Corte di Cassazione sentenza n. 14353 depositata il 5 maggio 2022

accertamento – movimentazioni bancarie – onere della prova

RILEVATO CHE

1. La società contribuente WAKAN SRL ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2005, con il quale venivano recuperate maggiori IRES, IRAP e IVA. L’atto impugnato traeva origine da un PVC, notificato in data 27 giugno 2006, con il quale si rilevavano diverse movimentazioni bancarie in accredito e addebito, le quali venivano qualificate come ricavi non contabilizzati, in quanto risultanti da contabilità inattendibile e non giustificati a termini degli 32, 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

2. La contribuente ha contestato l’insussistenza dei presupposti per procedere con l’accertamento, ha ritenuto giustificate le movimentazioni, risultanti dalla contabilità e ha, infine, contestato errori di calcolo. 

3. La CTP di Roma ha accolto il ricorso, ritenendo attendibile la contabilità della società contribuente.

4. La CTR del Lazio, con sentenza in data 4 dicembre 2014, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che la contabilità della società contribuente fosse complessivamente inattendibile, stanti indicazioni in contabilità di acronimi che ne rendevano difficile la comprensione e valorizzando, inoltre, sia le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società contribuente, sia l’annotazione in contabilità di operazioni incerte, come le operazioni future, ritenuti elementi indiziari dotati di pregnanza presuntiva. Quanto alle singole movimentazioni, il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente non avrebbe fornito la prova contraria idonea a vincere la presunzione di reddito scaturente dalle movimentazioni bancarie accertate dall’Ufficio, non essendo stata dimostrata l’irrilevanza delle movimentazioni bancarie a fini reddituali. Il giudice di appello ha, inoltre, rilevato – quanto ai prelevamenti – l’assenza di indicazione del beneficiario dei prelievi, avvenuti a mezzo assegno, nonché l’assenza di causa degli stessi e, quanto agli accrediti, ha ritenuto ingiustificati i versamenti da parte di soci futuri in quanto circostanza irragionevole in termini economici.

5. Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.

CONSIDERATO CHE

1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 51, secondo comma, d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inattendibile la contabilità. Deduce il ricorrente che, ai fini dell’inattendibilità della contabilità, occorre che risultino congiuntamente sia la mancata contabilizzazione delle movimentazioni bancarie, sia la mancata indicazione dei beneficiari, dovendosi invero ritenere che ove si dimostri l’esistenza di una di queste due circostanze, dovrebbe ritenersi fornita la prova contraria da parte del contribuente. Al riguardo, il ricorrente osserva che le operazioni risultavano correttamente registrate in contabilità e deduce che i prelevamenti avevano la funzione di futuri acquisti di partecipazioni e che i versamenti erano acconti versati dai soci a titolo di finanziamento per futuri acquisti di partecipazioni, essendo la causale del finanziamento da ascrivere all’aumento di capitale nella società partecipata Rilux SRL. Osserva, inoltre, che nell’accertamento dovrebbe tenersi conto dell’incidenza dei costi, da dedurre dall’ammontare dei prelievi ingiustificati.

1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 39, primo comma, d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 2697, 2727, 2729 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto non fornita la prova contraria da parte del Deduce, in primo luogo, il ricorrente che i dati risultanti dai conti correnti bancari non costituirebbero di per sé elementi sufficienti ai fini della prova dell’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati. Deduce il ricorrente che il giudice di appello avrebbe, inoltre, tralasciato di esaminare ulteriori elementi di prova e avrebbe invertito l’onere della prova.

1.3 Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 51 d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui il giudice di appello non ha rilevato che l’Ufficio avrebbe commesso un errore di calcolo. Osserva parte ricorrente che l’Ufficio avrebbe sommato le poste di cui ai nn. 179 e 182 del conto «Acc.ti per Future Cessioni di Partecipazioni», laddove si tratterebbe di un versamento di un assegno e di un successivo storno dello stesso in quanto non pagato, operazioni che si sarebbero elise reciprocamente.

1.4 Con il quarto motivo (indicato anch’esso come 3) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere due giudici di merito – in una sentenza di primo grado relativa ad altro anno di imposta e in una pronuncia di secondo grado in sede cautelare – accertato la regolarità della contabilità.

2. Va preliminarmente rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del primo motivo, posto che nella specie non ricorre l’ipotesi della revisione del ragionamento decisorio, bensì una ipotesi di falsa applicazione di legge, nella parte in cui il giudice di appello non avrebbe correttamente applicato la disposizione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600/1973.

3. Il primo motivo è fondato nei termini che seguono. Risulta accertato nella sentenza impugnata che l’atto impositivo ha tratto origine dall’esame «di due conti nei quali erano riportate numerose operazioni di versamento e prelevamento che evidenziavano, tra l’altro, un forte flusso di denaro transitato sia in entrata che in uscita sul c. bancario intestato alla società». Vi è, pertanto, un accertamento in fatto che le movimentazioni bancarie hanno riguardato, in tutto o in parte («tra l’altro»), operazioni annotate in due sottoconti di mastro rinvenuti in contabilità e, quindi, riportate in contabilità.

