Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 6248 depositata l’ 8 marzo 2024
sanzioni – art. 36-bis -riduzione sanzioni
FATTI DI CAUSA:
1. La società contribuente, in data 24 aprile 2009, riceveva notifica della cartella di pagamento n. 02420090000379455, emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e relativa all’anno d’imposta 2005 per IRAP, IRES, crediti indebitamente compensati, interessi e sanzioni.
2. Avverso la cartella di pagamento, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Brindisi e resisteva l’ufficio con controdeduzioni.
3. La C.t.p. di Brindisi, con sentenza n. 120/02/2010, accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo le sanzioni dal 30% al 10%.
4. Contro la decisione proponeva appello l’ufficio dinanzi la C.t.r. della Puglia e resisteva la società contribuente con controdeduzioni, spiegando altresì appello incidentale.
5. Tale Commissione, con sentenza n. 252/24/2015, depositata in data 9 febbraio 2015, accoglieva il gravame incidentale compensando le spese di lite.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Puglia, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi,” adde “ivi numerati sub 1,2,4,5,6,7”
La società contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata discussa nella pubblica udienza del 17 novembre 2023 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE:
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia – Violazione dell’art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.)» l’Agenzia lamenta l’error in iudicando e l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi sulla rilevanza, ai fini del controllo automatizzato, dell’omessa compilazione del Quadro RU15.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per extra-petizione (in relazione art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Agenzia lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito che il credito di imposta spetterebbe solo perché il suo diniego o revoca non sarebbe stato comunicato con concessione di 15 giorni per deduzioni.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Agenzia lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nel ravvisare una duplicazione nelle iscrizioni al ruolo poiché il credito non era stato esposto nella dichiarazione né utilizzato per compensare le imposte di tale anno (e dunque recuperabile in relazione al solo 2004), ha tratto la conclusione dell’illegittimità dei recuperi operati dalla cartella di pagamento.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Agenzia lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ridotto le sanzioni irrogate alla parte contribuente, trascurando che essa non avesse pagato la sanzione ridotta entro trenta giorni dalla ricezione (o dalla comunicazione) della cartella di pagamento, come statuito dall’articolo 2 citato.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 36, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Agenzia lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che la società contribuente fosse stata discriminata rispetto a chi, nelle sue stesse condizioni, avesse ricevuto la comunicazione, così riconoscendole la riduzione delle sanzioni ad un terzo.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 63, comma terzo, l. 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’art. 115 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Agenzia delle Entrate lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che il credito d’imposta utilizzato non spettasse.
2. Va premesso che la cartella di pagamento n. 02420090000379455 notificata in data 24/4/2009 alla T. s.r.l. ( e per cui è causa) scaturiva dal controllo automatizzato delle dichiarazioni modello Unico/2006 e modello 770/2006, periodo di imposta 2005, per le imposte (iscritte a ruolo) di seguito indicate: IRAP per € 234.815,00; interessi e sanzioni IRAP per € 91.180,23; IRES per € 91.316,00; interessi e sanzioni IRES per € 35.267,49; recupero crediti d’imposta indebitamente compensati per € 26.235,00, oltre interessi e sanzioni per € 10.083,22; I.V.A. per € 459.059,00; interessi e sanzioni I.V.A. pari ad € 181.667,06; ritenute IRPEF., compresi interessi e sanzioni per € 372.160,73. Dalla cartella risultava che l’Agenzia delle Entrate aveva predisposto, il 5/6/2008, l’avviso n. 04667810628, relativo al controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R 600/73, ed avrebbe provveduto – in data 1/9/2008 – alla “correzione” della dichiarazione modello Unico/2006, dandone poi comunicazione, con codice atto indicante il n. 08119700626.
2.1. In sede di opposizione, la T. s.r.l. lamentava la nullità della cartella di pagamento per violazione dell’art. 6, commi 1 e 6, della legge n. 212/2000 e, cioè, per omessa notifica della comunicazione relativa al controllo automatizzato ex art. 36 bis d.PR 600/73 e 54 bis d.P.R. n. 633/72 o, comunque, illegittima iscrizione a ruolo delle sanzioni nella misura ordinaria del 30%, in luogo della misura (ridotta) del 10%, in assenza della notificazione della predetta comunicazione nonché erroneo e illegittimo recupero di crediti d’imposta ex art. 7 della legge n. 388/2000 effettuati per complessivi per € 26.235,00, oltre interessi e sanzioni per € 10.083,22.
2.2. La C.t.p. di Brindisi, in parziale accoglimento del ricorso, riduceva le sanzioni dal 30% al 10% non ritenendo viziante l’omessa comunicazione di irregolarità su aspetti rilevanti della dichiarazione ma ne riconosceva effetti sulle sanzioni.
2.3 Contro la sentenza proponeva appello l’Ufficio osservando che l’omissione della comunicazione di irregolarità non comportava conseguenze sulle sanzioni e che comunque, in cartella, era indicata la procedura (non seguita) per ottenere la riduzione delle sanzioni ed anche la contribuente proponeva appello incidentale instando per la conferma della sentenza nella parte in cui venivano ridotte le sanzioni iscritte a ruolo dalla misura ordinaria del 30% alla misura agevolata del 10% e per la riforma della stessa sentenza nella parte in cui, per omessa pronuncia in ordine al secondo motivo del ricorso principale, non risultano annullate le illegittime iscrizioni a ruolo del credito d’imposta per € 26.235,00 e dei conseguenti interessi e sanzioni per € 10.083,22, con condanna al pagamento delle spese processuali.
