Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 238 depositata il 4 gennaio 2024
accertamento sintetico c.d. redditometro – le dichiarazioni dei terzi possono essere utilizzate nel giudizio tributario sull’accertamento con metodo sintetico quale prova contraria
Rilevato che:
1. Il contribuente riceveva notifica dall’Agenzia delle Entrate – direzione provinciale Roma I – dell’avviso di accertamento n. TK3058204188/2011, relativo all’anno di imposta 2006 e dell’avviso di accertamento n. TK3058204196/2011 per l’anno di imposta 2007; la verifica, operata induttivamente ex art. 38, comma quarto ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, riscontrava la presenza di beni indice di capacità contributiva non dichiarata, ossia il canone di locazione relativo all’abitazione a Roma, il mutuo relativo all’abitazione secondaria di Montopoli in Sabina e il finanziamento relativo all’autovettura targata XXXXX. Pertanto, l’ufficio rideterminava il maggior reddito in € 48.156,00 per l’anno 2006 e in € 60.868,00 per l’anno 2007 laddove per l’anno 2006 non era stato proprio presentata la dichiarazione dei redditi e per l’anno 2007 erano stato dichiarati un reddito di € 207,00; contestava altresì l’omessa dichiarazione per l’anno 2006 e l’infedele dichiarazione per l’anno 2007.
2. Avverso gli avvisi di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Roma; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
3. La C.t.p. di Roma, con sentenza n. 582/05/2013, rigettava il ricorso.
4. Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
5. Con sentenza n. 1141/28/2015, depositata in data 24 febbraio 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame confermando la pronuncia di prime cure.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e supportato da memoria.
L’Agenzia delle Entrate non ha notificato e depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 30 novembre 2023.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (vizio di motivazione apparente), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha definito il merito del giudizio limitandosi a statuire che il contribuente non avesse assolto l’onere probatorio, che, in materia di accertamento sintetico, incombe in capo allo stesso.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame del fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» il contribuente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha tenuto conto del fatto che il cognato del contribuente, nel periodo oggetto di contestazione, avesse corrisposto somme mensili non inferiori ad € 700,00 in favore del contribuente e della sorella (coniuge del Zanzarri).
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Falsa applicazione degli artt. 2725 e 782 cod. civ. – violazione degli artt. 783 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di enunciare le ragioni che hanno indotto gli stessi Giudici a trascurare le dichiarazioni dei familiari del contribuente.
2. Il primo motivo, ossia quello con cui il ricorrente lamenta che la C.t.r. abbia definito il merito del giudizio limitandosi a statuire che il contribuente non avesse assolto l’onere probatorio, è fondato.
2.1. Va premesso che in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
2.2. Nella fattispecie in esame, a fronte dei fatti e circostanze utilizzati come indice di maggiore capacità contributiva – quali il canone di locazione relativo all’abitazione a Roma, il mutuo relativo all’abitazione secondaria di Montopoli in Sabina e il finanziamento relativo all’autovettura targata XXXXX, 1990 di cilindrata – la C.t.r. si è limitata a dichiarare che il contribuente non aveva assolto l’onere probatorio su di lui incombente e non poteva darsi credito alle affermazioni dell’appellante/contribuente secondo cui aveva ricevuto aiuti economici dai familiari e principalmente dal padre, considerato che tali donazioni non erano avvenute per atto pubblico e tenuto anche conto che non era stato prodotto alcun documento idoneo a dimostrare gli avvenuti atti di liberalità di cui il contribuente asseriva di essere destinatario. In questo modo, tuttavia, si è obliterata la motivazione sulla valutazione delle specifiche prove addotte dal contribuente, ossia che le spese oggetto di contestazione da parte dell’ufficio erano state sostenute grazie ai redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile IRPEF e segnatamente grazie al contributo offerto dalla moglie (il cui reddito era pari, per gli anni 2006 e 2007, rispettivamente ad € 13.127,00 ed € 15.037,00), dai suoceri, entrambi pensionati, e dal cognato, dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione, convivente con i suoceri medesimi.
