento, anch’esso del tutto consolidato, per il quale “l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa, fermo restando che la valutazione delle suddette circostanze è riservata al giudice del merito” (cfr. tra le più recenti Cass. n. 281/2016);
ritenuto:
conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
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