CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 11570 depositata il 14 marzo 2018
Accertamento – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti – Sanzioni penali
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano confermava la decisione resa, all’esito del giudizio abbreviato, dal g.u.p. del tribunale di Monza in data 13 novembre 2014, che, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, aveva condannato P.A. alla pena di mesi otto di reclusione, condizionalmente sospesa, oltre pene accessorie come per legge, in relazione al delitto di cui agli art. 81 cpv., 2 d.lgs. n. 74 del 2000, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, quale legale rappresentante della “A.I.M. s.r.l.” dal 03/11/2011, al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, indicava nelle dichiarazioni 2009 e 2010 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture emesse dalla “E. s.r.l.” registrate nelle scritture contabili obbligatorie, risultate tutte per operazioni inesistenti; in particolare: fattura n. 1 prot. 2 del 22/10/2008 dell’importo di euro 75.000 ed i.v.a. di euro 15.000; fattura n. 2 prot. 3 del 07/11/2008 dell’importo di euro 75.000 ed i.v.a. di euro 15.000; fattura n. 1 prot. 1 del 31/03/2008 dell’importo di euro 626.666,27 ed i.v.a. di euro 125.333,33.
2. Avverso l’indicata sentenza l’imputato, tramite difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, la quale, ad avviso del ricorrente, avrebbe operato un’erronea ricostruzione dei fatti. Assume il difensore che l’imputato ha prodotto documentazione attestante l’avvenuto pagamento delle fatture e i contratti sui cui le stesse si basano, ossia la promessa di vendita, datata 17 gennaio 2007, da parte di “E. s.r.l.” in favore di “A.I.M. s.r.l.”, che accettava, di immobili denominati “V.P.L.C.” e relativo terreno siti in Albenga, nonché la cessione di compromesso stipulato da “E. s.r.l.” e “G. s.r.l.” per l’acquisto di 8/9 di proprietà indivisa dell’area sita in Alassio; pertanto, secondo la prospettazione del ricorrente, la “E. s.r.l.” avrebbe emesso legittimamente le fatture in contestazione, ottenendone il pagamento, e, previa registrazione degli importi in contabilità, ne ha dichiarato gli importi come ricavi, versando, poi, le relative imposte.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza e/o errata applicazione dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 e dell’art. 48 cod. pen. Deduce il ricorrente che l’A. è divenuto amministratore della società in questione in data 23 dicembre 2008, quando i contratti sopra indicati erano già stati sottoscritti dai precedenti amministratori e, addirittura, due fatture erano già state emesse; l’A., pertanto, si sarebbe limitato a dar seguito a registrazioni contabili di pagamenti già avvenuti, basati su accordi pregressi, che erano stati assunti dai precedenti amministratori.
2.3. Con il terzo motivo lamenta inosservanza e/o errata applicazione dell’art. 14, comma 4-bis, I. n. 537 del 1993, come modificato dall’art. 8 d.l. n. 16 del 2012. Secondo la prospettazione del ricorrente, la notifica dell’avviso di accertamento, in data 18 aprile 2013, avvenuta prima della richiesta di rinvio a giudizio costituirebbe una nullità assoluta degli accertamenti fiscali poi confluiti nella c.n.r. del 9 maggio 2013.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è, nel complesso, infondato e deve perciò essere rigettato; peraltro, deve dichiararsi l’estinzione del reato, relativamente al periodo di imposta 2008, essendo decorso il termine massimo di prescrizione.
