Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, sezione n. 8, sentenza n. 2639 depositata il 21 settembre 2023
In caso di decesso del contribuente, qualora il termine per impugnare un atto impositivo a lui ritualmente notificato sia ancora pendente, esso è prorogato di sei mesi a favore degli eredi, ai sensi dell’art. 65, comma 3, del d.P.R. N. 600/1973
Ricorso – termine – pendenza – morte del contribuente – proroga di diritto
Massima:
Laddove, alla morte del contribuente, sia ancora pendente il termine per impugnare un atto tributario, si applica il comma 3 dell’art. 65 del d.P.R. n. 600/1973, a norma del quale “tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compreso il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi”.
FATTO e DIRITTO
1.- Con sentenza n. 741/2018 del 12 gennaio 2018 la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria dichiarava inammissibile il ricorso proposto da N L nei confronti dcll’ Agenzia delle Entrate e di E S.p.A. avverso l’avviso di presa in carico n. , meglio indicato in epigrafe, che le era stato notificato da quest’ultima società in data 23 agosto 2016.
La ricorrente, premesso che con l’atto impugnato il concessionario le aveva comunicato che l’Agenzia delle Entrate gli aveva affidato, per l’avvio dell’attività di riscossione, la somma di Euro 10.630,62 nascente da un avviso di accertamento asscritamcntc notificato in data 7 aprile 2016, aveva dedotto l’illegittimità dell’avviso di presa in carico e ne aveva chiesto l’annullamento deducendo che l’accertamento presupposto non le era mai stato notificato.
Si era costituito l’Ufficio impositore e aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso sull’assunto che l’avviso di accertamento era stato regolarmente notificato il 7 aprile 2016 direttamente nelle mani del destinatario sig. D L , genitore e dante causa della r icorrente, cd era divenuto definitivo perché non opposto.
E era rimasta invece contumace.
Come si è detto, i giudici di primo grado dichiaravano inammissibile il ricorso e condannavano la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
2.- La sentenza veniva tempestivamente gravata di appello dalla contribuente soccombente la quale ne chiedeva la riforma sulla base delle medesime doglianze invano fatte valere in primo grado.
Resisteva all’impugnazione l’Ufficio impositore, mentre restava ancora una volta contumace il concessionario.
La causa veniva decisa in data odierna all’esito della discussione in pubblica udienza.
3.- I primi giudici hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso ritenendo che, contrariamente a quanto lamentato dalla ricorrente, l’avviso di accertamento era stato notificato ritualmente. La notifica era stata effettuata il 7 aprile 2016 direttamente a mani dell’interessato, il quale era poi deceduto il 4 giugno 2016. E poiché a tale data non era ancora spirato il termine di 60 giorni per proporre opposizione, nel caso di specie doveva trovare applicazione l’art. 65, comma 3, del d.P.R. n. 600/ 1973, a norma del quale “Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi”.Con la conseguenza che la ricorrente, nella sua qualità di crede, per opporsi all’accertamento avrebbe avuto l’onere di proporre ricorso nei quattro mesi successivi alla morte del proprio genitore.
4.- L’appellante censura come erronea cd illegittima tale decisione e ne chiede la riforma reiterando sostanzialmente i motivi di doglianza fatti valere con il ricorso introduttivo. Ribadisce in particolare che l’avviso di accertamento cui faceva riferimento l’atto impugnato non le è stato notificato e che l’ente impositorc, avendo avuto notizia del decesso del suo dante causa, avrebbe avuto l’onere di notitìcarc un nuovo avviso di accertamento agli credi, nei confronti del quale non poteva valere la notifica eseguita nelle mani del proprio genitore, poi deceduto.
A sostegno del proprio assunto ha depositato in vista dcli’ odierna udienza una memoria difensiva alla quale ha allegato alcune sentenze della CTP reggina con le quali erano stati annullati, su ricorso di alcuni coeredi, oltre che alcuni atti presupposti, lo stesso avviso di presa in carico oggetto della presente controversia.
5.- L’appello è totalmente infondato.
Va innanzitutto rimarcato un dato del tutto incontroverso, peraltro provato per tabulas: l’avviso di accertamento a cui si riferisce l’avviso di presa in carico è stato notificato dall’Agenzia delle Entrate direttamente nelle mani del destinatario O L in data 7 aprile 2016. Costui è poi deceduto il 4 giugno 2016, prima che fosse spirato il termine di 60 giorni per ricorrere alla commissione tributaria.
Ebbene, come correttamente hanno detto i primi giudici, in tale ipotesi soccmTc il disposto di cui al comma 3 dell’art. 65 del d.P.R. n. 600/73, a norma del quale “Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compreso il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi“.
Poiché, infatti, la notifica era stata regolarmente eseguita quando il contribuente era ancora in vita, la morte dello stesso intervenuta successivamente, quando il termine per ricorrere al giudice tributario era ancora pendente, ha avuto come effetto la proroga del termine stesso in favore degli credi, nei confronti dei quali l’ente impositore non aveva alcun onere di rinnovare la notifica.
Per sostenere la tesi contraria l’appellante si è richiamata nel corso della discussione al principio, affermato anche nella sentenza della Suprema Corte depositata il 27 gennaio 20 16 che ha prodotto all’udienza, secondo il quale l’avviso di accertamento intestato a un contribuente deceduto, notificato allo stesso nell’ultimo domicilio, è affetto da nullità assoluta e insanabile, giacché la notfica può essere sì fatta nell’ultimo domicilio del de cuius ma indirizzandola agli credi collettivamente e impersonalmente purchè questi, almeno trenta giorni prima, non abbiano comunicato all’ufficio delle imposte le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale.
Il principio è assolutamente pacifico, ma – contrariamente a quel che ha ritenuto la CTP nella sentenza n. 6124/2019 del 25 febbraio 2019 allegata dall’appellante alla memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione – non può trovare applicazione al caso di specie, per il semplice motivo che la notifica effettuata il 7 aprile era andata a buon fine, non essendo all’epoca ancora deceduto il contribuente.
5.- L’appello deve essere dunque rigettato e l’appellante condannata, giusta il princ1p10 della soccombenza, al pagamento delle spese del grado, che si liquidano in complessivi 1. 200 Euro, oltre accessori di legge, se dovuti, in favore dell’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
La Corte, defìnitivamente pronunciando, rigetta l’appello proposto dalla contribuente e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 741 / 2018 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria il 12 gennaio 2018, condannando l’appellante al pagamento in favore della parte appellata costituita delle spese di questo grado del giudizio, liquidate come da motivazione.
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