Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 33027 depositata il 28 luglio 2023
pene alternative alla detenzione
RITENUTO IN FATO
1. La Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 26 gennaio 2023 (motivazione contestuale), decidendo ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. sulla base del concordato intervenuto tra le parti in ordine ai motivi di gravame, ha rideterminato in mesi quattro di reclusione la pena inflitta a A.P. per il delitto di resistenza.
2. Avverso la indicata sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce un unico motivo, relativo a violazione di legge in riferimento al mancato avviso da parte della Corte di appello della nuova disciplina normativa relativa alle pene sostitutive (artt. 20-bis cod. pen. e 53 ss. l. n. 689 del 1981), applicabili all’imputato al quale non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena (come nel caso in questione), e alla conseguente mancata applicazione del meccanismo processuale di cui all’art. 545- bis cod. proc. pen. Disciplina, questa, che l’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 rende in via transitoria applicabile anche ai giudizi di appello.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla l.n. 176 del 2020, e le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. L’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum normativo introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso all’entrata in vigore della disciplina normativa (30 dicembre 2022) che si trovino in primo grado e in appello. Per cui ad essi risulta applicabile anche l’art. 545-bis proc. pen. il cui comma 1 stabilisce che «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura “bifasica”).
3. L’art. 58 della l.n. 689 del 1981(rubricato “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lg. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». A sua volta, l’art. 20-bis cod. pen., indica che le pene sostitutive (la cui disciplina è declinata nella l.n. 689 del 1981) sono: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva.
4. La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 (in Supplemento straordinario 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 245 del 19/10/2022, n. 351 ss.), in riferimento alle pene sostitutive introdotte, chiarisce che «Tale tipologia di sanzioni si inquadra come è noto tra gli istituti – il più antico dei quali è rappresentato dalla sospensione condizionale della pena – che sono espressivi della c.d. lotta alla pena detentiva breve; cioè del generale sfavore dell’ordinamento verso l’esecuzione di pene detentive di breve durata. È infatti da tempo diffusa e radicata, nel contesto internazionale; l’idea secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi, in termini di risocializzazione dei condannati e di riduzione dei tassi di recidiva. Quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducare e risocializzare il condannato – come impone l’articolo 27 della Costituzione – è obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene diverse da quella carceraria, che eseguendosi nella comunità delle persone libere escludono o riducono l’effetto desocializzante della detenzione negli istituti di pena, relegando questa al ruolo di extrema ratio. La Costituzione, nel citato articolo 27, parla al terzo comma, al plurale, di “pene” che devono tendere alla rieducazione del condannato. Non menziona il carcere e, comunque, non introduce alcuna equazione tra pena e carcere. La pluralità delle pene, pertanto, è costituzionalmente imposta perché funzionale, oltre che ad altri principi (es., quello di proporzione), al finalismo rieducativo della pena». Precisandosi, altresì, che «La valorizzazione delle pene sostitutive all’interno del sistema sanzionatorio penale, operata della legge delega, rende opportuna l’introduzione nel codice penale di una disposizione di raccordo con l’articolata disciplina delle pene stesse, che continua a essere prevista nella legge 689 del 1981. Per ragioni di economia e di tecnica legislativa, oltre che di rispetto della legge delega, la disciplina delle pene sostitutive non viene inserita nel codice penale, dove nondimeno è opportuno, per ragioni sistematiche, che alla disciplina stessa venga operato un rinvio nella parte generale, trattandosi di pene applicabili alla generalità dei reati. Per tale ragione si introduce un nuovo art. 20 bis c.p. (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”) – inserito nel Titolo II (Delle pene), Capo I (Delle specie di pene, in generale), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie. Scopo della nuova disposizione è di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene, delineato dalla parte generale del codice, richiamando la disciplina della legge 689 del 1981».
5. Ciò premesso, rileva il Collegio che, sulla base della disciplina normativa sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce diritto dell’imputato ma – così come si è pacificamente ritenuto in riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 l.n. 689 del 1981 – rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati. Invero, in riferimento alle predette sanzioni, questa Corte ha precisato che «La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, P,ritoni, Rv. 263558 – 01). Tale principio è trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133. Pertanto, in assenza di una richiesta formulata in tal senso dall’appellante non vi è obbligo per il Giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell’art. 20-bis.
6. Soluzione diversa, invece, deve accogliersi nell’ipotesi in cui l’imputato abbia formulato richiesta in tal senso nei motivi di appello, nei motivi nuovi ex 585, comma 4, cod. proc. pen., ovvero nell’udienza di trattazione del gravame. In questo caso, alla luce della disposizione transitoria che ha reso applicabile la nuova disciplina sanzionatoria ai processi che all’entrata in vigore della stessa si trovino in grado di appello, il giudice di secondo grado dovrebbe dar conto delle ragioni per le quali non sussistono i presupposti per l’applicazione della pena sostitutiva richiesta.
Questa Corte – sempre in riferimento alle sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 l.n. 689 del 1981 – ha infatti precisato che poiché, come si è detto, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 c.p., la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, Sampugna, rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, Amato, rv. 247853).
Né può ritenersi che la richiesta di sostituzione, ove non formulata in sede di appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen.
Invero, il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui «il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981» (sentenza n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125), deve essere coordinato con la suindicata disciplina transitoria.
Questa, infatti, stabilisce espressamente l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi di appello in corso all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase – introduttiva o decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame. Tale interpretazione, oltre che risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l’intentio legislatoris, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive, ove il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati.
Pertanto, pure nella fase transitoria disciplinata dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato impone al giudice di motivare sul punto; con la conseguenza che la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica potrebbe essere oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (v. Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, Ahmetovic, Rv. 276716 – 01).
7. Va quindi affermato il principi0 che, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lg. n. 150 del 2022, affinchè il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20-bis pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello.
Poiché, nella specie, ciò non si è verificato il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 28031 depositata il 28 giugno 2023 - Ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 ottobre 2021, n. 29692 - La trattazione del ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un’istanza in tal senso di una delle parti ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. 31 dicembre 1992,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11724 depositata il 12 aprile 2022 - Il divieto di nuove eccezioni in appello si riferisce esclusivamente alle eccezioni in senso stretto o proprio, rappresentate da quelle ragioni delle parti sulle quali il giudice…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 novembre 2021, n. 35057 - Nel rito del lavoro deve attribuirsi la fede privilegiata dell'atto pubblico sia al verbale di udienza che al dispositivo della sentenza letto in udienza, compresa la relativa intestazione,…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 25739 depositata il 11 giugno 2019 - La nullità assoluta ed insanabile della citazione dell'imputato, ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della…
- Corte di Cassazione sentenza n. 25863 depositata il 2 settembre 2022 - Nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…