CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza . 869 depositata il 10 gennaio 2020
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Bancarotta fraudolenta documentale – Prescrizione di una delle imputazioni – Riduzione della pena
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza 15 gennaio 2015 la Quinta Sezione penale della Corte di cassazione annullava, con rinvio, la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Milano a carico di D.R. e A.D.C., limitatamente, quanto a quest’ultimo, ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale contestati ai capi A) e B) della rubrica, relativi ai distinti fallimenti di due società.
Rispetto a D.C., l’annullamento era disposto per ritenuto difetto di motivazione sulla circostanza che l’imputato, amministratore pro-tempore solo formale delle medesime società, avesse l’effettiva previa disponibilità delle scritture contabili oggetto delle incriminate condotte di omessa tenuta e consegna.
2. Il giudice di rinvio, con la sentenza in epigrafe, accertava la prescrizione, medio tempore intervenuta, dei reati sopra indicati e, non ravvisando evidenza di innocenza, pronunciava conforme declaratoria, rideterminando in due anni e venti giorni di reclusione, nei confronti di D.C., la pena principale residua.
3. Tale imputato propone ricorso per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia, sulla base di tre motivi.
3.1. Con il primo e il secondo motivo, distintamente riferiti alle due imputazioni di bancarotta fraudolenta documentale, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
La Corte di appello, giudicando in sede di rinvio, avrebbe nuovamente mancato di motivare in modo adeguato sui profili oggetto di annullamento, in un contesto in cui l’estraneità dell’imputato ai fatti contestati emergerebbe ictu oculi.
3.2. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce vizio della motivazione in ordine alla quantificazione della pena principale, che, in relazione all’unico reato superstite (la bancarotta fraudolenta di cui al capo A), sarebbe dovuta ammontare a solo due anni di reclusione.
Considerato in diritto
1. I primi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
Secondo principi consolidati, l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di estinzione del reato, che discende in capo al giudice dall’art. 129 cod. proc.pen., opera anche in sede di rinvio (ex multis, Sez. 2, n. 9174 del 19/02/2008, Palladini, Rv. 239552-01), salva la «evidenza» di una causa di proscioglimento più favorevole, allorché appaiano, in modo incontestabile, circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale ovvero la commissione del medesimo da parte dell’imputato.
La decisione, che il giudice deve prendere a quest’ultimo riguardo, appartiene più al concetto di constatazione, ossia di percezione immediata, che a quello di apprezzamento, ed è quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento ulteriore, o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274-01).
Nel ripercorrere, in modo completo e analitico, le risultanze probatorie di causa, la Corte territoriale ha ineccepibilmente escluso di poter operare una siffatta constatazione. E, invero, gli argomenti di segno contrario, esposti in ricorso – lungi dal palesare una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione – riaprono scenari valutativi per l’appunto preclusi dal sopraggiungere della prescrizione.
2. Fondato appare, invece, il terzo motivo di ricorso.
Dopo aver dichiarato la duplice prescrizione in ordine alle bancarotte documentali, la Corte territoriale ha rideterminato la pena, muovendo da quella base di tre anni di reclusione per la bancarotta patrimoniale relativa al primo fallimento; pena ridotta a due anni per le attenuanti generiche e aumentata – infine – a due anni e venti giorni «ex art. 81 c.p. in considerazione del secondo fallimento».
La Corte stessa non si è avveduta del fatto che, quanto alla bancarotta patrimoniale, D.C. era ab origine imputato, ed è stato ormai definitivamente condannato, solo in relazione al fallimento della prima società (v. capo A della rubrica, ove figurano entrambi gli addebiti di bancarotta patrimoniale e documentale). Per il secondo fallimento (capo B), l’unica imputazione era quella di bancarotta documentale (dichiarata prescritta).
Nessun aumento a titolo di continuazione poteva e doveva, dunque, essere apportato.
3. In relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, potendo questa Corte direttamente provvedere – ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen. – alla rideterminazione della pena principale che, eliminato l’indebito aumento ex art. 81 cpv. cod. pen., deve essere conclusivamente fissata nella misura di due anni di reclusione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che determina in anni 2 di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
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