CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, sentenza n. 3883 depositata il 12 febbraio 2024
Lavoro – Impugnativa del licenziamento per giusta causa – Codice disciplinare – Violazione o falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro – Modello di organizzazione, gestione e controllo introdotto dal D.Lgs. n. 231/2001 – Condotta volontaria di mancata applicazione di disposizioni aziendali – Finalizzazione della condotta allo scopo di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda – Accoglimento
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Bologna ha respinto il reclamo proposto da M.G. e confermato la sentenza di primo grado che, accogliendo l’opposizione della società A.I. spa avverso l’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato al dipendente il 23 febbraio 2018.
2. La Corte territoriale ha premesso che al G., dipendente di A.I. spa dal 2000 con mansioni di esattore, era stato contestato (lettera del 15 gennaio 2018) di avere il 6 gennaio 2018 “con l’artificio consistente nel chiudere manualmente la sbarra chiudi-pista, fatto falsamente figurare che la pista Z59 della stazione di Bologna Casalecchio… risultasse attiva, nonostante la sbarra fosse abbassata ed il transito veicolare impedito; di avere riaperto la sbarra (che aveva chiuso alle ore 02:50) alle ore 03:45, soltanto dopo l’intervento dell’operatore della viabilità; di essere rimasto inattivo per 55 minuti (dalle ore 02.50 alle ore 03.45) all’interno della cabina; di avere con il suo comportamento creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione”; che il lavoratore aveva fornito le giustificazioni con lettera del 26 gennaio 2018; che lo svolgimento dei fatti addebitati era pacifico e, secondo la società datoriale, meritevole della massima sanzione espulsiva.
3. I giudici di appello, trascritte le disposizioni rilevanti del codice disciplinare di cui all’art. 36 del c.c.n.l. Autostrade e Trafori e del “Sistema disciplinare” inserito nel “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del d.lgs. 231 del 2001” adottato da Autostrade il 9 giugno 2016 (d’ora in avanti anche “Modello”), hanno ritenuto che l’esercizio del potere disciplinare trovasse nel contratto collettivo la fonte primaria e nel Modello di Organizzazione la fonte secondaria; hanno rilevato come la lettera di licenziamento facesse riferimento unicamente al contratto collettivo; hanno sussunto la condotta addebitata al lavoratore nella previsione di cui all’art. 36, lett. i) del c.c.n.l., che sanziona con il licenziamento la “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”; hanno affermato che la “condotta posta in essere dal lavoratore, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, con riferimento alle particolari circostanze, condizioni e modalità in cui (era) stata attuata, ai suoi effetti e alla volontarietà della sua azione, alla recidiva, risultava idonea a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario … e a giustificare il licenziamento in tronco”.
4. Avverso tale sentenza M.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. A.I. spa ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366 c.c. con conseguente violazione dell’art. 7 e dell’art. 18, comma 4, L. 700 del 1970 (ndr art. 7 e dell’art. 18, comma 4, L. 300 del 1970) e falsa applicazione dell’art. 36 c.c.n.l. Autostrade e Trafori, per avere la Corte di merito effettuato una erronea ricognizione astratta del codice disciplinare di Autostrade e, a causa di ciò, ricondotto l’addebito alle condotte sanzionabili con il licenziamento, ai sensi dell’art. 36, lett. i) del c.c.n.l. anziché all’ipotesi punita con la sanzione conservativa della sospensione, prevista dall’art. 36 n. 8.
6. La parte ricorrente, premesso che la sentenza impugnata ha sussunto l’addebito nell’art. 36, lett. i), che sanziona con il licenziamento la “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”, rileva come tale definizione sia inserita nel Modello organizzativo adottato da Autostrade in base al d.lgs. 231 del 2001; che, in relazione alla finalità del citato Modello, di prevenzione dei reati, il termine “vantaggio” (adoperato nell’art. 5, d.lgs. 231/2001, unitamente al termine “interesse”) deve essere inteso come utilità conseguita per effetto di un illecito penale; che l’inoperosità del lavoratore realizzata attraverso la chiusura manuale della sbarra non integra un “vantaggio” nel senso sopra descritto; che il Modello contempla anche condotte che, pur non costituendo reato, sono contrarie a ordini di servizio o istruzioni dettati a tutela della salute e sicurezza sul lavoro; che, al punto 9.1., si attribuisce rilievo disciplinare alle condotte poste in essere in violazione del Modello medesimo, individuando ai fini sanzionatori un ordine crescente di gravità per i profili oggettivi che contempla: “1. Violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio; 2. Violazioni del Modello che hanno comportato una apprezzabile o significativa esposizione a rischio. 3. Violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”; che la condotta addebitata al lavoratore rientra a pieno titolo nel Modello e, specificamente, nelle previsioni di cui al punto 1 o 2 dell’articolo 9.1; che, in base a quanto disposto al punto 9.3. del Modello, “per le violazioni di cui ai numeri 1 e 2 della sezione 9.1. potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari conservativi, previsti all’articolo 36 del CCNL applicato”; “per le violazioni di cui al numero 3 della sezione 9.1. potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari risolutivi, previsti all’articolo 37 del citato CCNL”; che, coerentemente con tale impostazione, l’art. 36 del c.c.n.l. prevede la sanzione conservativa della sospensione, al n. 8, per le “violazioni del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno comportato una esposizione a rischio”;
che la condotta del lavoratore doveva essere sussunta in quest’ultima fattispecie; che la riconducibilità della condotta ad una fattispecie punita con sanzione conservativa precludeva l’adozione della più grave sanzione espulsiva.
