Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 28256 depositata il 30 giugno 2023
bancarotta fraudolente per distrazione – la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale richiede l’accertamento della previa disponibilità in capo all’imprenditore fallito dei beni mancanti, accertamento che non è condizionato da alcuna presunzione
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 02/05/2022, la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza del 17/06/2020 con la quale il Tribunale di Salerno aveva dichiarato A.D., quale amministratore unico e successivamente liquidatore di “A.E.” s.r.l., dichiarata fallita il 15/10/2013, responsabile del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione di 4157 capi di abbigliamento e lo aveva condannato alla pena di anni 2 di reclusione e alle pene accessorie fallimentari per la stessa durata.
2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Salerno ha proposto ricorso per cassazione A.D., attraverso il difensore B.G., denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – vizi di motivazione.
Dalla documentazione prodotta dalla difesa si desume che ad A.D. è stato precluso di accedere ai locali commerciali di proprietà di P.G. e di B.L. (mogli, rispettivamente, di D.R. e di A.P., soci della fallita) dove la merce risultava in giacenza, come dimostrato dalla lettera raccomandata del 27/03/2013, inviata da A.D. a D.R. e ad A.P., con la quale il primo contestava di non aver potuto controllare l’esistenza delle merci in giacenza nei locali in cui le proprietarie svolgevano la stessa attività commerciale (mediante Luxury Dress s.r.l.) e,. quindi, rassegnava con effetto immediato le proprie dimissioni irrevocabili. L’azione a tutela della società prospettata dalla sentenza di primo grado era un rimedio esperibile se A.D. non avesse optato per la drastica soluzione di dimettersi dalla carica.
La merce in giacenza esisteva effettivamente alla data del 08/10/2012, quando fu sottoscritto il verbale di consegna tra A.D. e P.G. e B.L., ma successivamente risultava solo appostata contabilmente in bilancio, avendo il curatore dichiarato di non aver verificato se le rimanenze riportate nei bilanci esistessero effettivamente, mentre il verbale di consegna 1n data 08/10/2012 deve essere letto unitamente alla diffida del 27/03/2013 e alla lettera di dimissioni del 20/05/2013, tanto più che il coimputato Esposito, liquidatore al momento della sentenza dichiarativa di fallimento, è stato assolto in quanto dalla documentazione prodotta da A.D. è emersa la prova che le merci non gli erano mai state consegnate.
3. Con requisitoria scritta ex 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione F. L. ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto
2. La sentenza impugnata muove dal rilievo che il verbale di consegna in data 08/10/2012 attesta che l’imputato aveva la disponibilità dei capi di abbigliamento, che affidava in custodia alle proprietarie dei locali (legate ai soci e precedenti amministratori della società) e, al di là di una formale diffida, nulla faceva per recuperarle. Rileva ancora il 9iudice di appello che, nonostante i doveri di vigilanza e controllo collegati alla carica rivestita, A.D. non ha preservato la garanzia patrimoniale verso i creditori, non avendo coltivato alcuna azione – anche giudiziaria – per il recupero delle merci, dovendosi collocare la loro distrazione all’epoca in cui, pur avendo la disponibilità dei capi di abbigliamento, li affidava improvvidamente a terzi.
3. Ora, del tutto consolidato è il principio di diritto in forza del quale la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale richiede l’accertamento della previa disponibilità in capo all’imprenditore fallito dei beni mancanti, accertamento che non è condizionato da alcuna presunzione (Sez. 5, n. 22787 del 12/05/2010, Colizza, Rv. 247520; conf. Sez. 5, n. 40726 del 06/11/2006, Abbate, Rv. 235767); in altri termini, la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa, accertamento non condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell’impresa che non obbedisce – per quel che concerne il delitto in questione – alla qualificazione in termini di prova, ex art. 2710 cod. civ., posto che, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., la risultanza deve essere vellutata – anche nel silenzio del fallito – con ricerca della relativa intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita motivazione (Sez. 5, n. 7588 del 26/01/2011, Buttitta, Rv. 249715).
Pertanto, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta per distrazione, è necessario che siano sottratti alla garanzia dei creditori cespiti attivi effettivi e, pertanto, sicuramente esistenti (Sez. 5, n. 3615 del 30/11/2D06, dep. 2007, De Paola, Rv. 236047), sicché il mancato rinvenimento all’atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata la previa disponibilità, da parte dell’imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione (Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, De Angelis, Rv. 248425).
4. La sentenza impugnata dà atto dell’esistenza dei beni alla data del verbale di consegna del 08/10/2012 e identifica in tale consegna il fatto distrattivo, sostenendo che esso è consistito nell’improvvido affidamento dei capi di abbigliamento. Nei termini indicati, la Corte di appello, però, non dà conto dell’elemento oggettivo della bancarotta per distrazione (in quanto non spiega perché l’affidamento in custodia delle merci integri una fuoriuscita del bene dal patrimonio della fallita), né del dolo della distrazione, delineando piuttosto un atteggiamento colposo nell’individuazione dei soggetti ai quali i beni furono affidati.
In senso contrario non si può argomentare, come fa la sentenza impugnata, sulla base della mancata attivazione di iniziative giudiziarie, poiché a tale argomento la tesi difensiva oppone le intervenute dimissioni dalla carica, dimissioni di cui i giudici di merito non contestano l’effettività, né, a fortiori, il loro inserirsi in un accordo illecito con i detentori della merce (nei confronti dei quali non risulta essersi proceduto), collocando anzi in epoca anteriore, come si è visto, il perfezionamento del fatto distrattivo, sicché la sentenza impugnata non dà conto dell’esistenza dei beni e della disponibilità in capo al liquidatore al momento delle dimissioni stesse.
5. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla competente Corte di appello di Napoli, che, nel quadro dei princìpi di diritto richiamati, conserva nel merito piena autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi (Sez. 1, n. 803 del 10/02/1998, Scuotto, Rv. 210016), potendo procedere a un nuovo esame del compendio probatorio con il solo limite di non ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato (Sez. 3, 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
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