Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 5317 depositata il 28 febbraio 2024
accertamento bancario – onere della prova – tipologia di prova
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava sia l’appello di R.L., erede di N.F., sia l’appello incidentale dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Napoli che, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’accertamento sintetico dei redditi del signor N.F. per l’anno 2006, aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo, riducendo il reddito imponibile accertato dall’importo di € 5.024.145,00, così quantificato dall’Ufficio in relazione ai versamenti riscontrati sui numerosi rapporti bancari nella disponibilità del contribuente e ritenuti non giustificati, al minore importo di € 174.007,00.
2. La CTR riteneva che il comportamento dell’Ufficio fosse legittimo e corretto, nonché basato su dati di fatto certi ed ampiamente motivato, osservando: i) che l’accertamento aveva preso le mosse dall’inserimento di N.F. nella lista selettiva predisposta per i soggetti che abbiano immatricolato autovetture di potenza fiscale superiore ai 21 CV, (nella fattispecie una Lamborghini Gallardo della potenza fiscale di 37 CV, acquistata nel 2003); ii) che, conseguentemente, gli accertatori avevano proceduto secondo i poteri di cui all’art. 32 D.P.R. 600/73, inviando in data 13.6.08 invito a comparire per fornire chiarimenti (mod. 59) e rilevando che, a prescindere dalla capacità contributiva già dimostrata con il possesso della suddetta vettura e l’ acquisto di altra autovettura di lusso, Audi A4L della potenza di 26 CV, poi rivenduta nel corso dello stesso anno, a fronte di un reddito dichiarato di € 17.005,00 il contribuente era risultato proprietario di 23 fabbricati e 22 terreni; iii) che quanto ai primi, cinque non erano dichiarati e 13 dichiarati con codice 9, ossia come immobili dati in uso a terzi senza corrispettivo e, quanto ai secondi, aventi un’estensione complessiva di 26 ha, gli stessi venivano dichiarati per la prima volta in relazione all’anno d’ imposta 2006; v) che il contraddittorio preventivo era stato regolarmente istituito, mentre era irrilevante l’omessa notifica di un p.v.c. prodromico all’ avviso di accertamento, non sussistendo al riguardo alcun obbligo a carico dell’Ufficio; vi) che gli accertatori, inoltre, avevano rilevato l’esistenza di numerosi rapporti bancari nella disponibilità del N.F., (intestati direttamente allo stesso, cointestati con la moglie o il fratello, o intestati a società direttamente amministrate), sicché avevano proceduto all’indagine finanziaria esaminando le singole movimentazioni e provvedendo alla rettifica dei redditi dichiarati secondo le procedure di cui agli artt. 32, 38, e 41 bis D.P.R. 600/73.
3. In ragione di tali premesse i giudici di appello confermavano le valutazioni espresse dalla Commissione di primo grado e, non risultando contestato quanto rilevato in ordine all’acquisto dell’autovettura Lamborghini né in ordine al possesso degli immobili, in merito alle movimentazioni bancarie osservavano che, per l’anno 2006, il perito nominato nel giudizio penale relativo ai medesimi fatti aveva ritenuto recuperabili a tassazione gli importi di € 155.806,00, di cui al conto Banca Intermobiliare n. 023/198-1, e di € 1.602,79, di cui al conto Banca Intermobiliare n. 023/134-5, mentre aveva escluso le movimentazioni per complessivi € 4.616.678,00, perché relative a semplici evidenze contabili, oltre all’importo di € 58.000,00, relativo alla vendita dell’ autovettura Audi su precisata e alle operazioni per € 192.059,00 relative al conto Deutsche Bank n. 010044, in quanto intestato alla società Annabella s.r.l.
4. Avverso la predetta sentenza l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi e R.L., nella qualità di erede di N.F., resiste con controricorso e propone ricorso incidentale sorretto da tre motivi.
5. La controricorrente ha quindi prodotto, in data 10/01/2024, copia della sentenza della CTR della Campania che ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto nei confronti della sentenza qui impugnata e, in data 23/01/2024, ha depositato memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ. nella quale ha dato atto del passaggio in giudicato della predetta sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 111, comma 6, Cost., art. 132, comma 2 n. 4, c.p.c.. Nullità della sentenza per assoluta mancanza o mera apparenza della motivazione».
