Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 31019 depositata il 7 novembre 2023
correzione di errore materiale – azione revocatoria
RITENUTO IN FATTO
Il T.a.r. Lazio, con sentenza n. 14057/2020, nel giudizio instaurato dalla E.F.S. s.p.a., nei confronti della R. s.p.a. e dell’Ater del Comune di Roma, in relazione alla procedura di aggiudicazione della gara indetta dalla medesima Ater per l’affidamento del “Servizio Energia Plus”, accoglieva parzialmente sia il ricorso principale sia quello incidentale dell’aggiudicataria.
Sul gravame interposto dalla E.F.S. s.p.a., il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6652 del 2021, nella resistenza dell’appellata R., che proponeva anche appello incidentale, e dell’Ater, in riforma della pronuncia del Tar, accoglieva l’appello principale della E.F.S. e rigettato integralmente quello incidentale, giudicava fondate le doglianze relative all’inammissibilità dell’offerta economica presentata dalla R. per mancata indicazione di taluni costi di manodopera, nonché di difetto di istruttoria in ordine all’accertamento di tale previsione, in violazione dell’art. 95, comma 10 dlgs. n. 50 del 2016, verifica che doveva distinguersi per la sua autonomia da quella concernente la valutazione dell’anomalia dell’offerta.
Aggiungeva il Consiglio di Stato che non sussisteva da parte della E.F.S. alcuna omissione dichiarativa rilevante, ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. c-ter d.lgs. n. 50/2016, atteso che l’avvenuta contestazione da parte della Siram di un inadempimento rispetto all’esecuzione di un precedente contratto di appalto non poteva essere agevolmente percepita da E.F.S. come incidente sulla propria integrità professionale. Avverso la decisione del Consiglio di Stato la R. proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi, cui resisteva con controricorso della E.F.S., rimasta intimata la Ater.
Attivato il procedimento camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotto, a decorrere dal 30 ottobre 2016, dall’art. 1- bis, comma 1, lett. f), D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 (applicabile al ricorso in oggetto ai sensi dell’art. 1-bis, comma 2, del medesimo D.L. n. 168/2016) e depositata memoria illustrativa ex art. 380 bis.1 c.p.c. da parte controricorrente, il giudizio veniva definito con ordinanza delle Sezioni Unite n. 2405 del 26 gennaio 2023.
A seguito di segnalazione dei difensori, questa medesima Corte ha provveduto a formulare richiesta di iscrizione di ufficio di procedimento di correzione di errore materiale del 03.02.2023, nell’esercizio dei poteri d’ufficio attribuiti alla Corte dal primo comma dell’art. 391-bis c.p.c. come sostituito dall’art. 1 bis, comma 1, lett. l) n.1), del d.l. 31.8.2016, n. 168, convertito, con modificazioni, nella l. 25.10.2016, n. 197, rilevando che nell’esposizione del fatto erano state riportare circostanze relative a controversia diversa, al pari della parte in favore della quale venivano liquidate le spese processuali, e risultavano correttamente riportati solo in modo parziale i motivi del ricorso e le relative argomentazioni in diritto.
L’avvio di procedura di correzione dell’errore materiale veniva comunicata alle parti.
La trattazione veniva fissata per il 18 aprile 2023, in relazione alla quale il Pubblico Ministero presso la Corte depositava conclusioni nel senso dell’inammissibilità della procedura di correzione di errore materiale; la E.F.S., con memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., aderiva alla procedura di correzione di errore materiale, mentre la R. condivideva le conclusioni di inammissibilità del P.M., preliminarmente precisando che avverso la ordinanza n. 2405/2023 aveva proposto ricorso ex art. 391 bis c.p.c. (R.G. n. 6462/2023) per la revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c.
All’esito, la Corte, con ordinanza interlocutoria n. 11032 in data 26 aprile 2023, esclusa la ricorrenza di errore materiale, e rilevata l’inammissibilità dell’istanza di revocazione, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per «carenza radicale di disamina del ricorso pretermesso, tale da giustificare la fissazione ex novo dell’udienza di discussione su quest’ultimo».
E’ stato quindi nuovamente fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. sulla base della qualificazione della prospettazione del ricorso nel senso indicato dalla detta ordinanza.
Il Pubblico Ministero ha presentato ulteriori conclusioni scritte nel senso della preliminare riunione al presente procedimento di quello nrg. 6462 del 2023, per poi procedere alla delibazione del ricorso iscritto al nrg. 27440 del 2021 con l’adozione dei provvedimenti ritenuti opportuni, previa dichiarazione dell’inesistenza giuridica dell’ordinanza n. 2405 del 2023.
In prossimità dell’adunanza camerale anche la E.F.S. Next Government s.r.l. ha curato il deposito di ulteriore memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione al presente giudizio di quello recante R.G. n. 6462 del 2023, formulata da ultimo dall’Ufficio di Procura generale, in quanto se è vero che l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 c.p.c., essendo volto a garantire l’economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, trova applicazione pure in sede di legittimità, non si ravvisano nel caso di specie ragioni di connessione tra le cause di natura oggettiva, atteso che i due ricorsi pendono avanti a Collegi diversamente composti per essere stata la proceduta odierna attivata di ufficio, ravvisandosi nell’ordinanza n. 2405/2023 un simulacro di provvedimento e non una vera pronuncia, e deducendo la R. s.p.a. con il ricorso proposto R.G. n. 6462/2023 la revocazione per errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c. della predetta ordinanza.
