CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 5529 depositata il 1° marzo 2024
Tributi – Cartella di pagamento – Credito di imposta disconosciuto – Maggior imponibile IVA – Causa rinviata a nuovo ruolo
Rilevato che
1. I.G. Srl, con ricorso ex art. 391-bis cod. proc. civ., chiede, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che non ha svolto attività difensiva, la revocazione della sentenza in epigrafe. Con detta ultima la Corte, pronunciandosi sul ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., per la cassazione della sentenza n. 25 del 2012, resa in grado d’appello dalla C.t.r. della Puglia, sezione staccata di Lecce depositata il 15 febbraio 2012, lo ha accolto, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo della contribuente
2. La società contribuente aveva impugnato la cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 con la quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione l’importo di un milione di Euro disconoscendo il credito di imposta esposto dalla contribuente nella dichiarazione del 2007, con riferimento all’anno di imposta 2006, vantato in ragione di quanto previsto dall’art. 8 legge n. 388 del 2000 a seguito di investimenti in aree svantaggiate.
Tale credito era maturato in capo alla (…) E.I.T. Srl poi trasformata in E.I.T. Sas di D.L. ed era stato utilizzato da altra società – Il Saraceno Srl poi incorporata nella I.G. Srl – quale socia al 100 per cento della società di persone.
3. La C.t.r., con la sentenza cassata da questa Corte, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto che legittimamente la società incorporante aveva fatto valere il credito di imposta della incorporata in quanto quest’ultima, in qualità di socia della società di persone (già società di capitali) legittimamente aveva usufruito del credito della prima. La C.t.r., in particolare, aveva disatteso la tesi dell’Ufficio, il quale riteneva, invece, che la socia non avrebbe potuto utilizzar il credito in quanto sorto in capo ad una società di capitali (poi trasformata). Osservava che la trasformazione da società di capitali in società di persone non equivaleva a costituzione di un nuovo ente e che l’operazione non aveva finalità elusive.
4. Avverso della sentenza l’Agenzia delle entrate spiegava ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale denunciava violazione e falsa applicazione dell’art.38 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 primo comma, n .3, cod. proc. civ.
4.1. L’Ufficio rilevava che la C.t.r. non aveva affrontato la questione controversa, ovvero la possibilità del socio di una società di persone di utilizzare il credito di imposta vantato dalla società; che, infatti, la E.I.T. Sas, derivante dalla trasformazione della E.I.T. Srl aveva deliberato il trasferimento del credito di imposta acquisito da quest’ultima in favore dell’unico socio; che, tuttavia, tale operazione era illegittima; che, invece, non era in discussione la legittimità dell’acquisizione del credito della Srl da parte della Sas a seguito della trasformazione.
4.2. La contribuente resisteva con controricorso eccependo in via preliminare l’inammissibilità del motivo. Rilevava che l’Agenzia delle entrate nei gradi di merito non aveva mai contestato l’astratta cedibilità del credito dalla società di persone al socio; che, invece, aveva sostenuto che, nel caso concreto, il credito non fosse cedibile in quanto maturato in capo alla società di capitali.
4.3. Questa Corte, con la sentenza impugnata così statuiva in motivazione: “Il ricorso è fondato. Occorre chiarire che secondo Sez. 5, Sentenza n. 24795 del 21/11/2014 “L’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del “simultaneus processus” nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dagli artt. 40, secondo coma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci. Le considerazioni che precedono, pienamente condivisibili, inducono all’accoglimento del ricorso. La sentenza deve essere cassata senza rinvio e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti in punto di fatto, con rigetto del ricorso introduttivo
5. Avverso detta ultima propone ricorso per revocazione la contribuente chiedendo, n via rescissoria, il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione spiegato dall’Agenzia delle entrate.
Considerato che
1. Con il primo motivo la società ricorrente assume che la sentenza impugnata è affetta da errore di fatto, ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., per aver completamente equivocato sui fatti e sulle questioni giuridiche del ricorso che non trattava affatto della questione del simultaneus processus e del litisconsorzio necessario.
2. Con il secondo motivo assume che la sentenza impugnata è affetta da errore di fatto, ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., in violazione dell’art. 384 cod. proc civ. per aver deciso la causa nel merito sul presupposto di insussistenza della necessità di ulteriori accertamenti in fatto per aver completamente equivocato sui fatti e sulle questioni giuridiche del ricorso che non trattava affatto della questione del simultaneus processus e del litisconsorzio necessario.
3. La delibazione dei motivi di ricorso involge questione rispetto alla quale non si ravvisa l’evidenza decisoria di cui all’art. 375 cod. proc. civ.
L’istanza di revocazione, infatti, si fonda sul presupposto che rientri nell’alveo dell’errore revocatorio di cui all’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. la fattispecie in cui il giudice dell’impugnazione, pur avendo correttamente esposto l’oggetto del giudizio e le censure mosse avverso la sentenza gravata, abbia reso motivazione del tutto avulsa rispetto a quanto esposto, così chiaramente equivocando su quale fosse la questione controversa.
Viene, altresì, in rilievo quanto statuito dalla Sezioni Unite della Corte con riferimento alla fattispecie in cui si ravvisi “carenza radicale di disamina del ricorso pretermesso” ed “incompiuto esercizio della giurisdizione” (cfr. Cass. Sez. U. 07/11/2023, n. 31019 resa a seguito di ordinanza interlocutoria 26/04/2023, n. 11032)
Si rende, pertanto, opportuna la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo per trattazione in pubblica udienza.
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