CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 25022 depositata il 3 settembre 2020
Truffa aggravata ai danni dello Stato – Conseguimento di finanziamenti pubblici agevolati medianti raggiri e artifici – Responsabilità del consulente aziendale – Ruolo di amministratore di fatto – Sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente
Ritenuto in fatto
1. Con decreto in data 10/12/2019 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza disponeva nei confronti di M.A. il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente della complessiva somma di euro 252.366,92, con riferimento a due ipotesi di truffa aggravata previste e punite dagli artt. 110 e 640 bis cod. pen., in un procedimento nato da segnalazioni di operazioni sospette inviate dalla B.I. alla P.G., che avevano evidenziato diverse movimentazioni di denaro tra i legali rappresentanti delle società monitorate ed il M., risultato operare su diversi conti correnti intestati a società beneficiarie di finanziamenti pubblici erogati dalla I. s.p.a. e dalla F. s.p.a.
2. L’istanza di riesame proposta dal M., in proprio e quale legale rappresentante della M. Consulting e partners srl avverso il predetto provvedimento è stata rigettata con ordinanza del 15/1/2020 dal Tribunale del riesame di Cosenza, che ha riconosciuto il fumus commissi delicti in relazione ad entrambe le ipotesi delittuose contestate, rilevando che la disamina della documentazione acquisita aveva evidenziato che il M., amministratore di fatto della E. s.a.s. e legale rappresentante della M. Consulting e partners srl, aveva svolto il ruolo di trait d’union tra tutti i soggetti e le società segnalate: anche alla luce di s.i.t. e di successivi accertamenti della Guardia di Finanza, il Tribunale ha ritenuto che le istanze per il conseguimento di finanziamenti da parte della F. e di I. erano state tutte inoltrate con procedura on line dal M., che attività captativa aveva confermato poi essere stato coinvolto anche nella fase successiva di erogazione e gestione del finanziamento a favore delle società per cui prestava consulenza.
In particolare, il finanziamento in favore della E. s.as., di cui al capo 1) dell’incolpazione provvisoria risultava ottenuto con artifici e raggiri consistiti nella presentazione ad I. s.p.a. di due fatture per operazioni oggettivamente inesistenti e di una polizza assicurativa risultata falsa, mentre in relazione alle condotte fraudolente di cui al capo 3) l’agevolazione finanziaria derivante dall’accredito della somma di euro 125.369,92 risultava ottenuta sulla base di una falsa dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dalla E. s.a.s.
3. Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il M., a mezzo dell’avv. P.P., deducendo la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti: il ricorrente aveva contestato non risultare dal provvedimento del Giudice per le indagini preliminari quale specifico e concreto contributo avrebbe arrecato il M. alle truffe ipotizzate come commesse in “strettissima solidarietà, sul piano materiale e morale con il S.” e si duole che, sul punto, il Tribunale del riesame non si sarebbe limitato ad integrare la motivazione del provvedimento genetico, ma avrebbe colmato una mera apparenza di tale motivazione, in violazione dell’art. 309 comma 9 cod. proc. pen., riconoscendo la qualità di amministratore di fatto della E. sulla base di una serie di elementi, quali l’indicazione, nelle segnalazioni delle operazioni sospette, della presenza del M. in entrambe le occasioni, a fianco al S., qualificatosi consulente; le movimentazioni di denaro tra i due; la disponibilità in capo al M. di autovetture intestate alla E. ed un pagamento dallo stesso effettuato in favore di una dipendente; conversazioni telefoniche captate dalle quali si evince che operazioni riferite alla E. venivano dettate dal M.
Ad avviso del ricorrente in tal modo il Tribunale non avrebbe confermato la validità del ragionamento con il quale il provvedimento genetico aveva escluso che il M. avesse assunto la qualifica di amministratore di fatto della E. e non avrebbe risposto ai rilievi difensivi secondo cui dal provvedimento non si comprendeva quando il M. avrebbe acquisito buona parte dei contributi erogati per agevolare l’esercizio di un’attività economica”, né avrebbe spiegato come le telefonate intercettate a distanza di anni dalla consumazione delle truffe di cui ai capi 1) e 3) potessero giustificare l’assunto secondo cui il fumus del concorso nelle truffe poteva desumersi dai rapporti economici trail M. ed il S. nella fase immediatamente successiva alla erogazione dei contributi finanziari ottenuti indebitamente da E.. Infine, non sarebbe stata data risposta all’affermazione difensiva secondo cui il calcolo del “de minimis” era stato giusto e preciso e non uno strumento per truffare lo Stato.
4. Con atto del 10/7/2010 a mezzo dell’avv. P.R. il M. ha presentato motivi nuovi con i quali ha dedotto: a) la violazione degli artt. 324 comma 7 e 309 comma 9 cod. proc. pen. per aver supplito il Tribunale del riesame con proprie autonome ed originali argomentazioni a quelle, che si assumono assolutamente carenti, dell’ordinanza impugnata; b) mancanza o manifesta illogicità della motivazione per essersi soffermato il provvedimento impugnato su argomenti che si assumono non pertinenti, tali da fornire solo formalmente un apparato motivazionale al fumus della partecipazione del M. ai reati asseritamente posti in essere dal S., anche con riferimento alle contestazioni con le quali, a fronte dell’affermazione secondo cui era stata prodotta un’autocertificazione falsa, si era sostenuto che doveva essere applicato il regime fiscale “de minimis”; c) illogicità della motivazione perché fondata su una doppia presunzione secondo cui tutti i movimenti di denaro sarebbero frutto di attività illecita volta a configurare il reato di cui all’art. 640 cod. pen., e su quella secondo cui il M. non poteva ignorare la provenienza del denaro dall’indebita captazione di risorse pubbliche; d) violazione di legge per aver il giudice del riesame ipotizzato, in via alternativa a quella della responsabilità per il concorso nella truffa aggravata, il non meno grave delitto di ricettazione per aver il M. ricevuto una cospicua parte del denaro proveniente da truffe ai danni di enti pubblici, imputazione mai contestata al ricorrente.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto al di fuori dai casi consentiti.
Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, infatti, è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692; conf. S.U., 29/5/2008 n. 25933, non massimata sul punto).
5.1. Nessuno di tali vizi è riscontrabile nel provvedimento impugnato che, con un congruo percorso argomentativo, ha evidenziato una pluralità di elementi, fondati sull’esame della documentazione in atti, sulle s.i.t. acquisite e sulle successive indagini della Guardia di Finanza, che inducono a ritenere che il M. non si sia limitato a svolgere mera attività di consulenza aziendale finalizzata all’ottenimento di finanziamenti ed agevolazioni pubbliche, e rivelino, invece, la consapevole partecipazione del ricorrente ai reati di truffa ritenuti ascrivibili al S., per aver questo ottenuto il finanziamento in favore della società E. s.a.s. di cui al capo 1) con la presentazione ad I. s.p.a. di due fatture risultate emesse per operazioni oggettivamente inesistenti e di una polizza assicurativa risultata falsa, e l’agevolazione finanziaria derivante dall’accredito della somma di euro 125.369,92 sulla base di una falsa dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dalla E. s.a.s.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha ritenuto di riconoscere ben più del mero fumus di una consapevole partecipazione del M. a tali artifici e raggiri sulla base di una pluralità di elementi concreti, relativi sia alla fase antecedente l’erogazione dei finanziamenti e delle agevolazioni che a fasi successive: così, dalla documentazione acquisita si è desunto non solo che le istanze per il conseguimento di finanziamenti da parte della F. e di I. erano state tutte inoltrate con procedura on line dal M., ma anche che tra il 2014 ed il 2016 vi erano state significative movimentazioni di denaro tra questo ed il S., tali da rivelare una compartecipazione del primo all’ingiusto profitto acquisito, oltre alla disponibilità in capo allo stesso di due vetture intestate dalla E., mentre l’attività captativa aveva evidenziato che le operazioni riferite alla E. venivano dettate dal M.
Si tratta degli stessi elementi valorizzati dall’ordinanza genetica, che li aveva ritenuti, se non idonei a provare l’assunzione da parte del ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della E., idonei a provare quantomeno una “strettissima solidarietà, sul piano materiale e morale, con il S.”: lungi dal negare tale solidarietà morale e materiale, comunque sufficiente ad integrare il fumus richiesto ai fini del sequestro disposto, invece, il Tribunale del riesame ha ritenuto che il legame del M. con il coindagato e con la società E. fosse ancora più radicato, fino a poter qualificare il ricorrente amministratore di fatto della società, così integrando la già sufficiente – e tutt’altro che apparente – motivazione del provvedimento genetico.
Anche in relazione alla prospettazione difensiva relativa agli aiuti in regime di “de minimis” l’ordinanza impugnata, con motivazione sintetica ma non meramente apparente, ha evidenziato che il calcolo prospettato in via meramente ipotetica del ricorrente non teneva conto di voci che dovevano invece essere considerate ai fini della valutazione del superamento della soglia di 200.000 euro, ed il cui approfondimento andava comunque riservato alla fase di merito: si tratta di argomento compatibile con la necessità, in questa fase, del mero “fumus commissi delicti”.
5.2. Le ulteriori doglianze con le quali il ricorrente deduce, con i motivi aggiunti, asserite illogicità della motivazione, comunque non apparente, fuoriescono dai parametri dell’impugnazione di legittimità in materia di sequestro preventivo o probatorio, limitata, per quanto dinanzi esposto, alla sola violazione di legge.
5.3. E’ inammissibile anche l’ultimo dei motivi aggiunti prospettati dalla difesa, atteso che sia il provvedimento genetico che l’ordinanza del Tribunale del riesame in questa sede impugnata hanno adeguatamente evidenziato la ricorrenza dei requisiti necessario per l’adozione del provvedimento di sequestro con riferimento alla sussistenza del “fumus” dei reati di truffa aggravata contestati, sicché a nulla rilevano le argomentazioni del provvedimento genetico secondo cui, ove non dovesse riconoscersi quel fumus che invece si è riconosciuto, sarebbero ipotizzabili altri ipotesi di reato non contestate, trattandosi di argomentazioni in alcun modo determinanti nel percorso argomentativo del predetto provvedimento ed in alcun modo richiamate dal Tribunale del riesame.
6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si determina equitativamente in euro duemila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 6894 depositata il 23 febbraio 2021 - E' ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 20145 depositata il 24 maggio 2022 - Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 31 dicembre 2021, n. 123 - Armonizzazione delle scadenze relative ai danni gravi, ulteriori disposizioni in materia di proroga dei termini, di revisione dei prezzi e dei costi parametrici, di cui alle…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 01 febbraio 2022, n. 124 - Modifiche all'ordinanza n. 123 del 31 dicembre 2021, recante: « Armonizzazione delle scadenze relative ai danni gravi, ulteriori disposizioni in materia di proroga dei…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 36320 depositata il 22 agosto 2019 - In tema di sequestro preventivo, non sia configurabile il fumus del reato connesso all'omesso versamento delle imposte nel caso in cui il debitore sia stato ammesso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 maggio 2019, n. 14035 - Il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per "violazione delle norme del procedimento" - deve essere interpretato nel senso che è…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…