L’istanza di riunione deve pertanto respingersi.
Sempre in via preliminare il Collegio rileva che il disposto dell’ordinanza interlocutoria deve essere inteso nel senso che la procedura avviata d’ufficio pur non avendo effettiva natura di porre rimedio ad un errore materiale, tuttavia evidenziava oggettivamente che la Corte era incorsa in una situazione nella quale l’originario ricorso introdotto dalla R. non era stato oggetto di trattazione nel senso di cui al giudizio di cassazione fissato e deciso con l’ordinanza n. 2405 del 2023.
E’ per tale ragione che si è proceduto alla fissazione dell’odierna trattazione, riguardo alla quale l’avvio della procedura di ufficio deve essere intesa come oggettiva consapevolezza della Corte di una mancata fissazione della trattazione per l’incompiuto esercizio della giurisdizione che comporta per il giudice, cui è apparentemente da attribuire la pronuncia inesistente, di procedere alla sua rinnovazione, emanando un nuovo atto conclusivo del giudizio, questa volta valido.
Tanto chiarito, con il primo motivo di ricorso la R. lamenta l’eccesso di potere giurisdizionale, nonché la violazione dell’art. 111, comma ottavo, Cost. e degli artt. 360, comma primo n. 1 e 362, comma primo c.p.c., in cui sarebbe incorso il Consiglio di Stato, per avere applicato una norma “dal medesimo giudice creata, con evidente sconfinamento nella sfera legislativa”. In particolare, ad avviso della ricorrente il giudice amministrativo avrebbe “imposto il subentro della controinteressata, previa declaratoria di inefficacia del contratto” di appalto in assenza dei presupposti richiesti dall’art. 95, comma 10 d.lgs. n. 50/2016, norma che autorizza la stazione appaltante ad escludere l’operatore economico dalla gara solamente allorché quest’ultimo non renda giustificazioni che consentano di verificare il rispetto dei minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali. Con la conseguenza che “l’ipotizzata incompletezza del costo della manodopera indicato in sede di offerta economica non è in alcun modo suscettibile di determinare la sanzione espulsiva automatica […] atteso che le cause di esclusione automatica dalle procedure ad evidenza pubblica sono tassativamente identificate dal legislatore”.
La ricorrente, infine, assume di aver presentato un’offerta economica completa del costo della manodopera impiegata.
Con il secondo motivo viene denunciato l’eccesso di potere giurisdizionale “per sconfinamento nella sfera amministrativa”, nonché la violazione dell’art. 111, comma ottavo Cost. e degli artt. 360, comma primo n. 1 e 362, comma primo c.p.c., per avere il Consiglio di Stato affermato che “l’inammissibilità dell’offerta economica prodotta dalla R. s.p.a. non sarebbe stata verificata dalla stazione appaltante”.
Nella specie, la ricorrente rappresenta che l’Amministrazione avrebbe avviato il contraddittorio in relazione al profilo del costo della manodopera indicato nell’offerta economica, giungendo “alla conclusione che l’offerta […] fosse congrua e ciò anche sotto il profilo del costo della manodopera”.
I motivi di ricorso, da esaminarsi unitariamente per la stretta connessione argomentativa che li avvince, sono inammissibili risolvendosi nella censura della violazione di norme processuali, laddove il Consiglio di Stato avrebbe pronunciato su una domanda di annullamento del contratto d’appalto delineata al di fuori dei presupposti previsti dalle norme invocate.
Va, invero, ricordato che, secondo orientamento fermo di questa Corte, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111, comma 8 Cost., affida alla Corte di cassazione, secondo i limiti da ultimo precisati da Corte cost. (sent. n.6 del 2018) – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o, come nel caso, in procedendo, «senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell’attività giurisdizionale» (Cass., Sez. Un., n. 27770 del 2020; Cass., Sez. Un., n. 2605 del 2021).
Il Consiglio di Stato, nell’apprezzare sia le domande di annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto disposta alla R., sia quelle di subentro nel contratto, e dunque in applicazione degli artt. 121 e 122 c.p.a., ha manifestato la giurisdizione del giudice amministrativo conseguente alla declaratoria d’invalidità del contratto stesso, peraltro ancorando “inefficacia” e “subentro” all’esito “favorevole” della valutazione di compatibilità che avrebbe dovuto essere effettuata dalla competente Ater del Comune di Roma. La sentenza si è pertanto, manifestamente, esercitata sulle domande della ricorrente-appellante E.F.S. Facility, interpretando le stesse siccome idonee a provocare sia l’accertamento del vizio della sentenza del primo giudice, sia l’erroneità procedimentale dell’iter d’aggiudicazione seguito dalla P.A., sia una pronuncia di definitivo accertamento di compatibilità dell’aggiudicazione in favore della stessa ricorrente E.F.S. e, per essa, il subentro nell’appalto nel frattempo stipulato. Può pertanto affermarsi, in coerenza con molteplici precedenti di queste Sezioni Unite e in adesione alle motivate conclusioni del Procuratore Generale, che, secondo la nozione di eccesso di potere giurisdizionale esplicitata dalla Corte costituzionale (sent. n. 6 del 2018), che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento, «tale vizio non è configurabile per errores in procedendo, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo» (Cass., Sez. Un., n. 7926 del 2019).