7. Con il secondo motivo, in via subordinata o alternativa rispetto al primo motivo, il ricorrente censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366 c.c. con conseguente violazione degli artt. 6 e 7, d.lgs. 231/2001, dell’art. 7 e dell’art. 18, comma 4, L. 700 del 1970 (ndr art. 7 e dell’art. 18, comma 4, L. 300 del 1970) e susseguente falsa applicazione dell’art. 36 c.c.n.l., per avere la Corte di merito effettuato una erronea ricognizione astratta del codice disciplinare di Autostrade e, a causa di ciò, ricondotto l’addebito alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ai sensi dell’art. 36, lett. i) del c.c.n.l., anziché all’ipotesi punita con la sanzione conservativa della sospensione, prevista dal n. 7 dell’art. 36 cit.
8. Il motivo evidenzia la perfetta corrispondenza della condotta attribuita al lavoratore con quanto disposto dal citato n. 7, secondo cui incorre nel provvedimento della sospensione il dipendente che “non applichi, nell’espletamento della propria attività, le prescrizioni impartite dall’Azienda attraverso direttive e disposizioni interne (ordini di servizio, istruzioni di servizio, regolamenti e procedure interne, codice etico ecc.)”. Sottolinea che nella lettera di contestazione, nella memoria di costituzione della società nel giudizio di reclamo e nella stessa sentenza d’appello (pag. 9, penultimo cpv.) si imputa al lavoratore di non aver seguito precise disposizioni aziendali contenute nel “Manuale Operativo Porta Manuale VME … e nella Disposizione di Servizio n. 7 del 20/4/2017 che prevede che -l’esattore deve effettuare la prestazione lavorativa all’interno della cabina garantendo l’apertura continua di una pista in modalità manuale-“; ribadisce che la previsione della condotta come punibile con sanzione conservativa era ostativa alla adozione della più grave sanzione espulsiva.
9. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 116 c.p.c. con conseguente violazione dell’art. 7 e dell’art. 18, comma 4, L. 300 del 1970 e falsa applicazione dell’art. 36 del c.c.n.l., per avere la Corte d’appello fondato il giudizio di proporzionalità anche sulla recidiva, in realtà inesistente poiché il G. aveva ricevuto una sanzione disciplinare conservativa (multa) nel 2011, di cui non si poteva tenere conto ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, St. Lav., e un richiamo scritto nel 2017, non seguito da alcuna misura disciplinare.
10. I primi due motivi di ricorso, che pongono la questione della erronea sussunzione dell’addebito nelle previsioni disciplinari del contratto collettivo, possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono fondati nei limiti di seguito esposti.
11. Deve preliminarmente respingersi l’eccezione, sollevata dalla società controricorrente, di inammissibilità dei primi due motivi di ricorso. Secondo Autostrade i motivi non specificano il modo in cui i canoni ermeneutici invocati sarebbero stati violati e mirano, comunque, ad ottenere una rivalutazione in fatto.
12. Sul primo aspetto, è sufficiente richiamare l’orientamento costante con cui questa Corte, a partire dalla sentenza n. 6335 del 2014, ha precisato che la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 40 del 2006, è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anch’essa comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Sul secondo aspetto, si rileva come in nessun punto dei motivi di impugnazione si interviene sulla dinamica dell’accaduto, che la stessa sentenza giudica pacifica (pag. 5, ultimo cpv.), argomentandosi unicamente sulla non corretta sussunzione della stessa nelle previsioni del contratto collettivo.
13. Alcune precisazioni preliminari sono poi necessarie riguardo ai rapporti tra il codice disciplinare del contratto collettivo e il sistema disciplinare come parte integrante del Modello di organizzazione, gestione e controllo introdotto dal d.lgs. 231 del 2001.
