Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 4675 depositata il 21 febbraio 2024

Società non operative- giudicato esterno

Rilevato che:

L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Catanzaro, accertava, per l’anno di imposta 2008, maggior reddito a fini Ires e Irap nei confronti della società Collants s.r.l., in base alla disciplina delle società non operative di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994.

La CTP di Catanzaro dichiarava inammissibile perché tardivo il ricorso della società.

La CTR della Calabria accoglieva l’appello, ritenendo il ricorso tempestivo e fondato nel merito, in base ad un giudicato esterno costituito dalla sentenza della CTP di Catanzaro n. 134/01/2013 depositata in data 6/05/2013.

Contro tale sentenza propone ricorso l’Agenzia delle Entrate in base a un motivo, illustrato da successiva memoria.

La società resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio dell’11/01/2024.

Considerato che:

1. La ricorrente propone un motivo di ricorso con cui deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., lamentando l’errore della CTR ove ha dato rilevanza alla decisione della CTP di Catanzaro n. 134/01/2013, depositata in data 6/05/2013 e passata in cosa giudicata, in quanto tale sentenza era stata resa su impugnazione di una cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973; in particolare la CTP aveva affermato l’illegittimità del ricorso a tale procedura per contestare lo stato di società non operativa, per cui doveva ritenersi che le doglianze di merito della società fossero state esaminate solo incidentalmente, con affermazioni inidonee a costituire giudicato esterno; inoltre il giudizio definito dalla CTP con sentenza passata in cosa giudicata aveva ad oggetto la mera liquidazione dell’imposta sui redditi tramite procedure automatizzate mentre l’avviso di accertamento discendeva da una specifica attività di controllo analiticamente motivata, basata su presupposti diversi da quelli fondanti la liquidazione automatica e peraltro con esiti numerici diversi, oltre che volto ad accertare anche l’Irap.

1.1. Occorre premettere che il controricorso della società è stato tardivamente notificato in data 14/06/2018 laddove la stessa società afferma che il ricorso le è stato notificato in data 20/02/2018 e quindi oltre il termine di giorni quaranta da quest’ultima data, come del resto espressamente premesso dalla stessa.

Di conseguenza le eccezioni proposte dalla controricorrente non possono essere esaminate, se non nell’ambito di quelli che costituiscono poteri officiosi della Corte.

1.2. Si evidenzia peraltro che nel processo tributario il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito, fermo restando che la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 cod. civ. opera soltanto rispetto alle questioni – dedotte o deducibili – su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato e non rispetto a statuizioni meramente apodittiche (Cass. 07/12/2021, n. 38767).

2. Il ricorso erariale non è fondato.

2.1. Dalla lettura della sentenza della CTP, ritenuta fondante il giudicato applicato dalla CTR nella decisione impugnata, emerge che essa ha ad oggetto la cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 con cui viene richiesto il pagamento per l’anno 2008.

La CTP afferma in particolare che <<in via preliminare ritiene questo Collegio che l’ente impositore per contestare lo stato di società non operativa avrebbe dovuto procedere ad accertamento ex art. 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e non procedere, come nel caso di specie, col controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, poiché la previsione non rientra tra i casi espressamente previsti dalla normativa vigente>> e poi prosegue affermando che <<anche le eccezioni di merito sono fondate, per cui il ricorso, anche sotto tale aspetto, deve trovare accoglimento. Con la documentazione in atti parte ricorrente ha dimostrato che al caso che occupa non può essere applicato l’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Invero la Collants s.r.l. rappresenta un caso eclatante di impresa costituita per l’esercizio di attività industriale per la produzione di maglieria e biancheria intima che tuttavia non ha raggiunto gli obiettivi previsti a causa della congiuntura sfavorevole che ha investito l’intero settore>>.

