Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 41583 depositata il 13 ottobre 2023
falso ideologico – falso innocuo – falso “inutile” o “superfluo” – falso «grossolano»
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24/02/2023, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma (esclusivamente sul trattamento sanzionatorio) della sentenza emessa dal tribunale di Torino il 05/04/2022, condannava T.A. alla pena di mesi tre e giorni dieci di reclusione
per i delitto di cui all’articolo 483 cod. pen. in riferimento all’articolo 76 d.P.R. n. 445/2000, per avere falsamente attestato in atto pubblico e precisamente nella dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio presentata al Comune di Buttigliera Alta (prot. N. 13596 del 20/11/2015),
mediante l’alterazione delle fotografie, che la documentazione fotografica allegata raffigurava lo stato di fatto conseguente alla demolizione ed al ripristino delle originarie caratteristiche del locale piano interrato e del locale sottotetto, in ottemperanza all’ordinanza numero 6/2015
dell’11/02/2015, rientre in data 18/01/2016 personale dell’ufficio tecnico comunale e della polizia municipale accertava che non era stato ripristinato lo stato dei luoghi così come imposto dalla suddetta ordinanza.
2. Avverso tale sentenza l’imputata propone, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione; in particolare:
2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motvazione, violazione di legge in riferimento all’articolo 483 cod. pen..
Cersura in particolare come al falso contestato debba essere attribuita natura grossolana (in ragione della falsità evidente ictu oculi) e innocua (posto che era evidente che l’atto non avrebbe raggiunto i risultati sperati);
2.2. Col secondo motivo l’imputato lamenta la mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, violazione di legge in riferimento all’articolo 131-bis cod. pen. Evidenzia come la Corte di appello non abbia valutato in termini di particolare tenuità del fatto proprio la grossolanità del falso e la conseguente inidoneità a raggiungere gli effetti sperati.
2.3. Col terze motivo l’imputato lamenta violazione di legge con riferimento alla manifesta illogicità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo, essendo presente nel dispositivo la frase <<ridetermina la pena per le residue condotte in sei mesi e 15 giorni di reclusione e 350 € di multa», del tutto inconferente rispetto alla motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. il primo motivo è inammissibile.
1.1. In tema di falso «grossolano», la Corte (Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, Baldin, Rv. 252946 – 01) ha stabilito che «ai fini dell’esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione ai sensi dell’art. 49 c:od. pen., occorre che appaia in maniera evidente la falsificazione dell’atto e non solo la sua modificazione grafica. Di conseguenza le abrasioni e le scritturazioni sovrapposte a precedenti annotazioni, non possono considerarsi, di per sé e senz’altro, un indice dì falsità talmente evidente da impedire la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede, giacché esse possono essere o apparire una correzione irregolare, ma non delittuosa, di un errore materiale compiuto durante la formazione del documento alterato dal suo stesso autore»
Conforme Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, Ambrosie, Rv. 263279 – 01, secondo cui «nei reati di falso in atti la punibilità è esclusa solo nel caso di grossolana falsificazione, immediatamente riconoscibile da chiunque. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato». Sez. 3. n. 32414 del 08/04/2019, Ciaccio, Rv. 276998 – 01, ha infine precisato che «la modificazione grafica dell’atto con abrasioni o con scritturazioni sovrapposte a precedenti annotazioni non – indice univoco di una falsità talmente evidente da escludere la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede, potendo apparire una correzione irrituale ma non delittuosa di un errore materiale compiuto durante la formazione di un documento veridico».
Inoltre, «la valutazione dell’inidoneità assoluta dell’azione, che dà luogo al reato impossibile, dev’essere fatta ex ante, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non ex post; tale principio riguarda, peraltro, i casi in cui il falso sia stato scoperto e si discuta se lo stesso fosse così grossolano da dover essere (conoscibile ictu oculi per la generalità delle persone, ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti, non anche quelli in cui il falso non sia stato scoperto ed abbia prodotto l’effetto di trarre in inganno, nei quali, quindi, 13 realizzazione dell’evento giuridico esclude in radice l’impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso di cui all’art. 49 c.p.» (Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063 – 01).