2.4. La C.t.r. della Puglia rigettava l’appello principale, confermando le sanzioni ridotte nella misura del 10%, ed accoglieva l’appello incidentale, dichiarando la illegittimità della iscrizione a ruolo del credito d’imposta di € 26.235,00 nonchè degli interessi e delle sanzioni per ulteriori € 10.083,22, con compensazione delle spese di lite. Affermata la legittimità della iscrizione a ruolo, la C.t.r., quanto alle sanzioni e alla misura delle stesse, osservava che, il contribuente, qualora avesse ricevuto una comunicazione di irregolarità, avrebbe potuto beneficiare di una riduzione delle sanzioni nella misura del 10% anzichè del 30% se avesse pagato entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione: il contribuente nel caso de quo aveva sostanzialmente subito un trattamento diverso dagli altri contribuenti che ricevono tale comunicazione, così confermando le sanzioni ridotte nella misura del 10%.
2.5. Il Giudice del gravame, poi, con riguardo all’appello incidentale, riteneva che effettivamente si fosse verificata una duplicazione nell’iscrizione a ruolo e che il ricorrente non aveva esposto alcun credito nella dichiarazione mod. U. 2006 per l’anno di imposta 2005 nè con riferimento a tale annualità aveva utilizzato alcun credito di imposta. La dichiarazione fiscale Mod. U.2005 per il 2004 attestava un credito di imposta di € 26.236,19 maturato nel 2004 ed utilizzato per il pagamento delle imposte relative al medesimo anno 2004 con conseguente infondatezza dell’iscrizione a ruolo per il 2005.
3. Ciò posto, il primo motivo è inammissibile.
Va qui richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26/05/2022, n. 17011) secondo, pur in assenza di specifica argomentazione, non è configurabile un vizio di omessa pronuncia o motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata non risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Nella fattispecie in esame, non vi è a discutere di motivo nuovo ma di mera difesa relativamente ad una questione già introdotta nel giudizio di merito e riguardante l’appello incidentale della contribuente.
3.1. Il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'”iter” argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. 25/07/2020, n. 12652).
4. Anche il terzo motivo è inammissibile.
La C.t.r. ha esaurientemente argomentato che la società contribuente, con riguardo all’anno di imposta 2005, non ha esposto nella dichiarazione fiscale alcun credito di imposta e nemmeno lo ha utilizzato per come evincibile dal modello unico 2006, allegato al controricorso; pertanto, come correttamente rilevato nella decisione impugnata, l’Agenzia delle Entrate ha errato nell’iscrivere a ruolo, con riferimento all’anno di imposta 2005, un credito di imposta (pari ad € 26.236,19) maturato nell’anno 2004 ed utilizzato per il pagamento delle imposte afferenti lo stesso anno di imposta 2004, come documentato dalla dichiarazione fiscale modello unico 2005-periodo di imposta 2005, allegato al controricorso. Peraltro, ciò avveniva in dipendenza delle medesime assunzioni effettuate nel 2001 per cui il credito di imposta veniva esposto nel quadro RU del modello unico 2005 – periodo di imposta 2004al rigo RU14 (credito di imposta spettante nel periodo) e al rigo RU16 (credito di imposta utilizzato in compensazione ex d.lgs. n. 241/1997). Pertanto, la sentenza non evidenzia violazioni di legge né violazioni processuali.
4.1. Trattasi di un insindacabile accertamento in fatto sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità, se non quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. 22/06/2018, n. 16498; Cass. 18/12/2014, n. 26654).
5. Il quarto motivo (indicato con il n. 5), ossia quello con cui l’Agenzia lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ridotto le sanzioni irrogate alla parte contribuente, trascurando che essa non avesse pagato la sanzione ridotta entro trenta giorni dalla ricezione (o dalla comunicazione) della cartella di pagamento, come statuito dall’articolo 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, è infondato.
La norma citata prevede che l’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta. In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.
5.1. La circolare ministeriale n. 199/E del 13.8.1996, precisa che “la emissione dell’avviso fa parte del procedimento di riscossione del tributo e ha quindi carattere obbligatorio”, alla luce anche dell’art. 6, co 5, della legge 27.12.2000 n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”), secondo cui “prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta…”
Ancora, il disposto di cui all’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sia pure senza prevedere una sanzione da inadempimento, generalizza l’obbligo della “comunicazione”, che, nelle intenzioni del legislatore, assolve al compito di evitare la reiterazione degli errori (ovvero di favorire l’esattezza e correttezza) delle “dichiarazioni successive”.
5.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. pugliese non è incorsa in alcuna violazione di lege in quanto, con motivazione sintetica ma esaustiva, ha confermato la (già riconosciuta dalla C.t.p.) riduzione delle sanzioni iscritte a ruolo dalla “misura ordinaria” del 30% alla “misura agevolata” del 10% prevista nei casi di irregolare invio dell’avviso che precede la formazione del ruolo.
6. Dalla decisione sui suindicati motivi di inammissibilità discende l’assorbimento del secondo e del sesto motivo (indicato con il n. 7).
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge con attribuzione al difensore antistatario.
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