CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 maggio 2022, n. 17413
Tributi – IRPEF – Accertamenti bancari – Versamento contanti su conto corrente bancario – Presunzione ex art. 32, DPR n. 600/1973 – Prova contraria – Incasso in contanti di compensi professionali
Ritenuto in fatto
1. P. R. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento l’avviso di accertamento in virtù del quale l’Agenzia delle Entrate aveva constatato il conseguimento di maggiori compensi relativi all’anno di imposta 2009 di € 21.600,00, oltre Iva (al 20%) pari ad € 4.320,00, ed applicato maggiori Irpef, Add.le Reg.le e Com.le, Irap e Iva, oltre sanzioni e interessi. La contestazione riguardava il versamento di due assegni, rispettivamente di 1.000,00 € e di 8.600,00 € sul conto personale del contribuente e il versamento in contanti di 12.000,00 € sul conto corrente cointestato con il coniuge.
2. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso.
3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.
4. Avverso tale sentenza l’Ufficio ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo un unico motivo di diritto. Il contribuente ha resistito depositando controricorso.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. In prossimità della camera di consiglio, il resistente ha depositato memoria illustrativa.
Ritenuto in diritto
1. In primo luogo, va dichiarata l’infondatezza dell’eccezione sollevata dal contribuente sul difetto di legittimazione attiva del ricorrente, in quanto è irrilevante la distinzione tra le varie articolazioni interne dell’Ufficio.
2. Con l’unico motivo di diritto l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente avesse fornito una prova idonea a superare la presunzione posta dalla norma sopracitata e dall’art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. 633/1972.
3. Il motivo è infondato.
Occorre premettere che il giudice di merito ha accertato che, con riferimento ai contestati versamenti di assegni effettuati sul conto corrente intestato al contribuente, i due versamenti, rispettivamente di 1.000,00 € e di 8.600,00 €, non sono mai stati effettuati e sono, quindi, del tutto inesistenti.
L’Agenzia delle Entrate non ha contestato tale accertamento, sicchè sul punto si è formato il giudicato implicito,
3.1. Per quanto riguarda, invece, il versamento contante sul conto corrente cointestato, la rigorosa giurisprudenza di questa Corte, chiamata ad interpretare la portata della presunzione legale di cui all’art. 32 del d.P.R. 600/1973, ha affermato che: <<In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili.» (Cass. 15857/2016).
Per vincere la presunzione legale è, quindi, necessario fornire una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, non essendo sufficiente una prova generica (Cass. 7546/2021; 27469/2020; 2020/13112; 10480/2018).
A tale onere gravante sul contribuente corrisponde <<l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica». «[…] il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative”» (Cass. n. 11102 del 2017: Cass. 10480/2018).
Orbene, la CTR si è adeguata a tale principio ritenendo, sulla scorta dell’esame della documentazione contabile fornita dal contribuente, che il versamento di 12.000,00 €, effettuato in data 23/1/2009, sia stato adeguatamente giustificato sulla base del fatto che nel periodo de quo il professionista ha incassato in contante compensi (pari ad euro 51.432,97) per prestazioni notarili eccedenti euro 45.000,00 e, quindi, una somma ben superiore a quella contestata dall’Ufficio.
4. Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 2.900,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e rimborso forfettario.
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