1.1. L’Amministrazione ricorrente lamenta l’assenza o apparenza della motivazione d’appello, che si esaurirebbe in un mero rinvio per relationem alla sentenza della CTP ed alla perizia d’ufficio disposta in sede penale, privo di autonoma e critica valutazione da parte dei secondi giudici, e che pertanto risulti assolutamente impossibile ricostruire l’iter logico giuridico seguito dalla CTR per pervenire al rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio.
1.2. Il motivo è infondato.
L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
1.3. Va ancora rammentato che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
1.4. Nessuna di tali fattispecie ricorre nel caso in esame, in quanto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge l’iter logico seguito dalla CTR, che non si è limitata ad un generico richiamo alla perizia redatta in sede penale, ma ne ha condiviso motivatamente i rilievi relativi alle poste esaminate.
In particolare, la CTR ha evidenziato come l’esclusione di un ingente importo di movimentazioni sia dipeso dalla loro attribuzione non a versamenti, bensì ad evidenze contabili, così offrendo una argomentazione idonea a ricostruire l’iter motivazionale seguito.
2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 32 d.p.r. 600/1973, art. 2697 c.c., ed artt. 115 e 116 c.p.c.»
L’Amministrazione ricorrente osserva che l’avviso di accertamento impugnato in prime cure si fonda sui risultati delle indagini bancarie ex art. 32 DPR n. 600/73 espletate sui conti correnti intestati al contribuente o, comunque, nella sua disponibilità, le quali, per l’anno d’imposta 2006, avevano evidenziato versamenti rimasti privi di giustificazione, pari ad € 5.024.125,00.
Osserva ancora che, per costante giurisprudenza di legittimità, le risultanze di tali indagini bancarie sono, di per sé, sufficienti a sorreggere l’avviso di accertamento, mentre incombeva al contribuente l’obbligo di fornire, per ogni versamento bancario, la prova della non imponibilità delle operazioni effettuate.
Tanto premesso, lamenta che la CTR, nel rigettare l’appello incidentale dell’Ufficio, recependo acriticamente le risultanze della perizia esperita in sede penale abbia, in estrema sintesi, ritenuto che il contribuente avesse fornito la prova della non imponibilità dei versamenti in conto corrente eccedenti l’ammontare di € 174.007,00.
L’Amministrazione in sostanza assume che il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere che la presunzione legale relativa, in materia di versamenti sul conto bancario della contribuente, potesse ritenersi vinta non per effetto di una prova contraria analitica, ma mediante un generico richiamo alle conclusioni del perito nominato in sede penale, elevate dalla CTR a ratio decidendi.
2.1. Il motivo è infondato laddove censura la violazione dell’art. 32 cit.
2.2. Questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità, ha ritenuto che «In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.» (Cass., 16/11/2018, n. 29572. Nello stesso senso Cass., 20/01/2017, n. 1519; Cass. n. 5152 e n. 5153 del 2017; Cass., n. 19806 del 2017; Cass. n. 16697 del 2016, ex plurimis; v. di recente Cass. n. 23649/2023; Cass. n. 25501/2023).
2.3. In ordine alla prova liberatoria che il contribuente ha l’onere di fornire, questa Corte ha chiarito che «In tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione.» (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020).
Nel dettaglio, poi, la prova, non generica ma analitica (sul punto, cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata), deve essere «idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014)» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020, cit., in motivazione; Cass. n. 35258/2021).
2.4. A tale dimensionamento dell’onere della prova gravante sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.
2.5. Nella fattispecie sub iudice il giudice d’appello ha fatto corretta applicazione di tali canoni giuridici, evidenziando, anche sulla scorta degli accertamenti tecnici svolti nel procedimento penale, quali versamenti abbia ritenuto giustificati e quali non giustificati, evidenziando inoltre come, per un rilevante importo, l’Ufficio avesse qualificato come versamenti delle movimentazioni riconducibili a mere evidenze contabili.
2.6. Il motivo manifesta inoltre un chiaro profilo di inammissibilità laddove si contesta, esclusivamente e nella sostanza, la valutazione delle risultanze delle prove offerte alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass.1 marzo 2022 n.6774, id. n. 1229 del 2019) secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione».