2. Il primo motivo, concernente la ricostruzione dei rapporti tra le società coinvolte in relazione all’emissione delle fatture di cui all’imputazione, è inammissibile. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione la “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – dep. 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Le argomentazioni proposte tendono, appunto, ad ottenere una ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La Corte territoriale, invero, ha accertato che : a) la promessa di vendita da parte di “E. s.r.l.” in favore di “A.I.M. s.r.l.”, di immobili denominati “V.P.L.C.” e relativo terreno siti in Albenga, nonché la cessione di compromesso stipulato da “E. s.r.l.” e “G. s.r.l.” per l’acquisto di 8/9 di proprietà indivisa dell’area sita in Alassio, è priva di data e non è mai stata registrata, sicché non è dato sapere quando il contratto preliminare sia stato stipulato; b) non risulta che i contratti preliminari siano stati seguiti dalla stipula dei contratti definitivi di compravendita in ordine al complesso immobiliare “V.P.L.C.”, il quale è stato venduto dall’ASL 2 di Savona a “I. s.p.a.” e alla “D. s.r.l.”, che poi l’hanno ceduto alla “A.I.M. s.r.l.”; di qui la conclusione che la “E. s.r.l.” non è mai stata proprietaria della “V.P.L.C.” e, quindi, mai avrebbe potuto venderla alla “A.I.M. s.r.l.”; c) era perciò del tutto anomalo che la “E. s.r.l.” abbia emesso le fatture, indicate nel capo di imputazione, riguardanti la cessione del diritto di acquisizione della “V.P.L.C.” dopo che era stato stipulato il rogito con cui la “A.I.M. s.r.l.” aveva acquistato il complesso immobiliare in questione.
Sulla scorta di questi elementi, la Corte territoriale ha tratto la conclusione, non manifestamente illogica e aderente ai dati probatori, della falsità ideologica delle fatture in esame.
3. Il secondo motivo è infondato.
La questione relativa alla ascrivibilità del fatto all’imputato è stata compiutamente analizzata dalla Corte territoriale e, in ultima analisi, anche in tal caso le argomentazioni proposte tendono ad ottenere una ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. Invero, la Corte territoriale ha evidenziato che l’A. presentò le due dichiarazioni dei redditi, relative agli anni 2008 e 2009, in cui risultano inseriti gli elementi passivi fittizi, avvalendosi delle fatture fittizie, esattamente stimando illogico che, nel succedere nella carica a G.P., il precedente amministratore, non si sia informato della situazione economica della società e non sia reso conto che le fatture in questione, sia pure già registrate in contabilità, si riferivano a operazioni inesistenti, in quanto emesse dalla “E. s.r.l.”, mentre il complesso immobiliare era stato ceduto alla “A.I.M. s.r.l.” dalla “Impremuro s.p.a.” e dalla “D. s.r.l.” per la somma di 1.815.000 euro.
4, Il terzo motivo è inammissibile.
Le argomentazioni difensive, riproposte in questa sede, sono state adeguatamente confutate dalla Corte territoriale, la quale ha osservato, da un lato, che le eventuali nullità degli avvisi di accertamento devono essere fatte valere dinanzi alla competente commissione tributaria, dall’altro, che, in ogni caso, tale eventuale nullità non inficia il valore probatorio desumibile da fatti indicati nella comunicazione di notizia di reato (vertendosi di ipotesi di rito abbreviato), trattandosi di atti differenti per contenuto e funzione. Si tratta di argomentazioni giuridicamente corrette, in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la nullità dell’avviso di accertamento tributario non determina la inutilizzabilità, a fini penali, dell’avviso stesso e degli atti su cui esso si fonda, atteso che le patologie dell’avviso di accertamento si esauriscono nell’ambito del rapporto giuridico tributario e non incidono sulla attitudine dell’atto a veicolare nel processo penale le informazioni che se ne possono trarre (Sez. 3, n. 35294 del 12/04/2016 – dep. 23/08/2016, Satta, Rv. 267544).
5. Stante l’ammissibilità del ricorso, che consente l’instaurazione di un regolare rapporto processuale, deve rilevarsi che, con riguardo al periodo di imposta del 2008, è ormai decorso il termine massimo di prescrizione, sicché la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente al corrispondente reato; peraltro, poiché il tribunale ha inflitto una pena pari al minimo edittale, senza (erroneamente) operare alcun aumento per la continuazione “interna”, la declaratoria di prescrizione non incide sul trattamento sanzionatorio, non potendo la pena inflitta essere inferiore al minimo edittale, ciò che comporterebbe l’irrogazione di una sanzione illegale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al periodo di imposta del 2008 per essere il corrispondente reato estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso.
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