Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, sezione n. 36, sentenza n. 846 depositata il 19 gennaio 2024

La notifica a mezzo posta elettronica certificata, eseguita da un indirizzo istituzionale non risultante nei pubblici registri, non è nulla qualora abbia comunque consentito al destinatario di avere conoscenza della provenienza e dell’oggetto della stessa, nonché di svolgere conseguentemente le proprie difese. Pertanto, al fine di provare la validità della notifica via PEC, è sufficiente l’esibizione della ricevuta di avvenuta consegna della cartella di pagamento

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso n. 4437 del 2023 r.g., notificato il 23.2.2023, il sig. F. O. ha impugnato la cartella di pagamento n. 09720230000161366001 notificata a mezzo pec in data 20 febbraio 2023 e pari a di Euro 284,93, relativa a imposta di registro (“Somme dovute a seguito di avviso di liquidazione n. 000018343 sottonumero 0 anno 2017”), deducendo motivi rubricati come segue.

1) Sulla inesistenza della notifica della cartella di pagamento n. 09720230000161366001 per notifica effettuata da un indirizzo PEC non censito (notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it);

2) Sulla mancata notifica dell’atto presupposto: l’avviso di liquidazione;

3) Sulla omessa allegazione degli atti presupposti alla cartella di pagamento impugnata.

2. – ADER si è costituita in giudizio chiedendo, con memoria di controdeduzioni, la propria carenza di legittimazione passiva in danno di Agenzia delle Entrate, alla quale, peraltro, afferma e documenta di avere effettuato la litis denuntiatio in data 18.9.2023; ha altresì dedotto che la impugnata cartella n. 09720230000161366001 non sarebbe presente nei propri archivi, mentre lo sarebbe quella n. 09720220177314357000 che il ricorrente ha citato nel ricorso, che sarebbe stata regolarmente notificata e che risulterebbe impugnata davanti a questa CGT – sezione 8 – con ricorso n. 5790 del 2023 r.g.

3. – Il ricorso è passato in decisione alla pubblica udienza del 22.12.2023.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – In via preliminare ritiene il Collegio che possa prescindersi dalla integrazione del contraddittorio richiesta da ADER, sia perché lo stesso agente della riscossione ha provveduto a notificare il gravame all’ente impositorie (al quale con ordinanza assunta all’esito della pubblica udienza del 20.10 2023 sono stati concessi i termini a difesa, ove l’Agenzia avesse deciso di costituirsi), sia perché il ricorso in esame è affidato unicamente a motivi che investono aspetti formali della cartella di pagamento emessa e notificata da ADER, e non riguardano la sussistenza del credito tributario.

2. – Non merita accoglimento neppure l’istanza di riunione con il ricorso n. 5790\2023 r.g., che attiene ad altra e distinta cartella (09720220177314357000) la quale è stata citata nell’incipit del primo motivo per evidente mero errore materiale (“1) Sulla inesistenza della notifica della cartella di pagamento n. 09720230000161366001 per notifica effettuata da un indirizzo PEC non censito Come rappresentato, la cartella di pagamento n. 09720220177314357000 veniva “notificata” all’odierno ricorrente da Agenzia delle Entrate-Riscossione tramite indirizzo PEC sconosciuto e non censito nei pubblici registri (notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it )”, atteso che il motivo che denunzia la asserita nullità della notifica di un atto non può che riferirsi -in assenza di qualsivoglia riferimento a collegamenti o a rapporto di presupposizione tra le due cartelle- al medesimo atto impugnato, che nella circostanza (stando all’epigrafe e all’atto depositato in giudizio e individuato come atto impugnato) è la cartella n. n. 09720230000161366001.

3. – Il ricorso è fondato nei seguenti limiti.

Non può essere condiviso il primo mezzo, in adesione all’orientamento della S.C., espresso da Cass., Ord 6015\2023 per cui: “come questa Corte ha recentemente statuito nella sua massima composizione nomofilattica (con la pronuncia Cass. Sez. U, Sentenza n. 15979 del 18/05/2022 ) in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’ art. 3-bis, comma 1, della L. n. 53 del 1994 , detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’ art. 6-ter del d.lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente“.

Tanto la giurisprudenza di merito, quanto quella di legittimità, hanno pacificamente stabilito che, per provare la validità della notifica via PEC della cartella di pagamento, è sufficiente l’esibizione della ricevuta di avvenuta consegna (c.d. RAC), non essendo necessaria, né una relazione di notificazione, né la ricevuta di avvenuta accettazione della PEC, né i certificati di firma digitale. La suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la RAC, rilasciata dal gestore PEC del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario medesimo (Cass. n. 16365/2018; Comm. trib. reg. Lazio sez. VII, 02/08/2022, n.3514).

4. – Sono invece fondati, e vanno accolti, i due residui motivi, che attengono alla mancata notifica degli atti presupposti, ossia dell’avviso di liquidazione citato in cartella (“Somme dovute a seguito di avviso di liquidazione n. 000018343 sottonumero 0 anno 2017”), nonché della loro mancata allegazione alla cartella.

Al riguardo va rilevato che ADE, chiamata in causa da ADER, non si è costituita in giudizio, e pertanto non ha documentato in alcun modo (né lo ha fatto ADER) l’avvenuta notifica dell’avviso di liquidazione citato nella cartella.

Ne segue l’accoglimento dei due motivi in esame.

5. – In conclusione il ricorso è fondato, e va accolto, con conseguente annullamento della cartella impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e condanna la resistente alle spese di lite che liquida in euro 500,00 complessivi oltre contributo unificato.