Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 601 depositata l’ 8 gennaio 2024
rappresentanza processuale dell’Agenzia Entrate Riscossione
RILEVATO CHE
1. La società contribuente A. S.n.c. di B.O. e C.L. ha impugnato una cartella di pagamento per IRAP relativa al periodo di imposta 2012, deducendo nullità della notificazione e della cartella e inesistenza del credito sottostante.
2. La CTP di Caltanissetta ha rigettato il ricorso.
3. La CTR della Sicilia, con sentenza in data 14 aprile 2022, ha rigettato l’appello. Ha ritenuto il giudice di appello che la cartella non dovesse essere sottoscritta a pena di nullità in quanto approvata secondo un modello ministeriale. Ha, poi, ritenuto che il ruolo non è atto autonomamente impugnabile. Quanto alla notificazione della cartella, ha osservato che l’eventuale nullità della notificazione della cartella sarebbe in ogni caso sanata dal raggiungimento dello scopo. Ha, poi, ritenuto che anche l’atto presupposto deriva dal mancato versamento IRAP dovuta in base alla dichiarazione IRAP, per la quale non assume alcuna rilevanza l’omesso invio della comunicazione di irregolarità.
4. Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso l’Agente della Riscossione.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e dell’art. 156 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto meramente nulla la notifica della cartella di pagamento. Osserva parte ricorrente che la cartella potesse essere notificata solo da soggetti abilitati con esclusione della notifica diretta da parte del concessionario, con conseguente inesistenza della notificazione.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 19, comma 3, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 24 Cost., ritenendo che la sentenza impugnata ha precluso al contribuente la scelta di impugnare l’atto conseguenziale al fine di far valere il vizio di omessa notifica dell’atto presupposto. Osserva parte ricorrente che i giudici non avrebbero verificato che sarebbe stata omessa la notificazione dell’atto presupposto, con conseguente annullamento dell’impugnata cartella.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 7, comma 5- bis, d. lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, avendo il giudice di appello fatto malgoverno delle regole di distribuzione della prova. Osserva parte ricorrente come avesse dedotto sin dal primo grado di giudizio che le dichiarazioni fiscali presentate dalla ricorrente «non esprimevano somme a debito», circostanza in ordine alla quale l’Agente della Riscossione non avrebbe fornito prova contraria, producendo la dichiarazione IRAP a fondamento della pretesa impositiva.
4. Il primo motivo è infondato posto che – in disparte l’inammissibilità del motivo per omessa trascrizione degli atti oggetto di notificazione e dell’omessa trattazione della questione da parte del giudice di appello, con conseguente indeducibilità della questione in termini di violazione di legge – è consentita la notifica diretta degli atti impositivi, a mezzo posta dall’Amministrazione senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario con procedimento semplificato, al quale si applica il regolamento sul servizio postale ordinario che non prevede la comunicazione di avvenuta notifica (Corte Cost., n. 175/2018; Cass., Sez. V, 28 maggio 2020, n. 10131). E’, pertanto, assorbita la valutazione in ordine alle censure relative alla presunta inesistenza della notificazione.
5. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto – in disparte l’omessa indicazione di quale sarebbe l’atto presupposto e quale l’atto conseguenziale al quale la ricorrente fa riferimento – il ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto che l’eventuale nullità della notificazione della cartella è stata sanata per raggiungimento dello scopo.
6. Il terzo motivo è infondato. In disparte, anche in questo caso, l’inammissibilità del motivo, non essendo tale questione stata tracciata nella sentenza impugnata, va osservato che il giudice di appello – con accertamento in fatto non censurato e passato in giudicato – ha accertato che la cartella è stata emessa per omesso versamento di imposte e, quindi, non deriva da una attività di accertamento ma da una dichiarazione proveniente dalla stessa contribuente. Nel qual caso, ove il contribuente denunci l’inesistenza dei presupposti di fatto in base ai quali à stata emessa la cartella ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 – come nel caso in cui il contribuente neghi di aver esposto nella dichiarazione i dati sui quali la cartella si fonda -, è onere del contribuente produrre tale dichiarazione (Cass., Sez. V, 6 luglio 2021, n. 18998), essendo onere della parte che alleghi elementi impeditivi di un fatto costitutivo (l’esposizione di un debito risultante da una dichiarazione inviata agli Uffici finanziari) assolvere a tale onere della prova.
7. Il ricorso va rigettato.
Non sono dovute le spese processuali al controricorrente, in quanto – come rilevato dal ricorrente in memoria – l’Agente della Riscossione, ove si costituisca formalmente in giudizio deve avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato a pena di nullità del mandato difensivo, salvo che alleghi le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza dell’avvocato del libero foro prescelto, fonti che devono essere congiuntamente individuate sia in un atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro, sia in un’apposita delibera, da sottoporre agli organi di vigilanza, la quale indichi le ragioni che, nel caso concreto, giustificano tale ricorso alternativo ai sensi dell’art. 43 del r.d. n. 1611/1933 (Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28741).
8. Deve, difatti, ritenersi l’invalidità della procura speciale ad litem «alla stregua del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 30008 del 19/11/2019) secondo cui “ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate- Riscossione (…) si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r. d. cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”» (Cass., Sez. V, 14 novembre 2023, n. 31616). E ciò in coerenza con il fatto che «il nuovo assetto normativo ha prescritto, per il patrocinio di ADER nel giudizio di legittimità, un rapporto di regola ad eccezione tra la difesa pubblica dell’Avvocatura dello Stato e la difesa svolta da avvocati del libero foro» (Cass., Sez. U., n. 30008/2019).
9. L’avvalimento di avvocati del libero foro è, pertanto, ipotesi residuale, subordinata alla preventiva adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente, la cui mancanza determina la nullità del mandato alle liti (Cass., n. 31616/2023, cit.; Cass., Sez. VI, 19 aprile 2019, n. 11130). In difetto di ciò il giudice, anche di ufficio, rileva la nullità della procura alle liti e l’inammissibilità della costituzione (Cass., Sez. Lav., 8 marzo 2023, n. 6931; Cass., Sez. III, 20 ottobre 2020, n. 26531), come nel caso di specie, essendovi agli atti la sola procura speciale (doc. 2 controricorrente).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1- quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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