CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 13616 depositata il 5 maggio 2020
Reati tributari – Emissione e successiva distruzione di fattura per operazioni inesistenti – Prescrizione del reato – Momento di consumazione del reato – Determinazione
Ritenuto in fatto
1. G.A. ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano di conferma della sentenza del Tribunale di Varese che ha condannato l’imputato alla pena di otto mesi di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 8, comma 3, del D.lgs. n. 74 del 2000 e 10 del medesimo decreto, per avere, in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale con sede legale in Varese, emesso, e successivamente distrutto, la fattura n. 8 relativa ad operazioni inesistenti per l’anno di imposta 2009.
2. Con un primo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 157 cod. pen. in quanto i suddetti reati avrebbero dovuti essere considerati entrambi quali reati a consumazione istantanea e, pertanto, sarebbero risultati prescritti già in sede di gravame, essendo decorsi più di sette anni e sei mesi dalla loro commissione.
3. Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 192, comma 2, e 533 cod. proc. pen. e la apoditticità della motivazione, non essendo emersa in alcun modo la evidenza probatoria della attribuibilità dell’emissione della fattura e della distruzione della stessa all’imputato e non, piuttosto, al destinatario S., che ha conseguito un vantaggio economico da tale emissione, tenuto anche conto della mancanza di timbro e firma del G. (che nell’anno 2010 esercitava la propria attività lavorativa in Svizzera e non in Italia, non risultando quindi tenuto ad alcun obbligo impositivo) e del suo mancato rinvenimento presso l’imputato.
Anche con riguardo alla distruzione della fattura manca ogni motivazione in ordine alla sua attribuibilità all’imputato.
4. Con un terzo motivo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. e la mancanza di motivazione in relazione alla mancata pronuncia assolutoria per particolare tenuità del danno causato all’erario, stante la natura episodica dell’evento e tenuto conto della quasi incensuratezza del prevenuto, responsabile di un’unica contravvenzione risalente nel tempo.
Contesta inoltre la intervenuta valorizzazione in senso contrario di un accordo in frode all’Erario tra l’imputato e lo S., in realtà mai provato.
5. Con un ultimo motivo deduce l’erronea applicazione degli art. 62 bis e 163 cod. pen. e la mancanza di motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, nonostante la piena collaborazione dell’imputato con la G.d.F. in corso di indagine, il basso grado di offensività del fatto e la regolare condotta di vita, anche lavorativa, del prevenuto.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso appare fondato quanto al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti ascritto al capo sub a) dell’imputazione.
Va infatti rilevato che il reato risulta, come da contestazione, consumato in data 07/04/2010 essendo tale la data di emissione della fattura in oggetto, a ciò conseguendo che il termine di prescrizione è maturato, in difetto di cause di sospensione, in data 07/10/2017, e, dunque, antecedentemente alla stessa pronuncia qui impugnata.
Il rilievo della maturazione della prescrizione anteriore alla sentenza impugnata, reso comunque possibile a questa Corte, anche in presenza di ricorso inammissibile, per effetto del motivo di impugnazione specificamente proposto (v. Sez. U., n. 12602 del 17/02/2015, Ricci, Rv. 266818), impone pertanto, in difetto delle condizioni per un proscioglimento nel merito ex art. 129 cod. proc. pen. (le censure esposte nel secondo motivo si caratterizzano anzi per la loro natura puramente fattuale e confutatoria a fronte degli esiti della verifica fiscale operata nei confronti della ditta del destinatario da cui era risultata l’emissione da parte dell’imputato), l’annullamento senza rinvio della sentenza sul punto.
Il primo motivo è invece manifestamente infondato quanto al reato ex art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo b) dell’imputazione atteso che la data di consumazione è, come da contestazione, quella del 20/02/2014; e, se pure è vero che tale data corrisponde a quella dell’accertamento, e che il reato in oggetto, quanto alla condotta di distruzione, è reato istantaneo, non può che richiamarsi il principio secondo cui il ricorrente che invochi nel giudizio di cassazione la prescrizione del reato, assumendo per la prima volta in questa sede che la data di consumazione del reato è antecedente rispetto a quella contestata, ha l’ onere di indicare gli elementi di riscontro alle proprie affermazioni, indicando gli atti ai quali occorre fare riferimento, essendo precluso in sede di legittimità qualsiasi accertamento di merito (Sez. 3, n. 796/06 del 29/11/2005, Rossi ed altro, Rv. 233322); tanto premesso, è invece, nella specie, una mera congettura, non supportata da dato alcuno, quella del ricorrente secondo cui la distruzione dovrebbe ritenersi essere avvenuta al momento della sua stessa emissione.
In definitiva, dunque, avuto riguardo alla predetta data di consumazione, il reato non è, a tutt’oggi, prescritto.
2. Quanto al secondo motivo, in esso si lamenta unicamente che, non potendo essere attribuita al ricorrente l’emissione della fattura, neppure potrebbe a lui essere ricollegata la distruzione della stessa, osservazione, questa, destinata inevitabilmente a colorarsi di inammissibilità a fronte della già chiarita sopra inammissibilità del presupposto invocato, ovvero appunto la non attribuibilità dell’emissione.
3. E’ invece fondato, con riguardo al reato di cui all’art. 10 cit., il terzo motivo.
Al fine di escludere la applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., la sentenza impugnata si è infatti limitata a valorizzare “accordi illeciti con S. per frodare l’Erario” e l’omesso inserimento della fattura nella contabilità dell’imputato, elementi, tuttavia, questi, chiaramente rappresentativi dell’ “in sé del reato”, ricadente, invece, in astratto, per chiara scelta legislativa, all’interno di quelli per i quali detta causa di non punibilità può, per i limiti edittali generali, operare.
Ne consegue l’ulteriore annullamento, con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale milanese, della sentenza quanto a tale specifico profilo, per nuova motivazione sul punto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) per essére lo stesso estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata quanto al reato residuo limitatamente alla ravvisabilità della causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen. ed eventuale trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
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