Corte di Cassazione. sezione penale, sentenza n. 14224 depositata il 28 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE – OMICIDIO COLPOSO AGGRAVATO DALLA VIOLAZIONE DELLE NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO
FATTO / DIRITTO
B.V.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo indicata in epigrafe con la quale è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Marsala il 19.09.2014, in riferimento al reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen.
L’esponente deduce la nullità della sentenza osservando che il termine di prescrizione massimo, relativo al reato in addebito, era maturato prima della pronuncia della impugnata sentenza.
L’INAIL, parte civile costituita, ha depositato memoria, evidenziando l’infondatezza del ricorso. Chiede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, come da nota.
Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.
La legge 4 dicembre 2005, n. 251 ha modificato la disciplina della prescrizione stabilendo che questa, in via generale, estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque in un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. La novella del 2005 ha previsto delle deroghe alla disciplina introdotta; tra tali deroghe, v’è quella, dettata dall’art. 157, comma 6, cod. pen., secondo cui sono raddoppiati i termini di prescrizione, per quanto rileva in questa sede, per i reati previsti dall’art. 589, comma 2, cod. pen.
Pertanto, il termine prescrizionale massimo, secondo la richiamata normativa necessariamente applicabile al caso di specie secondo il tempo di commissione del reato – la richiamata disciplina era infatti vigente alla data di commissione del fatto per cui si procede (14.12.2007) – risulta pari ad anni dodici. La contestazione, invero, concerne il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di talché il termine prescrizionale, ai sensi del citato art. 157, comma 6, cod. pen., risulta pari ad anni dodici, aumentabile poi di un quarto, ai sensi dell’art. 161, comma 2, cod. pen., per effetto degli intervenuti atti interruttivi. Il termine prescrizionale massimo rispetto al reato in addebito, risulta perciò pari ad anni 15. Si osserva che, in considerazione della natura sostanziale della disciplina in materia di prescrizione, nel procedimento non trovano applicazione le peggiorative disposizioni successivamente introdotte dalla legge 103 del 2017, in tema di sospensione del corso della prescrizione.
Come si vede, il termine di prescrizione non era altrimenti decorso alla data in cui venne pronunciata la sentenza in esame, né risulta ad oggi maturato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate come a dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile INAIL liquidate in complessivi € 2.500,00, oltre accessori come per legge.
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