2.3. Costituisce principio consolidato giurisprudenziale quello secondo cui la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione <<manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata>> (Cass., Sez. U., n. 8053/2014, con riferimento al nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., a seguito alla riforma di cui all’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22/06/2012, n. 83, conv. in l. 7/08/2012, n. 134, applicabile al caso in esame trattandosi di sentenza emessa dopo il 10 settembre 2012); successivamente tra le tante Cass. n. 6626/2022; Cass. n. 22598/2018).
2.4. Ancora, il giudice non può, nella motivazione, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa: cfr. Cass. 23/01/2006, n. 1236; Cass. 29/07/2016, n. 15964; Cass. 20/12/2018, n. 32980; Cass. 08/10/2020, n. 21700)
2.5. Nel caso in esame, la C.t.r. ha deciso con una motivazione apparente perché, pur graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie ed ipotetiche congetture.
2.6. Va qui ricordato che, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante cd. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta costituisce principio a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale quello secondo cui all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa. (In applicazione del principio, la S.C., nella specie, ha cassato la sentenza della C.T.R. che aveva omesso di valutare la documentazione presentata dal contribuente relativa ad operazioni di smobilizzo eseguite dal coniuge ed a versamenti bancari tracciabili concessi dai genitori, aventi elevati redditi annuali, alla base delle spese poste a fondamento dell’accertamento) (Cass. 08/10/2020, n. 21700).
3. Il terzo motivo, ossia quello con cui ci si duole che la C.t.r. ha omesso di enunciare le ragioni che hanno indotto gli stessi Giudici a trascurare le dichiarazioni dei familiari del contribuente, è fondato. È indubbio che le dichiarazioni dei terzi possono essere utilizzate nel giudizio tributario sul sintetico quale prova contraria (cfr. Cass. 11/11/2020, n. 25414; Cass. sintetico; in generale Cass. 14/12/2021, n. 39831; Cass. 27/02/2020, n.5340, cit.; Cass. 16/03/2018, n. 6616; Cass. 21/01/2015, n. 960) ed il giudice deve apprezzarne l’attendibilità, al pari delle dichiarazioni di terzi raccolte e prodotte dall’Ufficio, quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (Cass. 16/03/2018, n. 6616; Cass.07/4/2017, n. 9080; Cass. 05/04/2013, n. 8639, ex plurimis).
3.1. Invero, il generico accenno al fatto che le pretese donazioni non erano avvenute per atto pubblico oblitera immotivatamente la disciplina di cui al primo comma dell’art. 783 cod. civ. secondo cui la forma dell’atto pubblico non è richiesta per le donazioni di modico valore ex art. 783 c.c.; né la C.t.r. ha effettuato la valutazione richiesta sulla base dei principi di questa Corte in materia: “Ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due elementi di valutazione la cui ricorrenza, involgendo un giudizio di fatto ed imponendo il contemperamento di dati analitici, è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se non ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante” (Cass. 17/02/2020, n. 3858). Vieppiù che l’azione proposta davanti alla commissione tributaria è volta a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale e non a far valere diritti che derivino dalla donazione, rispetto ai quali invece rilevano i limiti alla prova civilistici, per come può argomentarsi, sia pur con riferimento a diversa fattipecie, dal principio secondo cui “In tema di accertamento cd. sintetico ex art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1972, il contribuente, il quale deduca che l’acquisto di un immobile non costituisce manifestazione di una reale capacità reddituale in ragione della simulazione dell’atto di compravendita e del conseguente mancato pagamento del relativo prezzo, nell’assolvimento dell’onere di fornire la prova contraria, su di esso gravante, può ricorrere anche alle dichiarazioni rese da terzi al di fuori del giudizio, aventi rilevanza meramente indiziaria, atteso che l’azione proposta davanti alla commissione tributaria è volta a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale e non ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto simulato” (Cass. 11/11/2020, n. 25414).
4. Dall’accoglimento dei primi due motivi discende l’assorbimento del secondo.
5. In conclusione, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso e, assorbito il secondo, la sentenza va cassata ed il giudizio va rinviato al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
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