14. Tale decreto legislativo ha introdotto nel nostro ordinamento un sistema sanzionatorio che contempla forme di responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio (art. 5) da soggetti in posizione apicale o da persone sottoposte alla altrui direzione o vigilanza.
La responsabilità dell’ente è esclusa, tra l’altro, ove risultino adottati ed efficacemente attuati Modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art. 6, primo comma, lett. a). L’efficace adozione del Modello, e quindi la sua idoneità ad impedire la responsabilità dell’ente, è correlata alla introduzione di un sistema disciplinare volto a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello medesimo (art. 6, secondo comma, lett. e), quindi, a garantire serietà ed effettività al sistema aziendale di prevenzione dei reati.
15. Per quanto concerne i lavoratori subordinati, il sistema disciplinare per la violazione delle misure e delle procedure previste dal Modello deve essere armonizzato e coordinato con le disposizioni normative e contrattuali che regolano l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, a cominciare dal principio di predeterminazione delle infrazioni e delle sanzioni, enunciato dall’art. 7 St. Lav., con il connesso onere di adeguata pubblicità preventiva delle condotte punibili, dal rispetto delle garanzie procedimentali e del canone di proporzionalità.
16. Nel caso in esame, il Modello adottato da Autostrade ai sensi del d.lgs. 231 del 2001 (del 9.6.2016, ratione temporis applicabile) prevede, nell’ambito del Sistema disciplinare, le condotte rilevanti distinguendo al § 9.1. “1) violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio; 2) violazioni del Modello che hanno comportato un’apprezzabile o significativa esposizione a rischio; 3) violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”. Al § 9.3., dedicato alle “sanzioni nei confronti dei dipendenti”, stabilisce:
“…stante il disposto del paragrafo 9.1 e ferme restando le previsioni di cui al CCNL e al relativo Codice Disciplinare: 1) per le violazioni di cui ai numeri 1 e 2 della sezione 9.1, potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari conservativi (richiamo verbale, ammonizione scritta; multe e sospensioni13); 2) per le violazioni di cui al numero 3 della sezione 9.1, potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari risolutivi (licenziamento per mancanze con preavviso e senza preavviso)”.
17. In stretto coordinamento con tali previsioni contenute nel Sistema disciplinare del Modello, il codice disciplinare del contratto collettivo contempla le “violazioni del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno comportato una esposizione a rischio”, punibili con la sanzione conservativa della sospensione (art. 36 n. 8) e “le violazioni significative del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno anche integrato un’ipotesi penalmente rilevante”, punibili con il licenziamento senza preavviso (art. 36, lett. i).
18. Nel caso di specie, la contestazione mossa al lavoratore non ha ad oggetto condotte integranti o, comunque, connesse a violazioni del Modello di organizzazione, come tali legate alla specifica mappatura dei rischi di reato e alle contromisure predisposte in base al d.lgs. 231 del 2001, non essendo sufficiente, a tal fine, la generica contestazione al dipendente di avere “creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione”. L’addebito concerne unicamente la violazione degli obblighi imposti al dipendente dalle norme del codice civile, del contratto collettivo e del codice etico per avere agito “contravvenendo ai doveri lavorativi e in violazione dei principi di correttezza, lealtà e buona fede” (lettera di contestazione trascritta a pag. 4 della sentenza d’appello).
19. Appaiono perciò infondati gli argomenti spesi da parte ricorrente e volti a sostenere la riconducibilità della condotta posta in essere alle citate previsioni del contratto collettivo formulate esclusivamente in termini di violazione del Modello di organizzazione.
20. Né tale conclusione può dirsi inficiata dal rilievo che il Sistema disciplinare contenuto nel Modello di organizzazione al § 9.3., nota n. 4, nell’elencare, a titolo meramente
esemplificativo, alcune condotte rilevanti di violazione del Modello ascrivibili al dipendente faccia riferimento al lavoratore che “non applichi volontariamente le disposizioni impartite dall’Azienda, al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”, usando una formula analoga a quella dell’art. 36, lett. i) del c.c.n.l., attesa la diversa portata e finalità delle due previsioni, benché sovrapponibili dal punto di vista letterale.
Infatti, nell’ambito del sistema delineato dal d.lgs. 231 del 2001, quella previsione è volta a descrivere, attraverso un esempio, la “adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello o violazione dei principi dello stesso” (v. § 9.3., nota n. 4) mentre nell’ambito del c.c.n.l. quella fattispecie comprende tutte le condotte non rientranti o non collegate alla prevenzione dei reati cui è finalizzato il Modello medesimo.
21. Le censure di parte ricorrente sono, invece, fondate quanto alla erronea interpretazione dell’art. 36, lett. i) del c.c.n.l.
