CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 5679 depositata il 4 marzo 2024
Lavoro – Crediti di lavoro – Pagamento indennità di trasferta – Differenze retributive per maggior lavoro – Rigetto
Rilevato che
1. Con la sentenza n. 119/2019 la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Siracusa che aveva accolto le domande proposte dagli autisti dell’I. spa, in epigrafe indicati, finalizzate ad ottenere il pagamento dell’indennità di trasferta ridotta ad 1/3 ex art. 20 lett. b del CCNL Autoferrotramvieri nonché delle maggiori somme dovute per i titoli ulteriori (differenze retributive per il periodo 1.3.94/30.9.97 per il maggior lavoro per deviazioni di percorsi, con maggiori tempi e percorrenze): importi liquidati nella misura accertata dal CTU.
2. I giudici di seconde cure, premesso che sull’an debeatur tra le parti era intervenuta altra sentenza della Corte di appello di Catania (n. 99 del 2009), passata in giudicato, hanno rilevato che, alla base di tale pronuncia, vi erano stati i prospetti analitici prodotti dai singoli ricorrenti, depositati per dimostrare le loro pretese e ridepositati nel presente giudizio, che costituivano il fondamento logico-giuridico della predetta decisione divenuta definitiva e che conservavano, quindi, gli effetti propri del giudicato: prospetti sui quali erano stati poi redatti i conteggi del CTU.
3. Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione l’I. spa affidato a due motivi cui gli intimati hanno resistito con controricorso, depositando altresì memoria.
4. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte distrettuale rilevato che gli originari ricorrenti non avevano assolto l’onere probatorio a loro carico in quanto non avevano fornito la prova dei fatti posti a fondamento della domanda di condanna al pagamento dei crediti di lavoro: in particolare, per avere ritenuto decisiva e rilevante la documentazione allegata al giudizio di primo grado che proveniva dalla stessa parte che intendeva giovarsene e che si palesava generica, indeterminata, in copia e di provenienza incerta, e per non avere considerato che la sentenza di condanna generica non poteva essere ritenuta valida prova ai fini della domanda di liquidazione del danno che andava dimostrata autonomamente.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale omesso di valutare la specificità e la rilevanza delle contestazioni formulate dalla società I. spa, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 234/2007 nonché del Reg. CE 561/2006, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non essere stato considerato che, prima del 2007, non vi era alcun obbligo di conservazione dei turni di servizio da parte delle aziende di trasporto e che, successivamente, con il Reg. CE citato, l’obbligo di conservazione era stato fissato in anni uno mentre, con il D.lgs. n. 234/2007, l’obbligo di conservazione dei dischi di cronotachigrafo era stato introdotto per soli due anni.
4. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro interferenza, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
5. Invero, infondata è la asserita violazione dell’art 2697 cod. civ. che si ha, tecnicamente, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cpc (Cass. n. 17313/2020).
6. In tema di ricorso per cassazione, poi, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 20867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.
7. Le altre censure, invece, in particolare quelle riguardanti la dedotta violazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 343/2007 e del Reg. CE n. 561/2006, sono inammissibili perché eccentriche rispetto alla ratio decidendi della gravata sentenza fondata sulla circostanza che i prospetti erano stati ritenuti prova idonea dalla pronuncia – non impugnata e divenuta definitiva – resa sull’an debeatur e, quindi, conservando gli effetti propri del giudicato formatosi sul titolo giudiziario, di cui costituivano un presupposto logico-giuridico, necessariamente dovevano essere posti a base del successivo giudizio di quantificazione.
8. Tale statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, non è stata idoneamente criticata dalla società e le obiezioni riguardanti le modalità degli obblighi di conservazione dei dischi di cronotachigrafo, come disciplinate dalla normativa nazionale ed euro-unitaria, non sono assolutamente pertinenti in relazione alla consistenza dell’impianto decisionale dell’impugnato provvedimento.
9. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
10. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore dei controricorrenti che ha dichiarato di essere antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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