CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4256 depositata il 16 febbraio 2024
Lavoro – Indennità di posizione, indennità di risultato e incremento sulla tredicesima mensilità – Conferimento della posizione organizzativa – Provvedimento privo della sottoscrizione da parte del responsabile finanziario – Diritto al trattamento accessorio anche in caso di mancanza o illegittimità del provvedimento di formale di attribuzione – Accoglimento
Rilevato che
1. Con ricorso per decreto ingiuntivo A.C., funzionario direttivo amministrativo del Comune di Marino, deduceva che le era stata conferita dal predetto Comune – con provvedimento n. 105 del 2003 del direttore del personale – la posizione organizzativa “Contratti-Appalto e Patrimonio” per l’anno 2003, con indicazione, nel medesimo provvedimento, delle somme a lei spettanti a titolo di indennità di posizione, indennità di risultato e dell’incremento sulla tredicesima mensilità.
2. Rappresentava che il Nucleo di valutazione dell’ente locale aveva – all’esito – positivamente valutato il risultato delle attività svolte.
3. Sulla scorta delle innanzi indicate deduzioni chiedeva il riconoscimento degli importi dovuti, così come indicati nell’innanzi ricordato provvedimento n. 105.
4. Proponeva opposizione a decreto ingiuntivo il Comune di Marino, evidenziando che il provvedimento n. 105 del 2003 del direttore del personale era privo di efficacia esterna.
5. Il Tribunale, nel decidere l’opposizione, rilevava che:
a) era incontroverso che la ricorrente avesse ricoperto il ruolo di responsabile del Servizio legale e del Servizio patrimoniale per l’anno 2003; b) che era inefficace il conferimento della posizione organizzativa in ragione del mancato superamento dei controlli da parte dell’ente del provvedimento n. 105 citato, nello specifico privo della sottoscrizione da parte del responsabile finanziario.
6. Tanto premesso, risultando provato lo svolgimento dell’incarico di fatto, condannava il Comune al pagamento in favore della lavoratrice, della somma di € 4.000.
7. La Corte di appello di Roma, per quanto qui di interesse, rilevava l’illegittimità del conferimento alla lavoratrice degli incarichi relativi ai due Servizi innanzi indicati, in quanto – non contestato che il Comune di Marino avesse all’epoca dei fatti nel proprio organico personale dirigenziale – i Servizi di cui innanzi, di natura dirigenziale, non potevano esser conferiti ad un funzionario di livello D3, quale l’odierna ricorrente.
8. Sulla base di tali premesse, osservava quindi la Corte territoriale che “venuta meno la legittimità della responsabilità dei due uffici dirigenziali da parte della dottoressa C. per difetto dei presupposti di legge, la disposizione collettiva applicabile per individuare il compenso da attribuire per l’ipotesi dell’esercizio di fatto della posizione organizzativa “Contratti-Appalto/Patrimonio” non è quella individuata dalla ricorrente e cioè gli artt. 9 e 10 c.c.n.l. del 1999, bensì l’art. 17, comma 2, lettera F” , disposizione da cui, secondo l’interpretazione del giudice territoriale, si evince che il personale di categoria D non incaricato (legittimamente) delle funzioni dell’area cui inerisce la specifica responsabilità, nello specifico la posizione organizzativa per cui è causa, può aspirare solo al compenso massimo lordo compreso tra il minimo di £ 1.000,00 ed il massimo di 2.000,00 in base all’art. 34 del c.c.n.l. del 2004 applicabile ratione temporis e non agli elementi retributivi stabiliti dall’art. 10 del medesimo contratto collettivo.
9. In conclusione, la sentenza qui impugnata, confermata la decisione del Tribunale circa l’inefficacia della determinazione dell’Ente n. 105 del 2003, in riforma della sentenza di prime cure, condannava il Comune di Marino a corrispondere alla lavoratrice la minor somma di € 1300, 00 oltre interessi legali dalla maturazione del credito.
10. Propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, A.C..
11. Resiste con controricorso il Comune di Marino, che deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Considerato che
1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 2126 c.c., dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 36 della Costituzione in materia di retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 2, lettera f) del c.c.n.l. dell’1.4.1999 delle Regioni ed enti locali.
1.1. Nel dettaglio, parte ricorrente osserva che la sentenza di appello ha escluso l’applicabilità alla fattispecie qui all’attenzione delle norme del c.c.n.l. recanti la disciplina della posizione organizzativa e della corrispondente retribuzione sul presupposto dell’illegittimità dei provvedimenti di conferimento degli incarichi “Contratti -Appalto e Patrimonio”, tanto a prescindere dal pacifico svolgimento in fatto, e con risultati positivi, dei predetti incarichi.
1.2. Evidenzia che la sentenza di appello andrebbe cassata per non essersi conformata all’indirizzo nomofilattico espresso dalla S.C. in Sez. L. n. Cass. n. 8141 del 2018. La retribuzione connessa allo svolgimento della posizione organizzativa compete, si sostiene, anche per il caso di illegittimo conferimento dell’incarico, per l’ipotesi di esercizio in fatto della posizione organizzativa.
2. Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 342 c.p.c.
2.1. Ci si duole, nella sostanza, di quel passaggio della pronunzia di appello in cui viene censurata la mancata proposizione di un motivo di gravame, in relazione alla affermata invalidità, nella pronunzia di primo grado, della determinazione dirigenziale n. 105 del 2003 con la quale le era stata conferita la posizione organizzativa. Si sottolinea l’irrilevanza della questione, perché ciò che rileva ai fini del riconoscimento del diritto preteso è lo svolgimento in fatto della posizione organizzativa che non è stato giammai messo in discussione.
3. In via preliminare va rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per cassazione, insistita dal Comune controricorrente anche nella memoria ex art. 378 c.p.c.
3.1. Nel dettaglio l’ente pubblico sostiene che l’improcedibilità in ragione del rilievo che la lavoratrice non avrebbe giammai invocato né l’applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, né delle norme della contrattazione collettiva del 1999.
4. L’eccezione è infondata e va rigettata in ragione dell’applicazione del principio iura novit curia, applicabile, come è noto, oltre che alle disposizioni di legge, anche alla contrattazione collettiva in materia di pubblico impiego, secondo il costante orientamento del giudice di legittimità (cfr. sul punto, tra le tante, Sez. 6-L, n. 7641 del 2022, rv. 664091-01, Sez. 6-L, n. 6394/2019, rv. 653173-01, Sez. 6-L, n. 19507 del 2014, rv. 632669-01).
5. Tanto premesso, i due motivi del ricorso per cassazione possono essere esaminati congiuntamente stante l’intima connessione.
5.1. Essi sono entrambi fondati nei limiti segnati dalla presente motivazione ed alla luce delle brevi considerazioni di seguito svolte.
5.2. La S.C., in plurime pronunzie, tra le quali non può mancarsi di rammentare, tra le più recenti, la massimata Cass. Sez. L. n. 8141 del 2018, rv. 647618-01, che si pone in continuità con la precedente Cass. sez. L. n. 18808/2013, rv. 628344-01, ha più volte affermato che la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale ed individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva, sottolineando che ove il dipendente, come nel caso qui all’attenzione, “venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa”.
5.3. Ebbene, nel caso di specie – sulla scorta dell’innanzi ricordato insegnamento del giudice di legittimità cui questo Collegio si conforma non essendo emerse ragioni per discostarsene, riportandosi altresì al complessivo percorso motivazionale della pronunzia innanzi richiamata anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. – incontestato lo svolgimento in fatto delle mansioni proprie della posizione organizzativa da parte della lavoratrice, del tutto irrilevante, è, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l’illegittimità del procedimento di conferimento dell’incarico, competendo alla lavoratrice il diritto a percepire il trattamento economico corrispondente alle mansioni in fatto espletate, ivi compreso quello accessorio qui in discussione.
6. Ne consegue l’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che si conformerà ai principi innanzi enunziati.
7. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.