CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2021, n. 24145

Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Accertamento bancario – Disponibilità di conti correnti bancari intestati ad altri – Rilevanza di prelievi e versamenti – Onere di prova contraria – Sanzioni

Fatti di causa

D.A. titolare di una ditta individuale di costruzioni con sede in Barletta, impugnava in primo grado un avviso di accertamento per l’ anno di imposta 2007 con cui venivano recuperati a tassazione maggiori imposte Irpef, Irap e Iva (oltre sanzioni) sulla base dei risultati di indagini finanziarie.

La Commissione tributaria provinciale di BARI con sentenza n. 200/4/2010 rigettava il ricorso del contribuente, e riduceva alla metà del minimo le sanzioni. Proponevano appello sia il D. che l’ Agenzia delle entrate (quest’ultima solo in relazione alla decisione sulle sanzioni).

La Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava sia l’appello principale che quello incidentale. Affermava in motivazione che il contribuente non aveva dimostrato l’ irrilevanza gestionale dei prelievi e dei versamenti sui conti correnti bancari anche intestati ad altri soggetti ma di cui aveva la disponibilità; quanto alle sanzioni riteneva sussistenti eccezionali circostanze che rendevano manifesta la sproporzione fra l’entità del tributo e quella della sanzione.

Ricorre per cassazione il contribuente con 2 motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, vinte le spese dei tre gradi di giudizio.

L’ Agenzia delle entrate deposita controricorso e ricorso incidentale, con cui contrasta il ricorso avverso, chiedendone il rigetto, ed impugna il capo della sentenza relativo alla riduzione delle sanzioni lamentandone l’ insufficiente motivazione perché la sentenza applica la riduzione senza però specificare quali siano le specifiche circostanze di fatto che la giustifichino.

Per il ricorrente si costituisce poi altro difensore, in sostituzione del precedente, e deposita memoria ex art 380 bis cod. proc. civ. con cui richiama ed illustra ulteriormente i motivi del ricorso.

Ragioni della decisione

1.- Il primo motivo di ricorso denunzia vizio di motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. perché la sentenza impugnata pur avendo ritenuto ammissibile la produzione in appello di documentazione nuova a giustificazione dei flussi finanziari, non ne ha poi tenuto conto ai fini della decisione.

2.- Il motivo è inammissibile perchè non indica specificamente quale sia la documentazione in questione, non la trascrive nel ricorso nella parte ritenuta rilevante, né la allega ad esso, ed infine non la “localizza” nell’ambito del giudizio di merito con l’indicazione dei modi  e dei tempi con cui sia avvenuta la produzione, per cui il ricorso non possiede l’autonomia indispensabile per consentire alla Corte, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni proposte. In ogni caso, non sussiste la contraddizione evidenziata fra la decisione di rigetto e quella di ammissione di documentazione nuova in appello ai sensi dell’ art.58 co. 2 del d. Igs. n. 546/1992 poiché le due decisioni si fondano su ragioni giuridiche diverse, l’una di mera ammissibilità della prova richiesta, l’altra della sua valenza dimostrativa.

3.- Il secondo motivo denunzia la violazione delle regole sulla ripartizione dell’ onere della prova in materia di indagini bancarie ed altre violazioni, in relazione all’ art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.

4.- Il motivo è inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo manca di specificità, in quanto contiene delle critiche avverso gli accertamenti fiscali, invece che nei confronti della sentenza impugnata. Inoltre non chiarisce in maniera specifica quali punti della decisione siano attinti dalle doglianze proposte. Il giudizio di cassazione, infatti, è “a critica vincolata” della sentenza impugnata, nel senso che la valutazione della Corte è delimitata dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa del vizio di legittimità denunziato, con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dalla legge; ogni motivo di ricorso, dunque, deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità. Pertanto è inammissibile il ricorso che contenga una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito. (Cass. ordinanza 19959/14 Civile, Ord. Sez. 6 Num. 11603 Anno 2018). Infine, il ricorrente propone una rivalutazione del materiale probatorio acquisito al processo, inammissibile in sede di legittimità.

4.1- In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza è rispettosa dei seguenti principi sulla ripartizione dell’ onere della prova precisati dalla giurisprudenza di questa Corte: “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cass 1180/12 vedi anche 2752/09,Cass 18081/10,Cass 10578/11).

5.- E’ fondato invece il ricorso incidentale dell’ Agenzia delle entrate; la motivazione della sentenza in ordine alla riduzione delle sanzioni, consiste infatti in una mera affermazione generica non giustificata da alcuna indicazione delle specifiche circostanze di fatto su cui si fonda. Omissione tanto più rilevante in considerazione dell’applicabilità alla fattispecie, ratione temporis, del testo dell’ art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc, civ. anteriore alla modifica introdotta con d.l.  22 giugno 2012 n. 83, che ha notevolmente ridotto l’estensione del vizio in esame.

5.1- In base alla giurisprudenza di questa Corte, «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).

5.2- Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla riduzione delle sanzioni è meramente apparente, come a ragione denunziato dalla ricorrente incidentale, perché omette qualunque valutazione critica delle emergenze processuali, indicando come motivi della decisione adottata delle mere affermazioni apodittiche, quali: “la sproporzione fra le sanzioni e l’entità del tributo stante la presenza di eccezionali circostanze”. La sentenza in particolare non precisa in che cosa consista la sproporzione, quali siano le circostanze prese in considerazione, e perché rivestano carattere di eccezionalità. Omissione tanto più grave in considerazione della natura agevolativa della norma di cui al quarto comma dell’ art. 7 del d. I.vo n. 472/1997, la cui applicazione pertanto, operando una deroga rispetto al regime ordinario, richiede una specifica motivazione.

6.- In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso principale deve essere rigettato, e quello incidentale invece accolto, con il conseguente annullamento del solo capo della sentenza impugnata relativo alle sanzioni, e con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, cui si ritiene opportuno rimettere anche la regolamentazione delle spese processuali, ai sensi dell’ art. 385 co. 3 cod. proc. civ.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione, e rinvia per un nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.