1.2. In tema ci falso «innocuo», poi, la Corte ha ritenuto (Sez. 5, n. 5896 del 29/10/2020, Brisciano, Rv. 280453 – 01) che «ricorre il cosiddetto “falso innocuo” nei casi in cui l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel falso materiale) siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino effetti sulla sua funzione documentale, non dover:do l’innocuità essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto». Ancora, si è ritenuto (Sez. 5, 1. 28599 del 07/04/2017, Bautista, Rv. 270245 – 01) che «il falso innocuo si configura solo in caso di inesistenza dell’oggetto tipico della falsità, di modo che questa riguardi un atto asso!·utameme privo di valenza probatoria, quale un documento inesistente o assolutamente nullo».
Recentemente, le Sezioni Unite della Corte (Sez. U., n. 12064 del 24/11/2022, Ed Daoudy, Rv. 284210 – 01). dopo avere evidenziato come nel linguaggio giurisprudenziale il sintagma «falso innocuo» viene talvolta utilizzato anche in una accezione più ampia, «quale espressione di sintesi di fattispecie invero la loro eterogenee, come quelle del falso “grossolano” e del falso “inutile” o “superfluo”, accomunate perché ritenute parimenti inoffensive per gli interessi tutelati dalle 1orme incriminatrici in materia di falso documentale», hanno precisato che è innocuo «il falso irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio e che, dunque, si rivela inidoneo ad esplicare effetti sulla sua funzione documentale (ex multis Sez. 5, n. 5896 del 29/:..0/2020, dep 2021, Brisciano, Rv. 280453; Sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014, Lamberti, Rv. 261812; Sez. 5, ·1. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, Ventriglia, Rv. 258946; Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Ir:1mordino, Rv. 248395)>>.
Soprattutto, in un caso similare a quello oggi in questione, la Corte ha precisato (Sez. 6, n. 28303 del 03/06/2016, Masè, Rv. 267094 – 01) che «l’alterazione di elementi accessori dell’atto, diversi da quelli che attengono al contenuto tipico dell’attestazione, non configura un falso innocuo o irrilevante, in quando tutte le componenti inserite nel documento ripetono da questo la loro idoneità funzionale ad 2sseverare l’esistenza di quanto indicato, in particolare laddove tali componenti accessorie siano inserite proprio per provare i fatti da esse rappresentati».
1.3. In ogni caso, come precisato dalla citata sentenza Baldin, spetta al giudice di merito «stabilire, fornendo congrua motivazione; se le peculiarità della specifica alterazione siano da ritenere un’innocu3 correzione oppure l’espressione di un’illecita falsificazione grossolanamente compiuta».
La valutazione in ordine alla natura grossolana o innocua del falso costituisce quindi valutazione di merito insuscettibile di rivalutazione in sede di legittimità se non nei limiti di motivazione manifestamente infondata o contraddittoria.
1.4. Nel caso di specie la Corte territoriale, nel rigettare l’analoga doglianza proposta nei motivi di appello, evidenzia (pag. 4) come la sentenza di primo grado «non si presta ad alcuna censura, essendo stato condotto con correttezza metodologica e soprattutto con applicazione di adeguate regole inferenziali».
Evidenzia quindi, a pagina 5, come il falso non possa in alcun modo essere ritenuto «grossolano», sottolineando come, da un lato, il giudizio sulla grossolanità debba essere riferito al cittadino medio, indipendentemente dalla qualifica soggettiva del soggetto che percepisce la res oggetto di falso; in secondo luogo, come il giudizio debba essere effettuato sulla base di una valutazione ex ante, indipendentemente dai risultati.
Precisa quinci, sempre a pagina 5, come la scoperta del falso da parte dei tecnici comunali sia stata agevolata dalla circostanza che gli stessi (così il teste Candela) avessero in precedenza svolto un sopralluogo sul posto e che, dopo la presentazione della documentazione falsificata, abbiano deciso di effettuarne un altro.
Chiarisce, infine, che lo stabilire l’altezza del muro del sottotetto, oggetto dell’alterazione, è un’operazione che r:chiede una particolare competenza tecnica, circostanza che rende certamente non ravvisabile ictu oculi la falsità.