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, rubricato
«Violazione dell’art. 36, 2° comma, n. 4, del D.Lgs. n.546/1992, anche in relazione all’art.111, comma 6 Cost. e all’art.6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992» R.L., con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., lamenta il vizio motivazionale della sentenza impugnata per non avere tenuto conto, in relazione alle movimentazioni ritenute non giustificate, delle produzioni effettuate dal ricorrente in primo grado con la nota depositata in data 21 aprile 2011, il cui omesso esame da parte della CTP era stato oggetto di specifica doglianza.
3.1. Il motivo, con il quale si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi e, in particolare, di quelli rinvenibili dalla documentazione prodotta in giudizio, e dunque da qualificarsi ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 , cod. proc. civ., è inammissibile, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, espressamente eccepito dalla controricorrente e applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 28/12/2021, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse (ex multis, Cass. n. 266860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, rubricato
«Violazione dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 210 c.p.c. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1, D. Lgs. n. 546/1992», la contribuente lamenta, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., che la CTR, nell’esercizio dei poteri istruttori ufficiosi, abbia disatteso immotivatamente sia la richiesta di acquisizione presso gli istituti di credito della documentazione bancaria tempestivamente richiesta e mai pervenuta al contribuente, sia la domanda di espletamento di C.T.U. avente ad oggetto tale ulteriore documentazione, già formulata in primo grado.
4.1. Il motivo è infondato.
In particolare, come questa Corte ha già rilevato (cfr. Cass. n. 33506/2018; Cass. n. 38062/2021), a seguito della soppressione del terzo comma dell’art. 7 d.lgs. n. 546/1992, al giudice tributario è consentito ordinare l’esibizione dei documenti, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ., quando è impossibile acquisire altrimenti la prova, come nel caso in cui una parte non possa conseguire i documenti in possesso dell’altra, ovvero in situazioni di oggettiva incertezza, al fine di integrare gli elementi istruttori in atti, non potendo invece essere ordinata d’ufficio l’esibizione di documenti di una parte o di un terzo, quando l’interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa.
Tuttavia, nel caso di specie, deve osservarsi che la contribuente, anche per il principio di vicinanza della prova, al fine di dimostrare la sua estraneità ai fatti, avrebbe potuto richiedere alle banche la documentazione in oggetto.
4.2. Per quanto attiene alla richiesta di disporre consulenza tecnica d’ufficio, nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento secondo cui la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti, (v. Cass. n. 17399 del 2015; Cass. n. 72 del 2011; Cass. n. 88 del 2004; Cass. n. 10 del 2002; Cass. n. 15136 del 2000; da ultimo v. Cass. n. 18358/2023).
Nel caso di specie l’assenza di un obbligo di acquisizione officiosa di ulteriore documentazione riverbera, in termini di logica conseguenza pur non esplicitata, sul mancato accoglimento della conseguente richiesta di consulenza tecnica.
5. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, rubricato
«Violazione o falsa applicazione dell’art. 24 della legge n. 4 del 1929 e dell’art. 32 comma 1, n. 2, D.P.R. n.600/1973, anche in relazione all’art. 12, comma 7, della legge n.112/2000, all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed agli artt. 3, 53 e 97 Cost. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1. D.Lgs. n. 546/1992», si lamenta, con riguardo all’art. 360, comma 1. n. 3, c.p.c., che i giudici di appello abbiano rigettato la censura di violazione del contraddittorio preventivo per mancata redazione di un processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo.
5.1. La censura è infondata posto che è pacifico come, nella specie, l’accertamento non abbia comportato l’accesso nei locali del contribuente.
5.2. Come è noto, «In tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente. stato nella specie effettuato a seguito delle risposte fornite dal contribuente al questionario inviatogli» (ex plurimis Cass. 05/11/2020, n. 24793; Cass. n. 5617/2023). In simili evenienze, dunque, non occorre alcun previo p.v.c., posto che la necessità dello stesso è ricollegata dall’art. 52, d.P.R. n. 633/1972, richiamato dall’art. 33, d.P.R. n. 600/1973, all’effettuazione di un accesso.
6. In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno rigettati.
Stante la reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimità devono essere compensate.
Rilevato che risulta soccombente anche l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica nei confronti di tale parte il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Dichiara compensate
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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