2.2. La questione decisa dalla CTP nella sentenza applicata come produttiva di un giudicato esterno per il medesimo anno di imposta si inserisce nel solco di una questione esaminata dalla Corte, quella relativa alla possibilità di emettere cartella ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 nei confronti della società che abbia dichiarato reddito zero discostandosi dal reddito minimo previsto per le società non operative. In tali casi la Corte ha reiteratamente ritenuto che «In materia di società di comodo, l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ammissibile solo se fondata su un controllo meramente cartolare, per l’importo indicato dal contribuente quale risultato del test di operatività, atteso che i parametri di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006) non rappresentano il reddito effettivamente percepito, ma dati presuntivi, il cui mancato raggiungimento costituisce, salva la prova contraria, un elemento sintomatico della natura non operativa della società» (Cass. 12/12/2016, n. 25472; conformi Cass. 29/12/2020, n. 29734; Cass. 28/04/2021, n. 11153; Cass. 29/12/2021, n. 41840; Cass. 16/02/2022, n. 5016).

Si è segnalato che tale orientamento trova conforto anche nella prassi operativa della stessa Amministrazione, atteso che in vari giudizi l’Agenzia delle entrate aveva posto in rilievo che «con la Direttiva n. 8 del 12 febbraio 2013 ha sollecitato “l’abbandono delle controversie instaurate avverso cartelle di pagamento emesse dagli uffici a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni per recuperare le imposte dovute sul reddito minimo delle società non operative”, affermando che “la contestazione relativa all’omesso adeguamento al reddito minimo deve trovare la sua naturale sede nella fase di accertamento e non in quella di liquidazione della dichiarazione”» (Cass. 29/12/2020, n. 29734, cit., in motivazione).

Si è anche avuto cura di distinguere dal caso in cui la società dichiari reddito zero il caso in cui l’Amministrazione non aveva calcolato l’imposta autonomamente (utilizzando e qualificando come effettivo il reddito risultato dal test di operatività e determinato secondo i parametri presuntivi previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo applicabile ratione temporis), ma si era limitata a procedere alla liquidazione nella misura dichiarata come dovuta dalla stessa società contribuente (adeguatasi nella dichiarazione al reddito minimo derivante dalla disciplina sulle società di comodo), poi non versata (cfr. Cass. 06/02/2019, n. 3394; Cass. 15/09/2021, n. 24811).

2.3. Alla luce di tali preliminari considerazioni deve essere decisa la questione della portata del giudicato.

Questa Corte ha affermato che nel processo tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto, anche laddove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo ed il petitum del primo (Cass. 16/05/2019, n. 13152); nonché che nel processo tributario, il principio ritraibile dall’art. 2909 cod. civ. – secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi, intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottata (petitum immediato) – è applicabile anche nel caso in cui gli atti tributari impugnati in due giudizi siano diversi (nella specie, un diniego di condono ed un avviso di accertamento relativo ad una delle annualità oggetto della richiesta di condono), purché sia identico l’oggetto del giudizio medesimo, riferito al rapporto tributario sottostante (Cass. 30/10/2017, n. 25798).

2.4. Chiarito quanto sopra e cioè che nel caso di specie era stata emessa cartella per contestare lo stato di società non operativa, la pronuncia resa dalla CTP ha deciso non solo sulla illegittimità del ricorso alla procedura automatizzata ma anche sulla insussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina delle società non operative, sostanzialmente ritenendo la coesistenza di un vizio di forma dell’atto e di un vizio di merito, accertando, in base ai documenti offerti dalla società, che essa non aveva raggiunto gli obiettivi previsti a causa della congiuntura sfavorevole che aveva investito l’intero settore; tale pronuncia, che non le era preclusa, non ha natura apodittica né appare resa in via meramente ipotetica (non potendosi ritenere tale argomentata affermazione una mera osservazione ad abundantiam).

Pertanto, deve ritenersi che la CTR correttamente ha ritenuto sussistente il giudicato per il medesimo anno di imposta.

4. Il ricorso va quindi respinto.

Non vi è a provvedere sulle spese alla luce della tardività del controricorso.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30/05/2002, n. 115.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.