CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 10209 depositata il 16 aprile 2024
Lavoro – Licenziamento collettivo per riduzione del personale – Deroga all’applicazione dei criteri di scelta – Motivazione sintetica – Incompletezza della comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, della Legge n. 223/1991 (vizio formale) – Vizio sostanziale (violazione dei criteri di scelta) – Tutela indennitaria – Mancata esplicitazione, nella comunicazione, delle ragioni di preferenza di un collega rispetto all’altro nel medesimo reparto – Inammissibilità
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Cagliari ha rigettato il reclamo proposto dalla s.r.l. A. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in parziale accoglimento delle domande proposte da G.F. in relazione a impugnativa del licenziamento intimatogli il 14/4/2015 nell’ambito di procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale, aveva ritenuto violato da parte della società il disposto di cui all’art. 4, comma 9, legge n. 223/1991 e applicato la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5, legge n. 300/1970, con condanna del datore di lavoro al pagamento al lavoratore licenziato di un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
2. per quanto in questa sede ancora rileva, la violazione procedurale è stata ravvisata, nelle fasi di merito, perché non era stato provato da parte della società di avere allegato alla comunicazione conclusiva prevista dalla legge idonea documentazione comprovante le ragioni della scelta di procedere al licenziamento del lavoratore originario ricorrente a preferenza di altro collega dello stesso reparto (scelta ritenuta, peraltro, rientrante nell’ambito delle esigenze tecnico-produttive e giustificata da maggiore competenza del collega in specifiche procedure);
3. per la cassazione della predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria; resiste il lavoratore con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata viene censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 9, legge 23 giugno 1991, n. 223, anche in relazione all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale; si sostiene che la Corte di Appello ha affermato che la deroga all’applicazione dei criteri di scelta richiede una congrua motivazione, ma, operando un’illegittima interpretazione della legge, ha erroneamente ritenuto che tale motivazione non potesse avere il carattere della sinteticità:
2. con il secondo motivo, la sentenza impugnata viene censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 9, legge n. 223/1991 in relazione agli artt. 1362, 1363, 1366, 1368 c.c., e, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla mancata interpretazione secondo i criteri ermeneutici previsti dalla legge del contenuto dall’accordo 7/4/2015 tra la società e le OO.SS. sui criteri di scelta applicati nel reparto specifico in cui operava l’attuale controricorrente (back office del magazzino ricambi), senza tener conto della comune intenzione delle parti;
3. i motivi risultano inammissibili, perché entrambi non centrati rispetto alla ratio decidendi della sentenza gravata;
4. questa si è mossa nel solco della giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui, in tema di licenziamenti collettivi, la non corrispondenza al modello legale della comunicazione, di cui all’art. 4, comma 9, della legge n. 223/1991, così come la sua incompletezza, integrano una violazione delle procedure cui consegue la tutela indennitaria (ex art. 18, comma 7, terzo periodo, della legge n. 300/1970), quantificabile tra dodici e ventiquattro mensilità, in forza dell’art. 5, comma 3, della legge n. 223/1991, come sostituito dall’art. 1, comma 46, della legge n. 92/2012 (Cass. n. 2587/2018, n. 19010/2018);
5. nell’ambito della distinzione tra cd. vizio formale (incompletezza della comunicazione circa i criteri di scelta) e cd. vizio sostanziale (violazione dei criteri di scelta), nel merito il Tribunale e la Corte di Cagliari hanno escluso nel caso concreto la sussistenza di vizi sostanziali e ravvisato invece un significativo vizio formale, consistito nella mancata esplicitazione, nella comunicazione di cui si discute, delle ragioni di preferenza di un collega rispetto all’altro nel medesimo reparto; quindi, la violazione della procedura non è stata ancorata né a mancata rispondenza a legittime ragioni tecnico- produttive delle ragioni concrete della scelta correlate a maggior ventaglio di competenze di un lavoratore rispetto all’altro, né al fatto che effettivamente dette maggiori competenze fossero da riscontrare in capo al lavoratore non licenziato;
6. è stato invece ritenuto che, non essendo stata allegata – alla comunicazione conclusiva della procedura inviata alle autorità pubbliche competenti – la nota del capo-reparto in base alla quale tali ragioni di preferenza risultavano provate, non era stato consentito il controllo sulla corretta applicazione della procedura, cui è finalizzata la sua completezza stabilita dalla legge;
7. perciò (primo motivo) la Corte non ha affermato che la comunicazione non possa essere sintetica, ma ha specificato il diverso concetto che le ragioni indicate per applicare i criteri di scelta concordati devono essere provate ed espresse nella comunicazione conclusiva, atteso che detta comunicazione è finalizzata a consentire anche ai singoli lavoratori il controllo tempestivo sulla correttezza procedimentale dell’operazione posta in essere dal datore di lavoro, anche al fine di acquisire ogni elemento di conoscenza e non comprimere lo spatium deliberandi riservato al lavoratore per l’impugnazione del recesso nel termine di decadenza fissato dalla legge (cfr. Cass. n. 25807/2019, n. 8680/2015);
8. neppure (secondo motivo) la Corte ha messo in discussione la concreta applicazione dei criteri di scelta come concordati con le parti sindacali, ma si ripete, la prova, nel corso della procedura, delle ragioni che hanno portato alla sua applicazione, non adeguatamente specificati nella comunicazione, posto che, a norma dell’art. 4, comma 9, cit., la comunicazione alle pubbliche autorità con l’elenco dei lavoratori licenziati deve contenere “puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta”, onere di puntualità a carico di parte datoriale valutato nel merito come non adempiuto, con accertamento probatorio per sua natura tipicamente non sindacabile in sede di legittimità ove congruo e motivato;
9. per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere respinto;
10. in ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in favore di parte controricorrente;
11. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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