22. La Corte d’appello ha ritenuto che la condotta posta in essere dal lavoratore integrasse la fattispecie di cui all’art. 36 lett. i) del c.c.n.l. che sanziona con il licenziamento la “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”. Ha individuato le disposizioni aziendali violate nel “Manuale Operativo Porta Manuale VME” e nella “Disposizione di servizio n. 7 del 20.4.2017” ai sensi dei quali (nel turno notturno) “l’esattore deve effettuare la prestazione lavorativa all’interno della cabina garantendo l’apertura continua di una pista in modalità manuale”. Ha accertato che il dipendente, in servizio come esattore, alle ore 2.50 del 6 gennaio 2018 era uscito dalla cabina, aveva abbassato la sbarra chiudi-pista e così non garantito l’apertura continua della pista in modalità manuale. Ha individuato il “vantaggio” ottenuto dal lavoratore nella “inoperosità assoluta in orario di lavoro”.
23. La fattispecie disciplinare applicata dai giudici di appello si compone di un elemento oggettivo, la condotta volontaria di mancata applicazione di disposizioni aziendali, e di un elemento soggettivo, la finalizzazione della condotta allo scopo di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda.
24. Secondo la chiara formulazione della norma contrattuale, il “vantaggio” cui deve tendere il lavoratore non può coincidere con gli effetti della mancata applicazione delle disposizioni aziendali ma deve rappresentare un risultato ulteriore ed esterno ad essa, un quid pluris concettualmente separato dall’azione. Il vantaggio costituisce il fine che la condotta del soggetto mira a realizzare e si pone necessariamente su un piano diverso rispetto alla condotta e agli effetti modificativi che la stessa produce sulla realtà fenomenica, potendosi richiamare, a fini esplicativi, la nozione penalistica di dolo specifico quale elemento costitutivo del reato, distinto dalla condotta cosciente e volontaria.
25. A quanto detto consegue che è errata la lettura della disposizione contrattuale che identifichi il “fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda” nella inoperosità del dipendente che consegue alla indebita chiusura della pista. La circostanza che il dipendente non abbia lavorato dalle ore 2.50 alle 3.45 è il riflesso, la conseguenza immanente della avvenuta chiusura della sbarra in assenza di giustificate esigenze di servizio e, quindi, in contrasto con le regole aziendali.
26. Dal punto di vista sistematico, è utile evidenziare che, ai sensi dell’art. 36 del c.c.n.l., la società può procedere al licenziamento, per giustificato motivo o giusta causa, “qualora il lavoratore commetta gravi infrazioni alla disciplina o alla diligenza del lavoro o provochi all’Azienda grave nocumento morale o materiale”; l’accento è posto sulla gravità delle infrazioni commesse o dei danni arrecati e in coerenza con tale premessa generale devono essere lette le ipotesi esemplificative ivi elencate. Occorre allora considerare, nell’ambito di una complessiva lettura della scala valoriale adottata dalle parti sociali, che, secondo l’art. 36, incorre nella sanzione conservativa della sospensione, tra l’altro, il dipendente che “svolga negligentemente il lavoro affidato o non lo effettui volontariamente nei termini o secondo le modalità richieste” (n. 3) oppure “non applichi, nell’espletamento della propria attività, le prescrizioni impartite dall’Azienda attraverso direttive e disposizioni interne -Ordini di servizio, Istruzioni di servizio, regolamenti e procedure interne, codice etico ecc.” (n. 7) o, ancora, “si renda responsabile di infrazioni disciplinari di gravità comparabile a quelle sopra elencate” (n. 9). La mancata applicazione, anche volontaria, delle prescrizioni aziendali sulle modalità di lavoro è contemplata dalle disposizioni appena citate che comminano misure conservative. Da ciò si evince come l’elemento distintivo, che rende la medesima condotta suscettibile di licenziamento, sia rappresentato proprio dalla finalizzazione della stessa ad un risultato vantaggioso, non legittimamente conseguibile dal dipendente stesso o dall’Azienda, e che non può esaurirsi nella utilità insita nella inosservanza delle regole aziendali.
27. L’errata interpretazione dell’art. 36 lett. i) del c.c.n.l. ha indotto la Corte d’appello a ritenere integrata la suddetta previsione pur in assenza di un comprovato fine di vantaggio per il lavoratore o per l’Azienda e ad omettere qualsiasi indagine sulla riconducibilità della condotta alle fattispecie punite dal contratto collettivo con sanzioni conservative, adempimento rilevante ai fini dell’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970, nel testo modificato dalla legge n. 92 del 2012.
28. Per le ragioni finora esposte, accolti i primi due motivi di ricorso e assorbito il terzo motivo, deve cassarsi la sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame della fattispecie uniformandosi ai principi di diritto enunciati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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