4. Dispone in proposito l’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 in materia di movimentazioni finanziarie, nella formulazione pro tempore, «sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni». Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le movimentazioni bancarie possono essere oggetto di accertamento presuntivo di maggiori ricavi, ove non vi sia indicazione del beneficiario, sul presupposto che tali operazioni non risultino dalle scritture contabili (Cass., Sez. V, 9 giugno 2020, n. 10973), in quanto l’art. 32 cit., al pari dell’art. 51 P.R. n. 633/1972, «impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari» (Cass., Sez. V, 4 aprile 2022, n. 10712; conf. Cass., Sez. V, 5 luglio 2021, n. 18965; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2021, n. 4332; Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2020, n. 27634; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21707; Cass., Sez. V, 26 giugno 2020, n. 12820; Cass., Sez. V, 14 gennaio 2020, n. 432; Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 714).

5. La ratio di tale norma riposa sul presupposto che le operazioni risultanti dalla documentazione bancaria e non annotate nelle scritture contabili siano state utilizzate dalla società contribuente per attività non dichiarate, benché inerenti alla produzione del reddito. Il presupposto per la ripresa a imposizione, secondo il disposto dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, di operazioni risultanti dalle movimentazioni bancarie è, pertanto, la mancata annotazione delle movimentazioni bancarie attenzionate dall’Ufficio tra le registrazioni contabili (annotazioni su libro giornale, sul registro dei compensi e delle spese o sui registri Iva). E’ in base a tale mancata corrispondenza che insorge l’imputazione presuntiva a compensi dei prelievi (presuntivamente ascrivibili a costi per acquisti e, quindi, presunzione normativa di successivo ricavo non dichiarato destinato ad attività di impresa: Corte cost., 8 giugno 2005, n. 225) e dei versamenti (presuntivamente ascrivibili a ricavi non dichiarati), per i quali non si disponga di documentazione giustificativa.

6. La presunzione di imputazione di ricavo per i versamenti e i prelevamenti risultanti dalla documentazione bancaria è, pertanto, fondata sul presupposto del mancato riscontro in contabilità delle movimentazioni stesse, che il contribuente può vincere provando che le operazioni siano registrate in contabilità o che non abbiano rilevanza reddituale, indicandone i beneficiari (Cass., Sez. V, 24 luglio 2012, n. 13036), dando così la prova di avere tenuto conto delle somme oggetto delle movimentazioni ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta, utilizzando i «prelevamenti per pagare determinati beneficiari, oppure fornendo la prova analitica della eventuale “irrilevanza” di quei movimenti, perciò riferibile al singolo movimento bancario» (Cass., V, 9 agosto 2016, n. 16686). 

7. Vero è che il giudice di appello ha accertato (in fatto) l’inattendibilità della contabilità nel suo complesso, così prescindendo ex abrupto dal confrontarsi con le singole movimentazioni bancarie oggetto di ripresa impositiva («non specifica nel dettaglio come possa ritenersi corretta la contabilità che faccia rinvio ad acronimi diciture abbreviate […] di difficile e dubbia comprensione […] dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società […] non possono non corroborare la presunzione di inattendibilità […] non può ritenersi ragionevolmente attendibile una contabilità in cui, come nella specie, figurano operazioni future»). Ma così facendo il giudice di appello ha effettuato un accertamento fuori bersaglio, non richiesto dalla norma, a conforto della deduzione di falsa applicazione di legge correttamente formulata dal Tale inattendibilità (complessiva) della contabilità, se coerente con l’accertamento della legittimità di un accertamento induttivo puro (che, peraltro, non pare ricorrere nella specie, avendo il giudice di appello fatto riferimento alle deduzioni dell’Ufficio in appello in cui deduceva l’esistenza di presunzioni «gravi, precise e concordanti»; pag. 1, ult. cpv. sent. imp.), non è richiesto dalla norma di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, che invece impone al contribuente di dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass., Sez. V, 9 marzo 2021, n. 6405; Cass., Sez. VI, 5 maggio 2017, n. 11102; Cass., Sez. V, 29 luglio 2016, n. 15857; Cass., Sez. V, 4 agosto 2010, n. 18081). A questo onere della prova corrisponde un preciso obbligo del giudice del merito di verificare rigorosamente l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., Sez. V, 27 luglio 2021, n. 21546; Cass., Sez. V, 30 giugno 2020, n. 13112; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10480; Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21800), compito che non può ritenersi assolto da un generico disconoscimento della contabilità nel suo complesso, pena la falsa applicazione della norma in oggetto.

8. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto:

«L’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, al pari dell’art. 51 d.P.R. n. 633/1972, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari; nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria contesti complessivamente l’inattendibilità della contabilità, il giudice del merito deve, in ogni caso, verificare l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione al fine di verificare che le movimentazioni bancarie siano o meno riferibili ad operazioni imponibili ai fini reddituali». La sentenza impugnata non si è attenuta al suddetto principio.

9. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo e, previo assorbimento degli ulteriori motivi, la sentenza va cassata, con rinvio alla CTR a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.