Del resto, le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di erronea valutazione da parte del Giudice Amministrativo circa la formazione di un giudicato (interno o esterno) denunciata sotto il profilo di difetto di giurisdizione, hanno precisato che la relativa doglianza, riguardando la correttezza dell’esercizio del potere giurisdizionale del giudice amministrativo, rimane estranea al controllo dei limiti esterni della giurisdizione cui, insieme ai vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale, è limitato il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale restando escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo (Cass., Sez. Un., n. 8245 del 2017).
Con la conseguenza che le censure mosse con il ricorso non paiono cogliere in modo puntuale la complessa ratio decidendi della sentenza impugnata che, nell’accertare la piena fondatezza delle censure dedotte da E.F.S. relative alla radicale inammissibilità dell’offerta economica di R. per la mancata previsione di costi di manodopera per plurime categorie di attività, nonché di difetto di istruttoria in ordine all’accertamento di tale previsione in violazione dell’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, verifica che doveva essere tenuta distinta per la sua autonomia da quella concernente la valutazione dell’anomalia dell’offerta, ed ha effettuato una riformulazione delle offerte, in relazione alla qualità e alla natura dell’indicazione contenuta nell’offerta tecnica di R., risultando nella stessa contemplate, oltre a quelle per la manutenzione ordinaria, anche unità di personale dedicate alle altre attività previste dall’art. 3 del disciplinare, unità di personale non considerate negli oneri di manodopera indicati nell’offerta economica di R.. Le quattro attività previste in bando per la formazione dell’offerta preliminare dell’appalto, per apprezzarne la mancata imputazione, preclusiva al rispetto della lex specialis, ha fatto rilevare l’assenza di una valutazione in tal senso da parte della stazione appaltante e il Consiglio di Stato ha così accolto le censure di violazione delle norme che imponevano una istruttoria nell’esaminare l’offerta, così illegittimamente sacrificando il diritto della società ricorrente a vedersi aggiudicare il contratto per la migliore offerta tecnica e falsando la concorrenza con gli altri operatori. Dal tenore della decisione è infatti escluso ogni straripamento di potere con invasione nella sfera discrezionale del merito amministrativo, riservato alla P.A., trattandosi allora di censure che indicano una critica di giudizio sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale volta ad interpretare la doverosità della regola procedimentale sulla valutazione della fase che possa condurre all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione e la correlazione con l’offerta della società ricorrente; si è dunque al cospetto, come persuasivamente sostenuto nella requisitoria del Procuratore Generale, di attività che costituisce il proprium della funzione giurisdizionale, non di un’attività riservata alla P.A., rientrante nell’ambito della giurisdizione di legittimità ed inerente alla funzione interpretativa in questa svolta, così come è interna a questa l’accertamento della situazione di fatto e la sua riconducibilità alla previsione normativa.
Va pertanto data continuità al principio, reso sul punto da queste Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 414 del 2020), per cui l’eccesso di potere giurisdizionale denunziabile ai sensi dell’art. 111 Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito è configurabile solo allorquando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata «strumentale a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’Amministrazione, nel senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa» (conf. Cass, Sez. Un., n. 8719 del 2018; Cass, Sez. Un., n. 8720 del 2018; Cass, Sez. Un., n. 14437 del 2018; da ultimo, Cass, Sez. Un., n. 12155 del 2021).
Parimenti è stato chiarito che non integra eccesso di potere giurisdizionale la pronuncia, resa ai sensi dell’art. 122 c.p.a., di inefficacia del contratto seguito ad aggiudicazione definitivamente annullata e di subentro del ricorrente nel rapporto contrattuale, «essendo tali statuizioni istituzionalmente riservate a quel giudice e precluse all’autorità amministrativa», né potendo configurarsi la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in pretesi errori di valutazione dei relativi presupposti (Cass, Sez. Un., n. 14437 del 2018; Cass, Sez. Un., n. 22568 del 2019; oltre a Cass, Sez. Un., n. 414 del 2020).
Discende da quanto esposto, previa declaratoria di inesistenza dell’ordinanza n. 2405 del 2023 – ravvisabile in quanto mancante “di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell’effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato” e rilevabile anche d’ufficio, per quanto preliminarmente illustrato – che va dichiarata l’inammissibilità del ricorso di cui al giudizio R.G. n. 27440 del 2021.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, previa declaratoria di inesistenza dell’ordinanza n. 2405 del 2023, dichiara inammissibile il ricorso di cui al procedimento R.G. n. 27440 del 2021;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in favore della E.F.S. controricorrente in complessivi euro 20.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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