Analogamente, i giudici di appello escludono che, nel caso di specie possa parlarsi di falso «innocuo», evidenziando come la valutazione sulla utilità del falso va effettuata tenuto conto del fatto nella sua interezza: nel caso di specie, le fotografie contraffatte si accompagnavano alla dichiarazione che esse rappresentavano (contrariamente al vero) lo stato dei luoghi conseguente alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi, in tal modo evidenziandosi l’attitudine ingannatoria del falso, che ha inciso su un momento critico della pratica amministrativa.
Analogamente, la sentenza di primo grado, che a quella impugnata si fonde, vertendosi in una ipotesi di “doppia conforme”, a pagina 7 confuta la analoga tesi difensiva, motivando sulla non grossolanità, né innocuità, del falso.
La motivazione, conforme a quella del giudice di primo grado, non appare viziata da manifesta illogicità o contraddittorietà, ribadendo, al contrario, principi solidamente affermati nella giurisprudenza di questa Corte.
Il motivo di ricorso, che consiste nella pedissequa reiterazione di censure motivatamente disattese dai giudici di merito, deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
2. I secondo motivo, con cui si lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui a:i•articolo 131-bis cod. pen., è del pari manifestamente infondato.
Il collego precisa che 12, norma che si assume violata prevede, quali condizioni per l’esclusione della punibilità (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
Si richiede, pertanto, al giudice di valutare se, sulla base dei due «indici requisiti» (delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo), valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, primo comma, cod. pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa e, cor: questo, coesista anche quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità (Sez. U, n.13682 del 25/02/2016, Coccimiglio, in motiv.; Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv.26544901).
La Corte territoriale, dopo avere ricordato i principi affermati da questa Corte circa i criteri di applicabilità dell’articolo 131-bis cod. pen., ne esclude l’applicazione al caso concreto, ritenendo che osti alla concessione della causa di non punibilità proprio la mancanza del requisito della particolare tenuità dell’offesa: «si tratta invero di una condotta spiccatamente dolosa posta in essere nel corso di una attività edilizia già connotata da plurime violazioni urbanistiche (definite con concessione in sanatoria seguita da accertamento di conformità susseguente solo ad opere di ripristino dello stato dei luoghi)».
E’ evidente come, nel caso di specie, la Corte territoriale abbia indicato specifici dati fattuali, inerenti alle modalità della condotta e alla gravità del fatto, dimostrativi della insussistenza del necessario requisito della tenuità dell’offesa.
Anche in questo caso, la motivazione non è illogica, né costituisce una mera clausola di stile, evidenziano, in modo conciso ma esaustivo, come proprio l’applicazione dei parametri indicati dall’articolo 133 cod. pen. escluda la ricorrenza in concreto della particolare tenuità del fatto.
Si tratta di motivazione adeguata e immune da vizi logici, rispetto alla quale la difesa si esprime in termini meramente oppositivi, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso.
3. Il terzo motivo è inammissibile.
La locuzione contenuta nel dispositivo, secondo cui la Corte «ridetermina la pena per le residue condotte in 6 mesi e 15 giorni di reclusione e 350 euro di multa» appare, in tutta evidenza, frutto di un refuso derivante dal c.d. «copia-incolla» di diversi provvedimenti, non essendo contestati, nel presente giudizio, altri reati se non quello di falso, essendo stato in primo grado dichiarato prescritto un reato urbanistico (Capo A.1) ed estinto per concessione in sanatoria un secondo reato urbanistico (Capo A.2). Del resto, nel percorso motivazionale della sentenza non è d2to rinvenire alcun elemento che consenta di inferire tale locuzione come frutto di una argomentata valutazione da parte del giudice di secondo grado.
Inoltre, e ciò appare dirimente, nel dispositivo pronunciato in udienza (v. pag. 6 affoliazione fascicolo Corte di appello), alla quale la ricorrente era presente, tale locuzione non compare, per cui non sussiste alcuna difformità tra dispositivo e motivazione.
si tratta, in ogni caso, di un errore materiale che non determina la nullità del provvedimento impugnato e che potrà essere emendato dalla Corte di appello di Torino ai sensi dell’articolo 130 cod. proc. pen., mediante espunzione della frase «intrusa» nel dispositivo in calce alla motivazione della sentenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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